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CiboLab: dal seme al piatto, con creatività

CiboLab: Dal seme al piatto, con creatività

A Scanzorosciate (Bg) la giovane realtà valorizza prodotti agricoli di qualità coltivati e lavorati nel rispetto dell’ambiente e delle persone

“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, il celebre postulato di Antoine-Laurent de Lavoisier è anche il motto di CiboLab - Officine Creative Gastronomiche. Non potrebbe esserci sintesi più azzeccata per descrivere l’attività di questa realtà bergamasca nata nel febbraio del 2014 dall’idea di Matteo Moioli e Matteo Nodari, due giovani amici e collaboratori che condividono la genuina passione per la terra.

Alle spalle di CiboLab c’è l’Azienda Agricola Matteo Moioli con sede a Scanzorosciate, dove vengono coltivate solo antiche varietà di frutta e verdura autoctona, erbe officinali e aromatiche, bandendo gli ibridi e partendo dal seme certificato biologico e/o biodinamico. Moioli e Nodari stanchi di cedere la propria dedizione e professionalità alle logiche di mercato della Grande Distribuzione, decidono di concretizzare quello che da sempre è il principio dell’azienda: valorizzare i prodotti agricoli di qualità che vengono coltivati e lavorati nel rispetto dell’ambiente e delle persone. In questo senso, ritorna il principio di Lavoisier: riappropriarsi di tutta la filiera, dalla materia prima alla raccolta e lavorazione, fino al prodotto finito, acquistabile nel primo punto vendita CiboLab a Scanzorosciate, in via Colleoni 8, inaugurato lo scorso 8 novembre.

L’azienda agricola si contraddistingue per il personale qualificato in regola e la presenza di inserimenti lavorativi; finora sono cinque i posti lavoro che l’azienda è riuscita a creare. Da poco è partito anche Il Sogno di Arlecchino, progetto che coinvolge cinque ragazzi che hanno avuto traumi cranici e un giorno alla settimana arrivano in azienda e aiutano a svolgere l’attività agricola. «La nostra idea di agricoltura non fa distinzione tra etnie, colori, abilità, disabilità, ma è un’agricoltura che lascia spazio a chiunque lavori al suo interno», afferma Moioli.

Sostenibilità sociale oltre che ambientale quindi; nasce così CiboLab, che dopo varie peripezie burocratiche prende vita nell’agosto del 2014. Il punto vendita di Scanzorosciate non si pone come negozio a km 0, ma vuole essere catalizzatore di piccole e medie realtà agricole italiane, che aderiscono al “buono, pulito e giusto”, principi chiave di Slow Food, di cui Moioli e Nodari fanno parte. Oltre ai prodotti dell’Azienda Agricola di Scanzorosciate, come creme salate, confetture, sott’oli e sott’aceti, sughi e vellutate, il catalogo di CiboLab comprende prodotti di alta qualità che rispecchino tradizione e genuinità; tra le realtà presenti, tredici presidi Slow Food, dallo zafferano ai formaggi, dal miele bio al vino, dalle verdure alla polenta.

Una scelta di vita

I progetti di CiboLab non si fermano qui, l’azienda di Moioli e Nodari ha da poco ingrandito la propria produzione prendendo in gestione 22 ettari di terreno a Calcinate, dove stanno piantando asparagi e fragole oltre a disporre grani antichi e una produzione orticola. «L’obiettivo che ci siamo posti per Calcinate è creare entro maggio 2015, due allevamenti: primo fra tutti, la gallina di Ancona, una razza antica che ha la duplice attitudine di carne e uova; sempre nell’intento di creare un percorso di senso, le uova delle nostre galline serviranno poi per produrre pasta all’uovo e altri prodotti a km 0», afferma Moioli. Stesso principio varrà anche per l’allevamento di lumache e per quello della razza suina Mora Romagnola: «Il punto vendita di Calcinate sarà quindi incentrato sui nostri prodotti a km 0, si potranno trovare fragole appena raccolte e uova appena fatte».

La costruzione di questo progetto è innanzitutto una scelta di vita; la principale difficoltà è far capire alla gente che il maggiore costo rispetto ai prodotti agricoli del supermercato è dovuto al valore aggiunto che CiboLab offre, dalle tecniche biologiche al pagamento equo per i lavoratori. «Per noi il biologico è una scelta etica prima ancora che agronomica - afferma Moioli. Certo, anche la certificazione deve cambiare nelle sue metodologie; ci dovrebbe essere più verifica sul campo e meno burocrazia, solo così ci si rende conto della differenza tra una terra marrone, arida, resa sterile dai metodi di coltivazione convenzionali e una terra nera, viva, fertile, perché coltivata con metodi bio». Oggi sono sempre di più i “contadini di ritorno”, ragazzi giovani che tornano a lavorare la terra cercando di affermare un percorso virtuoso dal seme al piatto, dando valore a ogni passaggio della filiera. « In tempi difficili occorre essere un po’ folli, perché solo così si ha la possibilità di scegliere tra una strada facile ma a fondo chiuso e un percorso avventuroso e pieno di sfide, che porta però a gustarsi una fragola che sa di fragola, pensando al valore aggiunto che ci sta dietro».

M.D.

Marzo 2015

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