feedFacebookTwitterlinkedinGoogle+

infoSOStenibile

Dopo 450 anni ritorna il castoro

castoro

Da oltre quattro secoli il roditore ingegnere era assente dall’Italia. Confermato a novembre l’arrivo di un esemplare in Friuli Venezia Giulia

Prima di essere immortalato dalle fototrappole poste lungo il torrente Slizza, nei pressi di Tarvisio in Friuli Venezia Giulia, il castoro aveva disseminato qualche indizio che ha attirato l’attenzione dei ricercatori.

A fine ottobre alcuni cacciatori avevano infatti notato degli alberi visibilmente scortecciati e la segnalazione era stata confermata più tardi dal Corpo Forestale Regionale: anche gli ungulati sono soliti scortecciare gli alberi, ma qui i segni sembravano differenti, per questo si è deciso di passare la palla a Renato Pontarini, ricercatore del “Progetto Lince Italia”. Pontarini si è occupato di installare le fototrappole lungo il torrente Slizza e i suoi affluenti e, in poco tempo, è riuscito a ottenere le prove dell’arrivo di un individuo.

L’arrivo di Ponta, così è stato soprannominato il castoro, ha colto parzialmente di sorpresa gli stessi ricercatori. L’evento non era del tutto inaspettato, perché la popolazione di castori della Carinzia, nel sud dell’Austria, era da tempo in aumento. La specie è stata oggetto di progetti di protezione e reintroduzione in Scandinavia e in Europa centrale, nei decenni scorsi. Non ci si aspettava però che avvenisse in tempi così rapidi: Ponta ha percorso molti chilometri in poco tempo.

Era dal XVI secolo che non si avevano certezze della presenza del castoro in territorio italiano. A decretarne la scomparsa è stata la caccia indiscriminata operata già dai tempi dei romani, che di questo animale apprezzavano la pelliccia e il castoreum, un olio prodotto dalle sue ghiandole e utilizzato come base per profumi e medicine.

Pontarini si dimostra ottimista sul fatto che il castoro sia qui per restare, essendo scomparse le minacce che hanno portato all’estinzione in Italia. La notizia è positiva, anche perché le dighe che rendono famosa la specie contribuiscono a un miglioramento degli ecosistemi fluviali, con la creazione di piccoli bacini di acqua a scorrimento lento particolarmente ricchi di biodiversità.

Andrea Corti

Febbraio 2019

Articoli Correlati

Incontri, scambi, momenti formativi e ludici hanno arricchito la nuova edizione della...
Dal 21 giugno al 12 luglio torna il festival organizzato da Legambiente Bergamo che...
Il recente libro di Elena Granata evidenzia come le donne abbiano sempre maturato un...
Al Polaresco l’1 e il 2 giugno un fine settimana dedicato ad ambiente, natura e cura del...