Se buoi e trattori scappano dal recinto
Un sistema così complesso, di fattori concomitanti e spesso divergenti - come il sistema agroalimentare - ha bisogno di essere analizzato in modo approfondito, concreto e disincantato, per poter essere, prima di tutto compreso, poi valutato per la scelta degli ambiti sui quali intervenire.
Abbiamo visto proteste e trattori in tutta Europa, manifestazioni agguerrite, ma con una certa accondiscendenza da parte dei cittadini e delle istituzioni. Il che rileva una prima considerazione: il settore agricolo è considerato, dalla gente e dalla politica, un settore fondamentale. E questo rispecchia la verità dei fatti: l’Unione Europa sovvenziona massicciamente il settore agricolo da decenni, e continua a farlo. Eppure il disagio degli agricoltori è reale e la sopravvivenza di tante aziende è a rischio. Allora cosa c’è che non funziona?
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’approvazione di alcune restrizioni introdotte dal Green Deal, ma come testimoniano le interviste delle pagine seguenti, i problemi veri dell’agricoltura sono strutturali e di lungo periodo, poco imputabili alle recenti disposizioni che non sono nemmeno entrate in vigore.
Cominciamo da un punto fermo: tutti concordiamo che il sostegno al reddito delle aziende agricole è lo snodo cruciale per garantire un futuro al settore primario e la possibilità di investire in innovazione. Nella pratica però questo reddito non è sufficiente. Due sono i fronti critici: uno interno, uno esterno.
Sul fronte interno, la Politica Agricola Comunitaria destina già cospicue risorse del bilancio Ue al settore, ma la grossa fetta degli aiuti va a favorire proporzionalmente le aziende più grandi, a scapito delle tante aziende medio piccole che si spartiscono una percentuale minore. Questo criterio va invertito e presidiato, dati alla mano, così come i sussidi pubblici erogati devono essere utilizzati soprattutto per innovare e investire nel cambiamento, non per mantenere uno status quo anacronistico.
Ma la modifica della Pac, nulla può fare se non si agisce sul fronte esterno, che mina alla base qualsiasi politica di sostegno al reddito degli agricoltori. Se il prezzo di vendita dei prodotti agricoli sottosta a logiche di mercato industriale e finanziario globale, senza l’introduzione di regole equilibrate che tengano conto dei reali costi di produzione nella filiera, allora ogni sostegno al reddito risulta inutile.
Il nocciolo della questione è l’attuale modello economico, che avalla una concorrenza sleale tra prodotti non equiparabili: ci sono Paesi e continenti che non hanno nemmeno lontanamente i nostri stessi standard di qualità di lavoro, di sicurezza e di tutele ambientali; fattori che, se non vengono regolamentati ed esplicitati, portano a una competizione al ribasso sui prezzi. Questi ribassi favoriscono solo il comparto dell’industria di trasformazione alimentare e della grande distribuzione, interessate unicamente ad abbassare i (loro) costi per massimizzare i (loro) profitti.
Intervenire in questo scenario non è semplice, ma è assolutamente necessario, purché si agisca con cognizione di causa, su più livelli di scala e con obiettivi precisi e differenziati.
Nelle interviste [ndr: le sei interviste nello "Speciale Agricoltura"] si trovano molte proposte e linee d’azione valide: la sfida vera però è la capacità di fare sistema, non solo tra agricoltori e allevatori, ma anche con le istituzioni e la società civile tutta, con la finalità generale di salvare quel che resta di un’agricoltura legata ai territori, alla qualità e al valore che il settore ha sempre generato per le comunità locali.
Alla politica il compito di mettere regole per evitare che la logica del profitto di pochi player internazionali decidano sul futuro del sistema agroalimentare mondiale. Alla società civile, alle istituzioni e allo stesso comparto agricolo il compito di attivare strategie e canali alternativi di approvvigionamento, di vendita e di informazione, che quantomeno affianchino l’imperante omologazione indotta dai mercati globali.
Se non riusciremo a imporre un cambiamento di rotta che vada nell’interesse di tutti per un’autentica, libera, sovranità alimentare, le chiavi del sistema agro-alimentare mondiale saranno sempre più concentrate nelle mani (e nei brevetti) di pochi. Ma la presa d’atto - e d’azione - deve iniziare da subito e diventare strutturale, per non trovarsi a chiudere il recinto quando ormai le stalle si saranno svuotate.
Diego Moratti
Clicca sotto per leggere le interviste ai sei esperti del settore:
Speciale Agricoltura - INTERVISTE: Lorenzo Berlendis | infoSOStenibile
Speciale Agricoltura - INTERVISTE: Renato Giavazzi | infoSOStenibile
Speciale Agricoltura - INTERVISTE: Bortolo Ghislotti | infoSOStenibile
Speciale Agricoltura - INTERVISTE: Angelo Marchesi | infoSOStenibile
Speciale Agricoltura - INTERVISTE: Carlo Loffreda | infoSOStenibile
Speciale Agricoltura - INTERVISTE: Damiano Di Simine | infoSOStenibile
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