Il Centro Studi SDL si batte da sempre sulla questione del Signoraggio Bancario. Per quanto le conoscenze sul tema possano essere frammentarie o non molto chiare, qui di seguito, diamo la nostra spiegazione del fenomeno in questione. Per farlo dobbiamo entrare in confidenza con alcuni degli elementi che lo vanno a generare.
Innanzitutto occorre fare una distinzione riguardo alla definizione del valore della moneta.
Essa infatti ha sia un valore nominale, espresso dal numero stampato sopra (5,10,20,50, 100, 500); sia un valore intrinseco, rappresentato dal costo di stampa o coniatura. Poi si devono definire gli attori che sono coinvolti nella interazione economica e il risultato finale che si genera. Il primo attore è la Banca d’Italia, che è titolata dallo stesso Stato all’emissione di denaro in regime di monopolio. Il secondo è lo Stato, che prende in “prestito” la moneta in cambio di titoli di Stato (es. Bot, Cct, ecc.). Dunque la Banca Centrale stampa la moneta e la “presta” allo Stato e alle altre banche, in cambio del monopolio assicurato. In origine, la quantità di moneta in circolazione dipendeva dalle riserve d’oro. Oggi invece la produzione di denaro è completamente slegata dalla ricchezza posseduta. Dunque non esiste una parità reale tra ricchezza e moneta, in un rapporto 1:1.
Quando lo Stato ha bisogno di denaro, prende in prestito la moneta che la Banca Centrale stampa, in cambio di titoli di Stato, detti anche moneta-debito, dei “pagherò” con scadenza, alimentando in continuazione il meccanismo di creazione del debito pubblico. La Banca Centrale proprietaria di questi titoli, decide di venderli alle banche e ai risparmiatori. In qualunque caso, alla scadenza, lo Stato dovrà dare al possessore dei titoli il capitale più una percentuale di interessi (per esempio il 2,5%).
Lo Stato per essere pronto a ripagare anche gli interessi, è indotta ad aumenta le tasse ai cittadini, mentre contemporaneamente aumenta il debito pubblico, anno dopo anno. La Banca Centrale si comporta dunque come se la moneta fosse di sua proprietà all’atto dell’emissione, come se ci fosse ancora una riserva a cui attinge per creare denaro. Questa distorsione genera il signoraggio bancario, ossia il reddito che percepisce chi emette moneta, dato dalla differenza tra il valore nominale della moneta (vale a dire cosa c’è scritto sopra) e il suo valore intrinseco (cioè il costo di coniatura o di stampa).
Convegno alla Borsa Merci. Primo rapporto nazionale ”L’usura della banca e nella banca”
IIl 6 maggio 2015 Confapi e Fondazione SDL nella sala convegni della Borsa Merci in Piazza Risorgimento ad Arezzo hanno presentato il primo rapporto nazionale sull’usura praticata dalle banche.
A esporre i dati Massimo Maria Amorosini, Direttore Generale di Confapi. La società di consulenza e assistenza alle imprese e ai soggetti privati, SDL Centro Studi, ha generato un flusso di dati costante e di notevole ampiezza su un fenomeno ancora troppo sconosciuto in Italia: le illegalità nei rapporti tra alcuni operatori bancari, parabancari, mediatori creditizi, finanziari e molti imprenditori, privati consumatori e famiglie. Il complesso delle analisi preliminari effettuate finora è stato di 170.222 ed è stato analizzato per valutare alcune previsioni di scenario.
Dagli studi è emerso un fenomeno imponente e devastante sotto il profilo dell’etica della convivenza civile, fenomeno deviante tuttora sconosciuto tanto all’opinione pubblica quanto alle istituzioni deputate a garantire e a tutelare i valori di rilievo costituzionale, quali la libertà d’impresa, il risparmio, la famiglia.
Sul campione analizzato, ad esempio, il 99% dei Conti Correnti presentano anomalie, il 71% presenta usura (ex art. 644 c.p. - tassi di interesse superiori alla soglia di usura). In estrema sintesi la crisi finanziaria ed economica, mentre provoca sofferenza nelle famiglie e nelle imprese, mette in moto inaccettabili comportamenti di “business sulle difficoltà”, con aggressioni al patrimonio industriale, artigianale, agricolo e dei servizi, che al contrario connota il tradizionale corpo produttivo del nostro Paese.
Tribunale di Enna. Sentenza del 12.01.2015
La sentenza pronunciata dal Tribunale di Enna in data 12 gennaio 2015 dilata uno squarcio da tempo già aperto nel panorama giuridico sulla vexata quaestio dell’usura perpetrata dagli istituti di credito attraverso contratti di finanziamento che registrano l’applicazione di tassi di interesse al di sopra del limite fissato dalla legge. La sentenza n. 25/2015 emessa a seguito di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si snoda attraverso tre passaggi fondamentali nella normativa anti-usura:
Il primo sancisce che la natura usuraria dei tassi di interesse va determinata in riferimento al momento della convenzione e non a quello della dazione;
Il secondo stabilisce che ai fini del calcolo del TEG, tasso effettivo globale, rientrano tutte le remunerazioni che a qualunque titolo incidono sul costo del finanziamento, fatta eccezione di imposte e tasse.
Infine il terzo e ultimo aspetto della pronuncia in esame che rappresenta il coronamento logico, la “ratio legis”, è dato dall’applicazione dell’art.1815 comma 2 c.c., come riformato dalla legge 108/96: “Se sono convenuti interessi usurari [c.p. 644, 649], la clausola è nulla e non sono dovuti interessi [c.c. 1339, 1419].”
Riemerge il fil rouge che percorre tutto l’iter normativo, ossia la tutela voluta dal legislatore contro il reato di usura, che in sede civile trova nell’elemento sanzionatorio della nullità della clausola determinativa di interessi usurari piena espressione di garantismo degli interessi primari sottesi all’accesso del credito.