Un progetto di micro-imprenditorialità femminile unisce donne albanesi e italiane, per il riscatto sociale attraverso la tradizione dell’uso del telaio
Penelope trascorse vent’anni della sua vita in attesa del marito utilizzando un sagace stratagemma per non cadere nelle grinfie dei Proci, pronti a sposarla: dedicandosi all’arte della tessitura a telaio. Penelope promise che si sarebbe sposata solamente quando avesse finito di tessere la veste funebre del suocero Laerte, ma il tessuto, lavorato durante il giorno, di notte veniva disfatto dalla donna, così che il giorno successivo potesse ricominciare il minuzioso lavoro. “Tessere la tela” è un’espressione ancora usata come metafora di pazienza e capacità di attesa. Anche in questa storia il “fil rouge” è quello della tessitura a telaio che lega tra loro donne diverse, protagoniste di un cambiamento.
Nell’odierna Albania è nato un progetto di emancipazione femminile che ha come protagonista il telaio e i manufatti con esso realizzati. Strumento antichissimo, risalente addirittura al neolitico, il telaio permette la produzione di tessuti composti da fibre naturali come il cotone, la seta, la lana e il lino attraverso l’intreccio di due fili perpendicolari, la trama e l’ordito. In Albania questa pratica è sempre stata molto diffusa tra le donne che realizzavano abiti, tovaglie, lenzuola e tutt’oggi continuano a farlo per una produzione destinata all’uso domestico.
La bellezza dei tessuti, valorizzata dal particolare stile di lavorazione caratterizzato dalle tipiche righe della trama e dall’abbinamento di colori brillanti come il bianco e il rosso, ha attirato l’attenzione dei turisti, ma soprattutto di una giovane donna italiana laureata in legge, Elena Galateri. Durante un periodo di permanenza in un villaggio albanese come cooperante, Elena si è lasciata affascinare dalla bellezza di questi manufatti, prodotti con stoffe 100% naturali e grazie al lavoro di donne. Oltre ad accudire la casa, il marito, i figli e i suoceri, lavorano la terra e riescono pure a realizzare splendidi tessuti al telaio. Una passione, in via di estinzione, che raramente viene tramandata ed è destinata a morire con il tempo. Con la Onlus Idee Migranti, a sua volta fondatrice del Progetto Guri I Zi, (dal nome del villaggio) oggi più di 50 donne lavorano in un laboratorio tessile e l’antica tradizione si è trasformata in opportunità di riscatto.
Un progetto di micro-imprenditorialità femminile, che unisce donne albanesi e italiane, le cooperanti che si sono dedicate alle realizzazione del progetto e la stilista, Alessandra Dentice, che ha permesso la rivisitazione in chiave moderna del caratteristico stile dei manufatti albanesi. I prodotti, che proprio per le fibre 100% naturali e l’impatto ambientale della lavorazione pari a zero si inseriscono in un’ottica di sostenibilità ambientale, sono venduti anche in Italia, nella boutique Guri I Zi che si trova in via San Nicolao, 10 a Milano. Se davvero tessere la tela è sinonimo di qualcosa che non ha fine, ci auguriamo che valga per il progetto Guri I Zi, le sue tessitrici e la loro opportunità di riscatto.
Elena Pagani