Articolo a cura degli studenti della classe 2A dell'Istituto Comprensivo Margherita Hack di Gorle
Mettiamo in tavola cibo a km zero, a filiera corta e di stagione.
La “comodità” non ci fa pensare all’impronta ecologica del cibo
Argomento molto trattato negli ultimi anni e, finalmente, potremo dare insieme una risposta a questa interessante domanda. Essere consapevoli del viaggio del cibo dalla terra alle nostre tavole e capire come scegliere in base alle filiere di produzione è un ingrediente fondamentale per formare la medicina che curerà il nostro mondo, che, con il nostro malsano e inquinante stile di vita, stiamo lentamente uccidendo.
Un ingrediente di questa medicina è la filiera corta: questa è caratterizzata da un numero limitato di passaggi dal produttore fino al consumatore, come ad esempio quando compriamo un formaggio direttamente dall’allevatore che l’ha prodotto.
La filiera lunga invece implica numerosi passaggi: chi produce la materia prima, chi trasporta nelle industrie dove viene lavorato o trasformato il prodotto, chi lo raccoglie in grandi magazzini, chi lo distribuisce nei centri commerciali e nei negozi e chi lo consegna direttamente a casa tramite la logistica.
Altro ingrediente per la medicina che può curare il pianeta è la stagionalità: molto meglio acquistare i prodotti nella loro stagione di maturazione naturale, quindi nella stagione ottimale per il consumo. Questo comporta che ad esempio non si usi energia per scaldare le serre d’inverno per produrre le fragole, che invece maturano naturalmente in primavera, oppure non si inquina il pianeta per farle arrivare dall’altra parte del mondo, solo perché vogliamo mangiare fragole anche a gennaio.
Purtroppo, attualmente si usano di più i prodotti che derivano da una filiera lunga o fuori dalla loro stagione naturale, spesso solamente per comodità, perché sono più facili da trovare nei grandi supermercati, e inoltre siamo talmente abituati ad avere tutti i prodotti in tutti i mesi dell’anno, che non conosciamo nemmeno quali siano i frutti di stagione.
Abbiamo così capito qual è la malattia e il vero pericolo: il nostro stile di vita, abitudinario, noncurante e rischioso per la salute del Pianeta Terra.
La tua impronta sull’ambiente
Vuoi essere un orso o uno scoiattolo sulla neve?
L’impronta ecologica
L’impronta ecologica misura quante risorse naturali (come cibo, energia, acqua…) sono state utilizzate in totale per la produzione di un bene o un servizio. Essa viene espressa in ettari globali (gha).
L’impronta carbonica
L’impronta carbonica misura l’emissione di gas serra (in particolare l’anidride carbonica). Viene espressa in chilogrammi o tonnellate di CO2 equivalente (CO2e).
L’impronta idrica
L’impronta idrica misura il consumo totale di acqua dolce necessario per produrre un bene o per svolgere un’attività. Essa si suddivide in tre componenti:
- acqua verde→ acqua piovana assorbita dal suolo per coltivare
- acqua blu→ acqua prelevata dai fiumi e dai laghi
- acqua grigia→ acqua inquinata
L’impronta ambientale
L’impronta ambientale comprende l’insieme degli impatti ambientali come:
- l’inquinamento atmosferico
- il degrado delle risorse naturali
- l’inquinamento delle acque e del suolo
- l’alterazione dei cicli naturali
Bisognerebbe che ognuno di noi si impegnasse ad avere un’impronta minima così da salvare il pianeta e salvaguardare la nostra salute e quella di tutti gli altri esseri viventi presenti sulla Terra.
Chilometro Zero
Scelgo il territorio, aiuto il territorio
Gli alimenti e beni a km 0 sono quelli prodotti e acquistati localmente: un concetto diverso da quello di filiera corta, perché ci sono prodotti a km 0 con una filiera lunga, vale a dire che la produzione è sì vicina al nostro territorio, ma gli alimenti fanno tanti passaggi di trasporto in industrie, magazzini e negozi prima di arrivare al consumatore. E invece ci sono anche prodotti a filiera corta, che non sono a km0, come ad esempio quando compriamo al mercato delle arance di Sicilia direttamente dallo stesso produttore siciliano che le ha coltivate.
