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I luoghi del mito

La cascina del film

Alla scoperta dei comuni della Bassa Bergamasca che hanno fatto da sfondo alle vicende e ai drammi dei contadini del film

Mai una sola volta nel film viene menzionato il luogo geografico in cui si trovano i personaggi, fatta eccezione chiaramente per Milano dove gli sposi Maddalena e Stefano si recano in visita alla di lei zia, tornandosene a casa con un bambino adottato. In quel caso si ha anche una precisa contestualizzazione storica, poiché i novelli sposi arrivano in una città agitata dai moti di repressione del generale Fiorenzo Bava Beccaris, che nel maggio 1898 ricevette l’ordine di sparare sulla folla per disperdere i cittadini che protestavano per le dure condizioni lavorative e l’aumento del prezzo del pane.

Olmi non ci mostra mai i sanguinosi attacchi con i cannoni: ne percepiamo semplicemente in lontananza i colpi e vediamo i passanti che si agitano e fuggono al passaggio dei cavalli del regio esercito. Eccetto Milano, i luoghi de L’albero degli zoccoli sono sospesi in un’atmosfera anonima che ne aumenta ancor di più il potere suggestivo. Sappiamo di certo però che si tratta di luoghi della pianura bergamasca, come recita la didascalia iniziale.

All’inizio e alla fine di tutto: la cascina

Ovviamente il luogo più importante è la cascina, il fulcro delle vicende delle quattro famiglie, l’universo in cui prendono vita le storie, le emozioni e i dolori dei protagonisti. Quella che noi vediamo è la cascina Roggia Sale come si presentava negli anni Settanta.

Negli anni successivi, vi è stato costruito un nuovo edificio con lo stesso nome, che solo in parte è simile alla vecchia costruzione. Si trova nelle campagne tra Palosco e Cividate. Sorprendente il modo in cui il regista Ermanno Olmi incappò nella cascina destinata a divenire il set principale del film: fu un incontro fortuito, perché Olmi arrivò a quella casa abbandonata soltanto dopo essersi perso per la campagna in una sera molto nebbiosa.

Fu amore a prima vista: il regista decise che proprio lì avrebbe ambientato le storie. Nella piazza centrale del comune di Palosco sono ambientate le scene della festa di paese. Il cascinale del padrone, dove i contadini si recano per lasciare parte del loro raccolto, si trova invece a Mornico al Serio. Per la precisione, la famosa scena in cui i contadini si fermano ad ascoltare la musica classica (emessa da un grammofono), che proviene dalle finestre del piano del padrone, è stata girata all’interno di Cascina Castello, mentre la pesa su cui i contadini portano il raccolto è situata in pieno centro storico, con struttura ancora oggi riconoscibile, divenuta attuale sede delle poste.

La chiesa e il “falso” convento milanese

La chiesa è un’altra location importante, che nel film ricorre più volte. Tutte le scene degli interni – celebrazione del matrimonio tra Maddalena e Stefano, il momento in cui i genitori di Minek conversano in sagrestia con don Carlo che li convince a mandare il figlio a scuola, omelia della Messa per la ricorrenza del miracolo della Madonna che pianse sul muro – sono state girate nella parrocchiale di Sant’Alessandro a Cortenuova, mentre la facciata esterna della chiesa e il sagrato sono della parrocchiale di San Nicolò a Cividate al Piano.

Con un abile montaggio, Olmi rende impercettibile il passaggio da un set all’altro, pur rappresentando nel film la stessa chiesa. Corrisponde invece a Cortenuova di Sopra, una piccola frazione di Martinengo da non confondere con la Cortenuova prima citata, l’ambientazione della scena in cui il piccolo Minek si ferma – sulla via di ritorno a casa – per togliersi lo zoccolo irrimediabilmente rotto.

A Cividate è stata filmata anche la via tramite la quale i giovani sposi raggiungono il porto fluviale per imbarcarsi e intraprendere il viaggio verso Milano. Anche nel caso di Milano, Olmi fa uso di un abile montaggio: nel film vediamo che i due sposi si aggirano per le vie della grande città, ma in realtà l’ambientazione è frutto dell’unione di diverse location, ovvero Milano, Treviglio (via Cavallotti) e Pavia. Inoltre, quello che nel film appare come un orfanotrofio gestito da suore in pieno centro a Milano, in realtà è il Convento dell’Incoronata di Martinengo (nella pellicola ne vediamo l’ingresso e il chiostro, mentre i giovani attendono l’arrivo della zia suora) nel quale il regista ambientò le scene di arrivo del viaggio di nozze. Una curiosità: le consorelle intente ad accudire gli orfanelli erano in realtà le educatrici del nido comunale di Martinengo, a cui era stato chiesto di vestirsi come suore.

A loro volta i piccoli attori che vediamo sullo schermo non erano orfanelli di una struttura milanese, bensì i bambini del nido d’Infanzia martinenghese, trasferiti per un giorno nel Convento dell’Incoronata. Merita una menzione anche la traversata del Naviglio che porta i due sposi a Milano a bordo di un barcone. Quello che vediamo è il Naviglio Grande che sfocia a Milano nella Darsena di Porta Ticinese: i campi e i paesi che scorrono sullo sfondo durante il viaggio sono quelli della campagna milanese.

Martinengo e il centro cittadino

Martinengo è stato il paese che ha offerto più località per le scene del film: oltre al citato convento dell’Incoronata, anche le strade e i portici dell’anonimo centro cittadino sono martinenghesi. Riconoscibili sono i portici dove nonno Anselmo si reca con la nipotina Bettina (Maria Grazia Caroli) a vendere i pomodori, battendo tutti sul tempo e sorprendendo i paesani. Da piazza Papa Giovanni XXIII si dirama la via in cui fugge il cavallo imbizzarrito e dove si trova l’Albergo Corona. Di Martinengo è anche la chiesa campestre di San Rocco, dove la vedova Runk si reca a pregare per la guarigione della vacca.

A pochi passi dai portici medievali di Martinengo che si vedono distintamente nel film, troviamo il Filandone, l’edificio dove lavorano le filandine, tra cui la protagonista Maddalena. Negli anni Settanta il Filandone era una struttura abbandonata – la fabbrica tessile aveva cessato le attività circa venti anni prima delle riprese; Olmi la riammobiliò con macchinari originali per poter rappresentare il lavoro delle donne che filano la seta (i macchinari vennero concessi dal museo di Carnate). Oggi l’edificio, opportunamente ristrutturato dopo anni di declino e abbandono, ospita la sala conferenze e la biblioteca della città. 

Lorenzo dell'Onore

Ottobre 2018

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