feedFacebookTwitterlinkedinGoogle+

infoSOStenibile

Plastica tra compostaggio e biodegradazione

Molta confusione sotto il cielo delle diciture compostabile e biodegradabile, in ogni caso meglio usarne meno possibile

In occasione del mese dedicato alla sensibilizzazione su un uso responsabile della plastica (Plastic Free July) è opportuno fare chiarezza sui vari tipi di plastica di cui sempre più spesso si parla, ma in relazione ai quali c’è grande confusione, come la plastica biodegradabile e compostabile. Spesso capita di leggere che quando si definisce un materiale biodegradabile significa “che si biodegrada al 90% in 6 mesi”. Non è esattamente così: questa è una indicazione approssimativa. Così come spesso si legge che se un materiale è compostabile è anche biodegradabile: questa è una informazione falsa. Così come non è sempre detto che un materiale biodegradabile sia anche compostabile (in un impianto di compostaggio industriale). Un materiale “biodegradabile e compostabile” spesso non è biodegradabile (in tempi ragionevoli) in condizioni che siano diverse rispetto a quelle di un impianto dedicato al compostaggio industriale: ad esempio, pensiamo a un sacchetto in bioplastica, certo non si biodegraderà se lo abbandoniamo in un bosco.

Con il termine biodegradazione ci si riferisce alla scomposizione di un materiale nei propri elementi costituenti (acqua, co2…) grazie all’azione di microrganismi, acqua sole e ossidazione. Il significato non è riportato all’interno di alcuna normativa europea, poiché non esistono materiali totalmente biodegradabili in qualsiasi condizione: ciascuna situazione ambientale, determina tempi differenti affinché questo processo avvenga. Proprio in virtù di questo, la scritta “biodegradabile” su un imballaggio, lascia il tempo che trova. Un materiale, invece, è compostabile quando si biodegrada a specifiche condizioni di pressione ossigeno, temperatura e umidità ben precise e definite, proprie di un compost industriale. Ai sensi di legge è compostabile quel materiale che rispetta tutte le regole dello standard UNI EN 13432:2002. Se tali requisiti non sono rispettati, è vietato ai sensi del TUA (Testo Unico Ambientale) scrivere “compostabile” su un packaging. Infine, anche per i materiali su cui è riportata la dicitura “biodegradabile e compostabile” non è detto che possa venire conferito nell’umido: ciò dipende dalle regole del proprio Comune di residenza.

E’ un momento storico in cui ci stiamo rendendo conto di quanto possa essere dannoso usare la plastica a titolo monouso: si tratta di un materiale utile ed essenziale per il progresso dell’umanità, ma di cui facciamo un uso sconsiderato. Usiamo come monouso un materiale che di fatto è destinato a durare per sempre. In questo contesto, la confusione aumenta inesorabilmente tra diciture “compostabile e biodegradabile” che è necessario conoscere appieno per poter fare scelte consapevoli. In questi casi, vien da pensare, forse la scelta più ecosostenibile sarebbe quella di preferire materiali alternativi come cartone, latta e vetro e - per chi ne avesse la possibilità - lo sfuso.

Interessanti approfondimenti sul tema si possono leggere nel libro Plastica Addio di Elisa Nicoli e Chiara Spadaro.

Laura Zunica

Giugno 2022

Articoli Correlati

Esposizione di bastoni da passeggio, abiti e accessori originali dell’800. A Martinengo,...
Agire per una maggiore indipendenza delle nostre vite “dal sistema” si può. Persino...
Dopo Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura, il CSV lancia la piattaforma faxte...
Dall’autofinanziamento alla conoscenza, dall’incontro alle proposte. Tre tappe per un...