In ogni caso il km0 ha molti vantaggi, tanto più se si concretizza direttamente con l’acquisto diretto dal produttore: il supporto ai contadini e allevatori locali, più trasparenza e più tracciabilità, più freschezza e più sostenibilità, le relazioni tra i produttori e i consumatori sono dirette, necessità minore di imballaggi e lo stimolo a una diversità agricola locale maggiore.
Purtroppo, “non è tutto oro quel che luccica” e i prodotti a km 0 hanno anche degli svantaggi, come la minore varietà di prodotti, o altre volte la mancanza di disponibilità dei prodotti a causa delle variazioni della stagione e del clima.
Anche Bergamo ha tanti prodotti a km0, tra cui:
- tanti formaggi tipici (Taleggio, Branzi e molti altri: ci sono ben 9 Dop prodotte in bergamasca)
- Salumi e carni (salame, pancetta, lardo bergamasco…)
- Frutta e verdura (ad es. patata di Rovetta, patata di Martinengo…)
- Vini locali (Valcalepio, Moscato di Scanzo)
- Olio (Olio Extravergine di Oliva dei laghi: la Sbresa)
- Miele artigianale (da apicoltori locali)
- Mais (mais spinato di Gandino, mais rostrato rosso di Rovetta...)
- Questi e molti altri prodotti, si possono trovare in mercati contadini, nelle cascine locali e in negozi specializzati in filiera corta e in km0.
Il viaggio del cibo
E voi lo sapevate che... ?
La fragola compie quasi 8000 chilometri di viaggio per essere importata dalla Cina all’Italia. Molti cibi che tu pensi arrivino da vicino, in realtà vengono da molto più lontano. Di seguito abbiamo esaminato due esempi:
CAFFÈ
Il caffè viene prodotto in località lontane, in Africa, America Latina, etc. Prendiamo ad esempio una piantagione in Perù. Viene per prima cosa coltivato nelle zone montuose del Perù soprattutto nelle regioni di Cajamarca, dove il terreno e il clima sono ideali. Dopo la raccolta, il caffè viene lavorato per rimuovere la polpa del frutto e ottenere il chicco verde. Successivamente viene essiccato e preparato per l’esportazione per poi essere portato ai porti, come quelli di Callao, vicino Lima. Il caffè verde viene caricato su container e spedito via mare verso l’Europa.
Questo trasporto dura generalmente tra i 15 e i 30 giorni, a seconda della destinazione specifica. Dopo aver attraversato l’oceano, il caffè arriva nei principali porti italiani, come Genova o Livorno. Qui, il caffè verde viene scaricato e inviato alle torrefazioni, dove il caffè viene trasformato nel chicco marrone che noi conosciamo.
FRAGOLA
La Cina è uno dei principali produttori di fragole al mondo. La raccolta avviene in diverse stagioni. Le fragole vengono raccolte a mano per evitare danni ai frutti delicati. Poiché le fragole sono altamente deperibili, vengono spedite principalmente per via aerea. Il trasporto aereo è la modalità più rapida per garantire che il prodotto arrivi fresco in Italia.
Il viaggio dura generalmente tra le 12 e le 20 ore. Una volta arrivate in Italia, le fragole vengono sbarcate in uno degli aeroporti principali, come Roma Fiumicino o Milano Malpensa e successivamente distribuite verso i centri di stoccaggio o direttamente ai grandi supermercati, nei mercati o presso i grossisti. In Italia, le fragole vengono conservate in ambienti refrigerati per prolungarne la freschezza e prevenirne il deterioramento. Nonostante l’Italia sia un grande produttore di fragole, l’abitudine fa optare spesso per quelle importate, benché siano fuori stagione, a filiera lunga e... all’opposto del km Zero!