Parla Enrico Caracciolo
«Provocatoriamente dico: speriamo che le forme di turismo sostenibile diventino di massa! Vorrebbe dire che si è verificato un cambiamento su ampia scala, e che quella che è ancora una tendenza minoritaria si è trasformata invece in un trend effettivo. Oggi, nonostante tutto, non è ancora così». Enrico Caracciolo è il direttore della rivista “Itinerari e Luoghi” specializzata in turismo lento, nonché fondatore di Viatoribus, realtà editoriale che si occupa di guide di viaggio e, negli ultimi mesi ha toccato con mano la grande contraddizione che gravita attorno ai temi del turismo consapevole.
Da un lato, infatti, la questione è molto sentita; dall'altro, invece, si tratta ancora di una pratica percepita come elitaria, che rischia di trasmettere la percezione per cui sostenibile uguale costoso e, di conseguenza, appannaggio di pochi. «Perché qualcosa sia sostenibile, deve esserlo sia per chi offre, sia per chi acquista. Vale anche per il turismo. Solo così può aprirsi a tutti e, quindi, cambiare davvero le cose».Il nodo principale che riguarda il turismo sostenibile, secondo Caracciolo, è quello del rapporto con le comunità locali che abitano i luoghi. «A prescindere dal Covid, che penso abbia semplicemente accelerato processi già in atto, il turismo consapevole e sostenibile è quello che non trasforma i luoghi in “luoghi di vendita del turismo”. È quello possibile laddove ci sia ancora una comunità che vive e abita quei luoghi. E attenzione! Non parlo di una comunità di ristoratori, albergatori e gestori di bed and breakfast, ma una comunità locale di uomini, donne e bambini che fruiscono il territorio in primis come abitanti e solamente in seconda battuta come fornitori di servizi anche per il turismo.
È questa la vera sfida del turismo del futuro. Solo così il turismo potrà essere davvero sostenibile e il viaggiatore cesserà di essere un numero tra migliaia di altri numeri per tornare a essere una persona in mezzo ad altre persone».