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Il riscatto attraverso la Green Economy

Riscatto attraverso green economy

I progetti per l’inserimento sociale e lavorativo dei detenuti bergamaschi proposti dalla cooperativa sociale Aretè si muovono nell’alveo della sostenibilità

Carcere, terra di nessuno. Limbo in cui le speranze rieducative e di inserimento rischiano di cozzare contro una dura realtà che di storia, invece, ne racconta un’altra, ben più cruda: quella di una pena che pare configurarsi più come una repressione, che come redenzione sociale. Eppure, tra i dati della vergogna che accusano l’Italia per le condizioni disumane delle sue carceri, tra sovraffollamento, suicidi e carenza di personale di sorveglianza- fanno capolino anche le buone notizie: un esempio nostrano è la Cooperativa Sociale Aretè, che da anni porta avanti progetti per l’inserimento sociale e lavorativo dei detenuti bergamaschi. «Lo scopo dei nostri progetti -spiega il vicepresidente della Cooperativa Sociale Aretè Bruno Pelliccioli- è duplice: da un lato offriamo ai detenuti opportunità lavorative, dall’altro creiamo competenze che saranno spendibili anche una volta usciti dal carcere, facendo da ponte per eventuali inserimenti civili e rispondendo così ad un’esigenza di sicurezza sociale». Un impegno, quello della cooperativa, che si sviluppa lungo diversi fronti tra loro interconnessi, come l’assegnazione di borse lavoro e l’ideazione di progetti ad hoc, creando una rete economica che parte già dall’interno della struttura penitenziaria e prosegue anche dopo lo sconto della pena. «Al momento -continua Pelliccioli- stiamo avviando un progetto con la Cassa delle Ammende, grazie al quale nove detenuti verranno inseriti nella nostra cooperativa dopo un periodo di formazione e lavoro in carcere. Ci sono poi le borse lavoro, assegnate con la collaborazione del Comitato Carcere e Territorio di Bergamo, e i tirocini formativi, grazie ai quali tre detenuti, dopo un periodo di formazione presso la cooperativa, sono inseriti in aziende della bergamasca attive nel campo del vivaismo, della ristorazione biologica, della restaurazione del verde».

Non solo: l’attività della cooperativa e dell’associazione Amici di Aretè ha permesso negli anni scorsi la realizzazione di un orto interno al carcere nell’ambito del progetto “realizzazione di un’impresa agricola con finalità sociali” e nell’immediato futuro si porterà avanti anche la costruzione di una serra.

I progetti della cooperativa Aretè sono rivolti a detenuti di età diverse, scelti a seguito di una valutazione congiunta degli educatori del carcere e dell’equipe di Aretè a seconda delle personali inclinazioni di ciascuno, e si svolgono su periodi medio-lunghi (dai 6 mesi ai 2 anni, con possibilità di proroga).

«Ciò che spesso non è sottolineato -spiega ancora Pelliccioli- è la straordinaria importanza delle attività lavorative per i detenuti in un carcere, che non solo permettono di abbattere la recidività dal 70% al 20%, ma creano anche opportunità civili e sociali. Non è una cosa da poco, specialmente per persone che rischierebbero altrimenti di vedersi eternamente bollate come “criminali”».

La cooperativa Aretè non è nuova a iniziative di questo tipo; nata nel 1987 come realtà nell’ambito dell’agricoltura biologica e sostenibile, in 25 anni ha coinvolto più di 200 detenuti del carcere di via Gleno in progetti di inserimento lavorativo: numeri a cui poi vanno aggiunti quelli relativi alle persone con disagio psichico, altra categoria alla quale la cooperativa offre opportunità altrimenti difficilmente ritrovabili.

Erica Balduzzi

 

Dicembre 2014

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