Cosa fare per ridurre le probabilità di ammalarsi in inverno?
Come ogni anno l’autunno porta con sé i primi freddi e i primi malesseri che diventeranno comuni e frequenti durante l’inverno.
Nonostante il primo freddo produca alcuni sintomi da raffreddamento, questa è la parte dell’anno in cui si possono attuare le opportune strategie preventive volte a prepararsi al meglio all’inverno e ridurre il rischio di ammalarsi.
Se pensiamo al binomio prevenzione-malattie invernali, la prima cosa che viene immediatamente in mente è la vaccinazione antinfluenzale: questo però è riduttivo e apre un ambito - quello delle vaccinazioni - molto delicato e ampiamente dibattuto. Quando si parla di strategie preventive si fa riferimento però anche a differenti approcci, sia specifici sia aspecifici, per aumentare le difese immunitarie e abbassare la probabilità di contrarre malattie stagionali, siano esse di origine batterica o virale.
Malattie invernali... e prevenzione!
Tra le patologie invernali di origine virale, la più comune nonché la più invalidante è l’influenza, causata da una tipologia di virus ben definita. Essa si manifesta con sintomi quali febbre alta e forte senso di spossatezza.
Antipiretici, riposo e abbondante reidratazione sono, di fatto, gli unici approcci terapeutici necessari, perché l’influenza di per sé non provoca nessuna sintomatologia correlata. La vaccinazione antinfluenzale consente pertanto di ridurre l’incidenza solo di questo stato di malattia, non di tutte le patologie parainfluenzali non direttamente correlate o degli stati di raffreddamento, per non parlare delle patologie batteriche a carico dell’albero respiratorio.
È però logico che durante uno stato influenzale le difese immunitarie si abbassano, il corpo si debilita e il rischio di altre patologie aumenta: è in quest’ottica che va valutata l’opportunità di vaccinarsi. Un individuo con compromissione importante a livello cardiovascolare o respiratorio (pensiamo ai malati di BPCO, ovvero un BroncoPneumopatia cronica) può risentire non tanto dei due-tre giorni di febbre alta quanto di una potenziale infezione batterica che si presenti in seguito.
Si può quindi considerare l’opportunità di attuare una strategia mirata verso questo ambito di infezioni tramite i cosiddetti Lisati batterici, preparati ottenuti a partire da ceppi batterici responsabili delle malattie dell’albero respiratorio (Stafilococco, Streptococco, Klebsiella, Pseudomonas, ecc…), resi innocui ma mantenuti intatti nella struttura esterna responsabile del cosiddetto riconoscimento cellulare antigene-anticorpo.
Questi preparati vengono somministrati a persone che presentano una considerevole frequenza di recidive o reinfezioni durante l’anno (esempio tipico sono i bambini in età da scuola dell’infanzia) o a individui per i quali la malattia potrebbe comportare una seria compromissione generale (i malati cronici tra cui le categorie cui abbiamo fatto riferimento sopra o gli anziani): si somministrano in tre cicli di dieci giorni alternati a periodi di riposo di venti giorni, durante i quali si potrebbe, se del caso, supportare la terapia in atto con preparati multivitaminici o immunostimolanti di origine naturale ad azione del tutto aspecifica.
Tra questi preparati immunostimolanti aspecifici possiamo ricordare:
1. Vitamina C: antiossidante naturale per eccellenza;
2. Vitamine del gruppo B, soprattutto in associazione con Probiotici (fermenti lattici colonizzatori della flora batterica intestinale) e Prebiotici (nutrienti per far proliferare detta flora): la prima barriera di difesa dell’organismo è proprio l’intestino e la sua flora batterica;
3. Zinco: un microelemento essenziale nei processi di difesa;
4. Echinacea e Uncaria: due estratti di origine vegetale dalle spiccate e specifiche proprietà di immunostimolazione.
Scegliere una o più strategie difensive dipende dalle condizioni dell’individuo interessato, dalla sua storia riferita alle stagioni fredde precedenti, e anche dalle condizioni esterne, siano esse familiari (un neonato o un ammalato in casa potrebbero consigliare di far qualcosa per ridurre i rischi di contagio, e quindi la malattia di un componente familiare a stretto contatto) o di ordine pratico (un lavoratore autonomo che dipende solo da se stesso). Il medico e il farmacista possono come sempre fornire tutte le spiegazioni del caso e consigliare al meglio.
Dott. Michele Visini