Una risorsa fondamentale per costruire una rete capillare al servizio del paziente, diffusa sul territorio e… a qualsiasi latitudine
Molti di voi avranno probabilmente sentito parlare di questo nuovo modello di farmacia che si sta via via sempre più sviluppando: la “farmacia dei servizi”, ovvero una evoluzione della versione tradizionale che, grazie all’introduzione in farmacia, quindi sul territorio, di una serie di prestazioni tipicamente di carattere medico, ospedaliero e ambulatoriale, consentirà di fornire alla popolazione un supporto nel prendersi cura di sé. Se ne è parlato davvero molto, eppure la realizzazione pratica non è ancora avvenuta appieno.
A prescindere dall’iter normativo e dalla volontà degli apparati governativi di sviluppare questo modello, in realtà l’idea alla base è di aiutare il paziente a “prendersi cura di sé” e questo vale davvero a qualsiasi latitudine, a prescindere dal grado di sviluppo della realtà sanitaria e del contesto sociale in cui si opera. Lavoro come farmacista qui in Italia da più di 25 anni, ma da alcuni anni collaboro con una Ong italo-nepalese per sviluppare e portare avanti una realtà sanitaria (con annessa una farmacia) in Nepal e più precisamente in un piccolo villaggio in una zona rurale, là dove la consapevolezza in termini di salute è ancora molto bassa. Prendersi cura di sé implica in primo luogo lo sviluppo di una rete di elementi che avvolga tutti i pazienti nella loro realtà territoriale e si plasmi a misura loro, partendo dall’educazione sanitaria.
I punti cardine
Come possono crearsi dei parallelismi tra realtà così lontane? Quali possono essere i punti in comune? Se ci pensiamo, i punti cardine di una rete di infrastrutture sanitarie, interconnesse tra loro, che mettano il paziente al centro, sono chiari e non cambiano in ragione della realtà culturale in cui si esplicano, ma semplicemente si plasmano nelle modalità di attuazione:
- Educare alla salute. Comprendere nel modo migliore possibile i motivi per cui è opportuno monitorare le proprie condizioni generali ed eventualmente intraprendere un percorso di cure, ovvero essere informati circa il proprio stato di salute; preparare e diffondere materiale di divulgazione (volantini, newsletter, articoli, seminari) concernenti le problematiche di salute più comuni e diffuse.
- Monitorare le proprie condizioni generali. Sottoporsi a esami e verifiche periodiche, sia per intercettare una problematica di salute (campagne di screening ad ampio raggio), sia per seguire l’andamento di uno o più parametri dopo aver intrapreso un percorso di cure; dotare le farmacie di strumentazioni in grado di erogare quanti più servizi di prima istanza possibile, dagli sfigmomanometri per la misurazione della pressione arteriosa, ai servizi di telecardiologia (elettrocardiogrammi, monitoraggio nelle 24 ore della pressione e dell'attività elettrofisiologica del cuore – holter pressorio e holter cardiaco), agli strumenti per le analisi ematiche (emocromo completo, glicemia ed emoglobina glicata, colesterolo e profilo lipidico completo, funzionalità epatica e renale).
- Corretta aderenza terapeutica. Assumere con regolarità e secondo le indicazioni del medico prescrittore, i farmaci o i rimedi consigliati per ripristinare le condizioni di salute migliori: è la famosa e famigerata “aderenza terapeutica”, prima vera causa di fallimento dei percorsi di cura, dovuta alla cosiddetta scarsa “compliance” dei pazienti, che non seguono, o seguono in modo non idoneo e continuativo, le indicazioni ricevute. Verificare la corretta aderenza terapeutica è sicuramente il punto più spinoso, perché di fatto non esiste un sistema integrato e delocalizzato, che prescinda dal fatto che un paziente si rechi sempre nella stessa farmacia.
A mio modo di vedere, la possibilità per un paziente di essere inserito in programmi strutturati di “follow-up”, ovvero di prosieguo del proprio percorso terapeutico, dovrebbe prescindere dal fatto che il paziente stesso si debba affidare ad una sola farmacia che si faccia carico di verificare se il paziente segue correttamente la terapia prescritta; bisognerebbe invece creare un sistema di monitoraggio in modo che il paziente possa recarsi ovunque e altrettanto ovunque il farmacista, consultando il piano terapeutico, possa di volta in volta verificare la regolarità e puntualità con cui il paziente stesso si reca a ritirare quanto prescritto.
La farmacia dei servizi, integrando ciò che ha sempre fatto dal punto di vista della dispensazione dei farmaci e dei presidi sanitari, si propone dunque come un supporto al paziente sotto questo aspetto, sfruttando in prima battuta la diffusione capillare sul territorio (in Italia ce n’è una ogni 3 mila abitanti circa) e il fatto che le farmacie sono aperte e a libero accesso in tutto l’arco della giornata.
Uno strumento per mettere in rete
Di conseguenza si può facilmente comprendere come la telemedicina sia uno strumento fondamentale e preziosissimo che sfrutta la tecnologia per mettere in comunicazione diverse figure sanitarie fisicamente a distanza tra loro e fornire al paziente un servizio di verifica delle proprie condizioni di salute. Parliamo in particolar modo della cosiddetta telecardiologia, ovvero un servizio di monitoraggio delle funzionalità della sfera cardiovascolare che comprende esami quali gli elettrocardiogrammi e gli holter pressorio e cardiaco.
L’obiettivo è quello di garantire la presenza, a stretta vicinanza con la popolazione, di questi strumenti di rilevazione, ottenendo una refertazione da parte di professionisti dedicati, che non devono essere presenti e non devono spostarsi fisicamente sul territorio. Gli esami vengono eseguiti in farmacia per poi essere inviati tramite web ad aziende che lavorano in collaborazione con diversi specialisti incaricati di visionare i tracciati, che in tempi rapidi tornano in farmacia refertati.
E’ chiaro che in quest’ottica la telemedicina consente la creazione di una rete capillare, che parte da professionisti incaricati (i cardiologi) e si estende dislocando in modo più ampio possibile sul territorio gli strumenti tecnici di rilevazione, affidati a personale sanitario (i farmacisti) che si forma e si qualifica per fornire questo servizio. La diffusione capillare e la rapidità con cui si garantisce il servizio sono la chiave per assicurare un pronto intervento in caso di necessità e per ampliare il numero degli esami di controllo che possono essere eseguiti.
A tendere, i servizi di telemedicina potrebbero integrarsi nei protocolli di “follow-up” dei pazienti, in particolare di quelli cronici, di cui ci si dovrebbe far carico, fornendo a tutto il sistema sanitario uno strumento per verificare aderenza ed efficacia delle terapie, seguendo le persone costantemente, a cadenza regolare.
Se un progetto di questo genere è così prezioso nel nostro mondo, immaginatevi cosa possa essere in una realtà culturale come il Nepal rurale, o in qualsiasi altra realtà simile. In una situazione in cui il primo elemento che manca è la consapevolezza di quanto possa essere importante curarsi, in cui il numero dei centri ospedalieri o ambulatoriali è chiaramente molto ridotto e in cui le distanze sono ampliate dalla scarsità di mezzi di comunicazione, lo sviluppo di una rete di interconnessione fra diverse strutture sanitarie basata sulla telemedicina significherebbe portare la salute nelle case e mettere il paziente al centro.
Dott. Michele Visini