feedFacebookTwitterlinkedinGoogle+

infoSOStenibile

Territori, località e comunità. Le parole del turismo sostenibile

Territori, località e comunità. Le parole del turismo sostenibile

Ne parliamo con Teresa Agovino, prima auditor italiana per enti internazionali Oggi il 70% del turismo mondiale è di massa

Porto la sostenibilità ovunque possibile. Parto da un bisogno di una comunità locale e costruisco un progetto sostenibile su misura per la popolazione e il territorio». Ingegnere ambientale e consulente di turismo sostenibile, nonché prima auditor italiana per enti di certificazione internazionali, Teresa Agovino supporta tour operator locali, strutture turistiche ed enti del turismo con l’obiettivo di ridurre l’impatto che i prodotti turistici generano sull’ambiente e le popolazioni locali e si occupa di ispezionare e rilasciare certificati di sostenibilità turistica a nome di organismi di certificazione riconosciuti a livello internazionale dalle Nazioni Unite, attraverso l’Organizzazione Mondiale del Turismo (UNWTO). Si definisce “artigiana della sostenibilità” e tramite formazione e consulenza, aiuta realtà e viaggiatori a rendere i propri spostamenti meno impattanti e più etici. Perché, dice, solo ponendosi delle domande sulle modalità di “fare turismo” è possibile provare a cambiare le cose.

Turismo di massa vs turismo sostenibile

Il turismo contribuisce al 10% del PIL mondiale. Attualmente, il 70% del turismo è di massa, cioè gestito da grandi tour operator che puntano sulla quantità piuttosto che sulla gestione etica e sostenibile dei flussi, con un conseguente enorme impatto ambientale. Il turismo sostenibile punta a invertire la tendenza, ponendosi in chiave rispettosa per le persone, gli animali e il pianeta.

Come cominciare, però? Il primo passo, spiega Teresa, sta nel supportare strutture locali, operatori del posto, le attività che non maltrattano gli animali, i tour operator che reinvestono in progetti di sviluppo locale, le agenzie che operano in modo etico nei confronti dell’ambiente. Ma anche comprare souvenir locali, non toccare le stelle marine o portar via la sabbia, mangiare cibo del posto ed evitare plastica monouso sono atteggiamenti che rendono un viaggio “sostenibile”, così come visitare una località fuori stagione, rispettare le tradizioni locali e optare per realtà etiche.

«Viaggiamo in modo sostenibile ogni volta che facciamo sì che i soldi spesi in viaggio alimentino e supportino l’economia del Paese ospitante, rendendo equo lo scambio con chi ci riceve», spiega Teresa. Come sapere però se quell’attività o quell’operatore è davvero sostenibile così come dichiara? Bella domanda, a cui però non è semplice rispondere. Da un lato vi è il problema del greenwashing: molte aziende, cavalcando l’onda del trend “sostenibilità”, si dichiarano “green” come strategia di marketing, pur non essendolo nei fatti. «Inoltre non esistono schemi internazionali di sostenibilità - aggiunge Teresa - il che rende impossibile per gli operatori accedere a certificazioni internazionali di sostenibilità turistica. Non vi è uno strumento univoco che consenta ai viaggiatori di scegliere in maniera coscienziosa e sicura. Quel tour operator ha assunto personale locale, lo paga in maniera etica, supporta attività meno impattanti sul territorio? Solo ponendoci alcune domande possiamo capire la sostenibilità del servizio».

Laura Zunica

Febbraio 2021

Articoli Correlati

Incontri, scambi, momenti formativi e ludici hanno arricchito la nuova edizione della...
Dal 21 giugno al 12 luglio torna il festival organizzato da Legambiente Bergamo che...
Il recente libro di Elena Granata evidenzia come le donne abbiano sempre maturato un...
Al Polaresco l’1 e il 2 giugno un fine settimana dedicato ad ambiente, natura e cura del...