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L’insostenibilità dell’abuso di sostanze

L’insostenibilità  dell’abuso di sostanze

Il dibattito sulla tossicodipendenza e in generale sulla “droga” è sempre stato molto acceso e oggi più che mai di estrema attualità. Non esiste infatti una visione unanime del problema e delle sue cause, né una soluzione a portata di mano, capace di modificare il comportamento dell’abusante in modo perentorio e definitivo.

La psicologia è senza dubbio una scienza che più di altre ha spesso intessuto importanti legami con altre scienze, dalla filosofia alla medicina. L’opera dello psicologo Luigi Zoja, “Nascere non basta”, è un esempio di tale commistione tra psicologia e antropologia, capace di generare una visione sostenibile sull’abuso di sostanze e in genere di cattive dipendenze, donando un senso a quel comportamento nefasto dell’abusante. Il problema sociale della “droga” si staglia all’orizzonte solo negli ultimi duecento anni, in corrispondenza dello stravolgimento culturale e sociale apportato dalla rivoluzione industriale.

La vita nelle campagne era segnata da una profonda tradizione e ripetizione di usi e costumi che avevano nella pratica dell’iniziazione la loro essenza trasformativa per l’individuo. I rituali segnavano la vita della comunità e dell’individuo ed erano molto potenti, anche grazie all’utilizzo di sostanze psicotrope. Tutto ciò è cambiato radicalmente e repentinamente, sostituito da pratiche globalizzate di ogni tipo che non hanno più nessun potere catartico, lasciando senza risposta il bisogno umano di rinnovarsi, di morire e rinascere, attraverso l’iniziazione e la pratica del rituale.

Tutto ciò si osserva fortemente ad esempio nell’adolescenza, età in cui i ragazzi sentono la forte esigenza di costruire sottoculture a carattere iniziatico e talvolta esoterico che li sostengano nel loro processo di crescita e di separazione genitoriale, aiutandoli a costruirsi un identità stabile. Il consumo di sostanze precedente alla rivoluzione industriale non presentava dunque un problema, sia perché possedeva un significato sociale non rifiutato dalla comunità, sia perché le sostanze di origine naturale non avevano gli effetti deleteri delle droghe odierne.

L’abuso di sostanze oggi si configura allora come un tentativo solipsistico di carattere auto medicante che risponde all’esigenza di rigenerazione interiore, di cambiamento. Tuttavia questo tentativo è spesso fallimentare: la persona rimane prigioniera del rituale stesso che diventa il fine e non il mezzo attraverso cui raggiungere il cambiamento.

L’abuso di sostanze non è perciò un modo per fuggire dalla realtà, come spesso si è soliti pensare, ma piuttosto un disperato tentativo di abbarbicarsi a essa, occupandovi un posto, una visione molto più sostenibile in quanto capace di ripensare all’abuso come tentativo fallito di rinnovamento interiore.

 

Nicola Mannara

Psicologo dell’équipe TheClew

Aprile 2016

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