Il 70% delle colture agrarie di rilevanza mondiale dipende dagli impollinatori, oggi in pericolo a causa di inquinamento e monocolture
«Si stima che più di centomila varietà di piante scomparirebbero se le api non le visitassero»: così scrisse il poeta e scrittore belga Maurice Maeterlinck, premio Nobel per la letteratura nel 1911, nel suo celebre libro “La vita delle api”. Lo scrisse oltre un secolo fa, e oggi, a distanza di più di cent'anni, possiamo dire con certezza che non solo aveva ragione, ma che la sua stima era addirittura in difetto. L'importanza fondamentale degli insetti impollinatori – api in primis – per il mantenimento e la regolazione degli ecosistemi ormai è riconosciuta a tutti i livelli: in altre parole, senza api e pronubi vari, la vita sulla terra andrebbe a farsi benedire nel giro di pochissimo tempo. Eppure evidentemente non basta la consapevolezza, perché oggi – complici le scelte dell'agricoltura moderna intensiva, quali monoculture, utilizzo di fitofarmaci, fertilizzanti e pesticidi chimici, l'impoverimento degli habitat naturali – gli insetti impollinatori sono sempre più a rischio... E con essi, anche la nostra stessa possibilità di produrre cibo. Forse è il caso i pensarci e “riprogettare” il modo globale di concepire l'agricoltura?
L'impatto degli impollinatori sugli ecosistemi
Oltre alle api da miele e alle altre specie di api, tra gli impollinatori figurano anche specie di lepidotteri (come le farfalle), ditteri, coleotteri (come coccinelle o scarabei) e imenotteri (si pensi alle vespe). A essi si aggiungano anche altri invertebrati, quali acari o ragni, oltre che un migliaio di specie di vertebrati, quali pipistrelli (considerati i più attivi pronubi tra i mammiferi) o colibrì. Le api restano tuttavia i più famosi tra gli insetti impollinatori, anche grazie alle numerose campagne per la loro salvaguardia messe in campo negli ultimi anni. Tra selvatiche e domesticate, sono responsabili di circa il 70% dell'impollinazione di tutte le specie vegetali sul pianeta e assicurano indicativamente il 35% della produzione mondiale di cibo: se si considerano invece gli Apoidi nel loro complesso – parlando quindi di oltre 20mila specie conosciute al mondo – essi visitano all'incirca il 90% dei principali tipi di colture. Secondo i dati riportati dall'ISPRA, in media l'87,5% di tutte le piante selvatiche in fiore al mondo sono legate agli insetti impollinatori (un dato che varia dal 94% nelle comunità vegetali tropicali al 78% di quelle delle aree temperate), così come il 70% delle 115 colture agrarie di rilevanza mondiale e l'80% delle 264 specie coltivate in Europa.
L'essere umano dipende drasticamente dal mondo vegetale per la produzione di cibo, foraggio per il bestiame, ma anche medicine e materiali a tutto tondo, e di conseguenza è strettamente legato alla salute degli insetti impollinatori... Anche sotto il profilo economico. Secondo uno studio di Lautenbach (2012), il valore complessivo fornito dall'impollinazione per la produzione alimentare del pianeta è stimato in 351 miliardi di dollari, mentre secondo il Terzo Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia (Comitato Capitale Naturale, 2019) il valore economico del servizio di impollinazione delle aree agricole nel nostro Paese corrisponde a circa 2 miliardi di euro l'anno. A ciò si aggiunga un dato: il ruolo degli insetti per gli ecosistemi non riguarda soltanto l'impollinazione, ma anche il controllo biologico per risolvere i problemi dei parassiti delle colture. La biodiversità diventa quindi un'arma utilissima ed efficace per contrastare le problematiche colturali.
I numeri dell'apicoltura in Italia e nel mondo
La sensibilità al tema “insetti impollinatori e ambiente” è andata acuendosi negli ultimi anni, e questo è senza dubbio un dato positivo. Cresce la consapevolezza dell'interdipendenza degli ecosistemi e della necessità di preservare fragili equilibri e cresce l'attenzione verso un mondo – quello degli insetti pronubi in generale e delle api in particolare – che attualmente versa in stato di forte difficoltà e richiede una presa di coscienza su più livelli.
L'apicoltura oggi è una delle attività più colpite dagli effetti dei cambiamenti climatici, dall'erosione del suolo agrario e dalla presenza nell'ambiente di pesticidi e agenti chimici: le stime 2019 della FAO parlano del 37% delle api mondiali in pericolo.Ciononostante, i numeri sono incoraggianti.
Sempre secondo la FAO, la produzione mondiale di miele ha avuto negli ultimi dieci anni una crescita del 23%, concentrandosi prevalentemente in Asia, Europa e Americhe. L'Europa sarebbe tuttavia il continente con una densità maggiore di alveari (2,8 alveari per kmq) e il secondo produttore mondiale. Se invece guardiamo al nostro Paese, secondo i dati FAI – Federazione Apicoltori Italiani, l'Italia è al quarto posto europeo per numero di colonie apiarie dopo Spagna, Romania e Polonia, con un valore ecosistemico di 150 milioni di euro (in crescita). Secondo l'Anagrafe Nazionale Zootecnica, con dati aggiornati al gennaio 2021, in Italia sono registrati oltre 153mila apiari (luoghi in cui vengono sistemati gli alveari) tra stanziali (53%) e nomadi (44%), per un totale di oltre 63mila attività di apicoltura concentrate soprattutto in Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna.
Gli alveari sono oltre un milione e mezzo e gli sciami – cioè le colonie non ancora produttive – oltre 270mila. Tutti gli studi, tuttavia, dimostrano un dato comune: che i numeri sono in costante aumento, sia tra gli apicoltori professionisti (cioè con partita IVA che producono per il mercato, il 32% secondo i dati della Banca Dati Apistica aggiornati al 2019) sia tra gli amatori (cioè che producono per autoconsumo, 68%). Dal 2018 al 2019, ad esempio, è stato registrato un aumento pari al 41% nel numero di alveari registrati nel nostro Paese.
Difficile dire se questo basterà, sul lungo periodo, ad arrestare il declino degli impollinatori: ma certamente può e potrà essere la spinta motrice per una sempre maggiore consapevolezza sul problema.
Erica Balduzzi
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Se avete un giardino, evitate il “prato all'inglese” e favorite invece un prato misto, naturale, come quelli selvatici: la varietà di specie vegetali e di fiori sarà un piccolo “pit-stop” graditissimo alle api e agli impollinatori, che avranno di che nutrirsi.
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Anche se avete solo un balcone o un terrazzo potete aiutare gli impollinatori. Come? Piantando nei vasi i cosiddetti “fiori amici delle api”, come tarassaco, calendula, lavanda, borragine, facelia...
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Per chi ha la fortuna di avere un orto, scegliere un'orticoltura naturale e sinergica è non solo un valido aiuto (gli ortaggi sono più buoni e sani!), ma anche un'occasione per contribuire al sostentamento degli impollinatori. Provate ad esempio ad alternare agli ortaggi file di fiori quali tagete o calendula: le api vi ringrazieranno... E anche le verdure!
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Gran parte del potere del singolo passa attraverso i suoi acquisti: provate a comprare il più possibile frutta e verdura da agricoltura naturale e biologica, attenta alla filiera e al mantenimento degli ecosistemi, sostenendo così l'azione benefica di queste realtà!