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Kujana Msukuma!

Kujana Msukuma!

L’auto sobbalza lungo la strada sterrata, sulla destra un campo, qualche grande albero sparso qua e là, un alto recinto sulla sinistra e poi eccolo: un cancello aperto lungo il recinto. Non è un cancello come tutti gli altri. È azzurro e, sotto un’anonima insegna nera, si fanno vive alcune figure familiari: Topolino, Paperino e qualche loro amico. Siamo a Lower Kabete, 10 km dal centro di Nairobi.

Qui si trovano ben quattro diverse istituzioni del Kenya Juvenil Justice System (JJS), tra cui la Children’s Home. “Stop violence to Children”: questo è il nome del progetto di Cesvi. L’obiettivo è contribuire a eradicare le diverse forme di violenza nei confronti dei minori all’interno del JJS. Si cerca di migliorare l’intero sistema della giustizia minorile e non solo di agire sul singolo istituto. Questo centro ospita bambini da 0 a 6 anni: provengono da famiglie povere, orfani, abbandonati o sottratti ai genitori dalla polizia perché non in grado di accudirli, costretti a compiere qualche piccolo furto per sopravvivere.

Molti bambini sono fragili, hanno un forte bisogno di attenzione, vogliono che giochi solo con loro, piangono appena cerco di coinvolgerne altri. Ben presto capisco che non riuscirò a fare la maggior parte delle attività a cui avevo pensato: organizzare un gioco con quaranta bambini è un’impresa difficile ma con i bambini della Children’s Home diventa quasi impossibile. Con il passare dei giorni però mi accorgo che le cose che riesco a fare sono in realtà tantissime e i bambini ne vanno matti. Un sorriso, un abbraccio, un “dammi il cinque!”, una canzone, una giravolta, un salto, una foto insieme. Asan corre verso un’altalena gridandomi: “Kujana msukuma! Kuja!” (Vieni a spingermi!); Mohamed, Lea, Penina, Bryan e gli altri fanno lo stesso: ai bambini basta questo.

Capita anche che si arrabbino, che diventino violenti. È il caso di Asan: ha quattro anni, è orfano e mi viene descritto come un bambino violento. Basta poco però per accorgersi che Asan ha solo bisogno di affetto e di qualcuno che gli sorrida. I giorni con loro volano: un piatto di riso e fagioli a pranzo, ugali (piatto simile alla polenta) e cavoli a cena, così ogni giorno, ma il loro sorriso ricompensa la mia fatica. Qui alla Nairobi Children’s Home il bisogno di volontari si sente davvero. Il progetto mira a formare educatori in grado di dare a questi bambini e ai ragazzi delle altre strutture governative e ciò che più manca: una nuova opportunità di vita.

Ariele Piziali

Studente e volontario Cesvi in Kenya

Luglio 2015

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