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Prendersi cura della Terra: la “casa comune”

Prendersi cura della Terra: la “casa comune”

 

L’Enciclica di Papa Francesco è un’attenta analisi di una crisi di civiltà legata alla drammatica emergenza della questione ambientale

 

L’Enciclica “Laudato si” è il compimento di un percorso che la Chiesa Cattolica ha intrapreso negli ultimi trent’anni a partire da Papa Giovanni Paolo II e continuato con Papa Benedetto XVI. L’Enciclica rappresenta una vera novità: è il primo documento completo, organico e ufficiale incentrato sui temi della creazione. Altro elemento innovativo è la presenza di quella che Papa Francesco considera la figura più “originale” della teologia ortodossa attuale, ovvero Joannis Zizioulas (patriarca di Pergamo).

L’Enciclica si articola in una prefazione e in sei capitoli di approfondimento. Il testo è stato divulgato pochi mesi prima del “Summit sul clima” che in dicembre vedrà protagoniste le potenze mondiali a Parigi, perché la ricchezza e la profondità delle riflessioni morali e spirituali sono strettamente legate all’impegnativa contingenza ambientale, economica, storica e politica attuale. L’Enciclica si presenta come un’attenta, analitica e al tempo stesso approfondita disamina di una crisi di civiltà legata alla drammatica emergenza della questione ambientale.

Una presa di consapevolezza in funzione di un progetto dell’Abitare umano “sostenibile”, in grado di leggere la complessa dinamica dei fattori di crisi e al tempo stesso impostare un progetto di risposta e trascendimento degli stessi. Nelle cause profonde della crisi, si individua una concezione dell’Uomo che si vuole porre come dominatore della Natura/creazione, pensata e trattata come oggetto, strumento da spremere e saccheggiare.

Una volontà di potenza che si è poi radicata, consolidata e amplificata nel sistema economico, politico e sociale del capitalismo più sfrenato, all’esaurimento delle risorse, all’inquinamento senza limiti di aria, acqua, terra e cielo, a una mentalità consumistica spinta fino allo spreco indiscriminato, a un atteggiamento di rapina nei confronti degli stati, dei popoli, delle persone più deboli. Sono centinaia e centinaia di milioni le persone costrette alla fame e al rischio di carestie mortali, due miliardi quelle sottonutrite, 13 milioni gli ettari vittime di deforestazione all’anno, senza contare la scomparsa delle specie viventi, in un numero che oscilla tra le 60 e le 100 al giorno.

Quale risposta fornire dunque? Quale la dimensione di una nuova progettualità? L’ispirazione per una risposta risiede forse nella riscoperta e adesione a principi o programmi del messaggio biblico-cristiano molte volte sepolti nella storia o, se conosciuti, non rispettati. Principi che nella Genesi, nei Salmi, in Giobbe, nel Nuovo Testamento, nei Padri, in Francesco d’Assisi e successivamente nella grande lezione del Cristocentrismo cosmico di Teilhard, della teologia ortodossa, di Romano Guardini, avevano trovato una puntuale riproposizione fino al secolo scorso. In base a questi ideali l’uomo si realizza come collaboratore di Dio, come co-creatore.

Non l’uomo “tout court”, ma l’uomo che ama, l’uomo colmo di sapienza, di umiltà, attento a vedere, ascoltare e rispettare il linguaggio della Creazione e quindi a costruire una civiltà dell’amore e di rispetto verso se stesso e tutte le creature.

Di qui l’auspicabile sviluppo di un’economia e di una politica della pace, dell’armonia, della solidarietà cosmica e sociale. Infine, vanno sottolineate due specifiche categorie che reggono l’impianto dell’Enciclica: la terra come “casa comune” e l’uomo come custode della creazione.

Per il primo principio la terra è un dono abitato dalla sapienza e dalla bellezza e l’uomo non può sporcarla, abusarne o peggio distruggerla. La terra è di tutti gli esseri umani e di tutte le altre creature, questa la grande lezione di Francesco d’Assisi. L’uomo dovrebbe allora porsi come tutore e custode della dignità della terra e degli esseri viventi che la abitano.

Prof. Luciano Valle

Direttore Scientifico CEA

Luglio 2015

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