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Cultura sanitaria tra informazione e un nuovo sistema di gestione

Cruciale la realizzazione di un sistema capace di informare e “dialogare” con continuità con il cittadino-paziente, le strutture sanitarie e il personale coinvolto

Le patologie croniche si caratterizzano per provocare disturbi ai pazienti ogni giorno, con speranze scarse o nulle di potersene liberare definitivamente.

L’incidenza delle patologie croniche è, ad oggi, ancora estremamente elevata: riguardano diversi apparati del corpo umano, dalla sfera cardiovascolare (ancora la principale area di interesse), a quella respiratoria, gastrointestinale, dermatologica, psichica e scheletrica. Insomma, si tratta di sindromi che possono riguardare davvero tutto il corpo.

I pazienti affetti da patologie croniche (indipendentemente dalla parte del corpo interessata) devono comprendere in modo chiaro che il loro disturbo (a prescindere da quanto fastidiosi e manifesti possano essere i sintomi) molto probabilmente li accompagnerà per tutta la vita: le terapie che verranno instaurate avranno l’obiettivo di regolare e ridurre l’impatto di tali disturbi, a differenza delle terapie per patologie acute, che mirano invece ad eliminare e risolvere la problematica creatasi.

Continuità e follow up

Se analizziamo i dati di vendita dei farmaci di una farmacia, possiamo notare come la grande maggioranza di essi appartenga ad una delle categorie terapeutiche destinate a trattare disturbi cronici: se le problematiche croniche sono così diffuse, meritano un interessamento sempre più attento da parte di tutti gli attori del sistema salute. Quali potrebbero essere le parole chiave che si possono applicare alla complicata questione delle patologie croniche dei pazienti che ne sono affetti? La prima potrebbe essere “continuità”, parola che si applica a tutto quanto, a partire dalle affezioni a carico del paziente fino ad arrivare alle terapie; la seconda potrebbe essere “follow-up”, ovvero tutti i programmi che potrebbero essere realizzati per seguire la storia clinica e farmacologica dei pazienti nel tempo.

Uno dei principali problemi contro cui da sempre si scontra l’intero sistema sanitario territoriale è quello della cosiddetta “compliance”: con questo termine si vuole indicare la capacità dei pazienti di seguire correttamente le prescrizioni e sottoporsi con regolarità ai controlli previsti. Storicamente, uno dei principali ostacoli al successo delle terapie è sempre stata proprio la scarsa compliance, soprattutto nel lungo periodo, in particolare per pazienti con pluri-patologie.

In quest’ottica, un elemento fondamentale da sviluppare è quello della consapevolezza e della conoscenza: creare cultura sanitaria significa incrementare la piena coscienza da parte del cittadino su ciò che sta facendo, sulla malattia da cui è affetto e sull’importanza di seguire in modo corretto e continuativo le prescrizioni. Può apparire banale e scontato, ma non lo è affatto: un individuo adeguatamente informato sulle sue condizioni di salute, su quanta importanza abbia il prendersi cura di sé, su come e perché agiscono i farmaci prescritti e sul perché tali terapie debbano essere mantenute senza interruzioni, potrà più facilmente seguire le indicazioni del personale sanitario, rispetto a chi non riceve informazioni e attenzioni, anche se non sempre è sufficiente.

In primo luogo è essenziale sottolineare che statisticamente le patologie croniche colpiscono in prevalenza individui meno giovani, creando spesso un quadro pluripatologico che può richiedere un indirizzo terapeutico tutt’altro che semplice. Inoltre, la tendenza da parte dei medici di base è quella di rilasciare ai pazienti prescrizioni che coprano il periodo di tempo più lungo possibile, evitando in tal modo di dover rivedere con troppa frequenza le persone solo per poter fornire loro le prescrizioni per terapie continuative. Da ultimo, le ristrettezze economiche in cui versa il nostro servizio sanitario nazionale non consentono ai pazienti di essere monitorati con frequenza.

E’ chiaro che questo è un discorso assolutamente generale e non sempre si creano queste difficoltà: molti pazienti sono seguiti molto bene dai medici di base e dai caregiver (parenti o personale addetto), sia da un punto di vista terapeutico che di indagini e controlli. Ma quando questo non accade, cosa si potrebbe fare? In che modo si potrebbe provare ad integrare tutti gli attori del sistema sanitario per prendersi cura dei pazienti e creare un vero e proprio programma di cosiddetto “follow-up”?

Ricordiamo brevemente quali sono gli elementi principali su cui focalizzarsi:

• Informazione del paziente

• Aderenza terapeutica

• Verifica dell’efficacia della terapia

Abbiamo detto che un paziente informato più probabilmente seguirà le indicazioni ricevute; questo discorso va ovviamente esteso a coloro che supportano il paziente stesso e di esso si prendono cura. Per quanto riguarda il concetto della “continuità”, occorre sottolineare che la terapia non deve essere interrotta autonomamente anche se i controlli periodici forniranno un quadro migliorato e dei parametri tornati nella norma. Monitorare un paziente con regolarità non serve per decidere se e quando sospendere la terapia: il riscontro di parametri tornati nella norma (pressione arteriosa, colesterolo, glicemia, battito cardiaco, etc.) non fa altro che confermare la bontà e l’efficacia della terapia intrapresa, perché quei parametri sono il risultato, e quindi la conferma, dell’efficacia della terapia stessa.

Verificare l’aderenza terapeutica

Resta lo scoglio più ostico: come verificare l’aderenza terapeutica? Come verificare la compliance del paziente? Con gli strumenti odierni e con i protocolli in essere, è sostanzialmente impossibile. Ad oggi un reale sistema di controllo può essere condotto solo da chi si occupa dei pazienti nelle loro abitazioni.

Una possibile proposta in questo senso potrebbe essere quella di creare dei piani terapeutici che prevedano consegne programmate dei farmaci con cadenze mensili, per un periodo di tempo non superiore ad un anno, con indicazione a recarsi in centri accreditati e convenzionati (tra cui potrebbero benissimo rientrare in ottica futura anche le farmacie nella loro veste di “farmacia dei servizi”) con frequenza trimestrale o semestrale per monitorare l’efficacia terapeutica e fornire al medico uno strumento per confermare o modificare la terapia in atto. In questo modo ogni paziente, a meno di significativi cambiamenti nei parametri analizzati, si recherebbe dal medico una volta l’anno per ricevere il piano terapeutico, che potrebbe essere messo in rete in siti web dedicati. Tali piani terapeutici, presenti nel fascicolo sanitario di ogni paziente e aggiornati dopo ogni consegna di farmaco, potrebbero essere visibili da tutte le farmacie e conseguentemente potrebbero consentire di allertare il medico di base in merito a eventuali ritardi nel ritiro o addirittura in caso di mancati ritiri. Nella stessa maniera, eventuali verifiche strumentali periodiche, effettuabili anche nelle “farmacie dei servizi”, potrebbero venire anch’esse riversate nel fascicolo sanitario e comunicate tempestivamente al medico di base o allo specialista di riferimento. Questa potrebbe essere la reale presa in carico del paziente cronico di cui si sta parlando già da alcuni anni, ma al momento non ancora in atto per mancanza di programmi finalizzati a tale scopo.

Potrebbe funzionare? Difficile dirlo, ma certamente costituirebbe un passo avanti per unificare gli sforzi e le potenzialità di tutte le strutture sanitarie operanti sul territorio, allo scopo di mettere al centro il paziente e in particolare il paziente affetto da patologie croniche.

Dott. Michele Visini

 

 
Maggio 2024

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