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Investire nella pace in tempi di guerra

Pecunia olet.
I soldi puzzano, altro che no

Investire nella pace in tempi di guerra
“Investire”: tempo, risorse, energie. Non delegare

Difficile invocare la pace e la sostenibilità quando i nostri risparmi in banca finanziano (magari a nostra insaputa) armamenti e fonti fossili. E più in generale sostengono un’economia basata sulla speculazione finanziaria e sull’accumulo di risorse, invece di sostenere un’economia di progetti concreti che generano valore, lavoro e benessere collettivo.

Difficile invocare principi e valori di convivenza tra popoli, di gestione pacifica dei conflitti, di diritto internazionale, quando ciascuna singola nazione, popolo e persona mette al primo posto il proprio interesse, senza “integrarlo” con quello sovranazionale e con quello altrui.

Difficile invocare giustizia sociale e solidarietà verso i più deboli, svantaggiati o semplicemente verso le popolazioni più sfortunate, senza diritti e tutele, quando i nostri stili di vita, i nostri acquisti di prodotti, cibo, vestiti, servizi, non tengono conto delle filiere che li hanno generati, finanziati, lavorati, trasportati. Una noncuranza che sostiene un sistema che accentua le disuguaglianze, che aumenta i divari – attenzione – non tra alcune masse di poveri e noi benestanti, ma rispetto la stragrande maggioranza della popolazione e pochi ricchissimi magnati e potenti società finanziarie: l’1% della popolazione mondiale detiene metà delle risorse dell’intero Pianeta. Non c’è altro da aggiungere.

Difficile invocare sostenibilità ambientale e il rispetto per i giovani e le future generazioni, quando si prendono a livello politico, istituzionale, ma anche a livello personale, pochissime decisioni che obblighino l’economia a un uso meno scriteriato delle risorse del Pianeta.

Oggi le alternative per scegliere un’ecoomia di pace ci sono e sono accessibili.

Esiste Banca Etica, esistono assicurazioni etiche, che finanziano solo attività non speculative, non basate su produzioni di armamenti e non basate su fonti fossili, che stanno minacciando il nostro vivere sul pianeta.

Esiste il Commercio equo solidale, esistono sempre più numerose filiere corte e tracciate, esistono luoghi ed economie cooperative che propongono prodotti e servizi come frutto del lavoro condiviso e non il guadagno di pochi a scapito del lavoro altrui.

Esistono stili di vita che scelgono atteggiamenti meno consumistici, prodotti meno impattanti, energie meno inquinanti, che privilegiano tempi e ritmi di vita e di lavoro più in sintonia con un benessere reale e meno insostenibile.

Esiste l’impegno personale e l’investimento in tempo e risorse verso attività di associazioni, movimenti, attività politica e di cittadinanza attiva: solo così si può generare cambiamento nel sistema, senza lamentarsi di subirne le conseguenze, delegando poi ad altri la responsabilità di attivarsi e impegnarsi.

Ciascuna di queste cose non è “facile” da mettere in campo, né scontata; ma la pace non si ottiene gratis. Richiede impegno, investimento, sacrificio, complessità da conoscere e affrontare, percorsi lunghi e soluzioni spesso difficili da trovare. Ognuno può scegliere quanto dedicare e “investire” in termini di tempo, risorse, energie personali e scelte consapevoli.

Manifestare e indignarsi quando cadono le bombe, peraltro sacrosanto, ha più a che fare con il risveglio delle coscienze ma ha poco a che fare con la costruzione di una pace durevole e profonda, di un sistema internazionale pacifico che dia prevalenza agli interessi superiori della collettività: se non si “investe” personalmente, quotidianamente, economicamente in prodotti, attività, cibo, energia, finanza e servizi etici, frutto di filiere trasparenti e pulite, scegliendo percorsi collaborativi e non speculativi, allora invocare la pace criticando il sistema e delegando ad altri le scelte impegnative, ha solo l’ambivalente sapore della deresponsabilizzazione e dell’ipocrisia.

Quello che forse sfugge è che questi “costi”, queste scelte, in realtà sono investimenti, nella propria “casa”, nel proprio star bene, nella qualità di una vita in sintonia con se stessi e con gli altri, in un mondo più giusto e sostenibile. Se pensiamo che costruire la pace non ci costi nulla, non ci stiamo prendendo le responsabilità che i nostri obiettivi richiedono.

Diego Moratti

 

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