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Peter Pan

Peter Pan

Il bambino (dentro ognuno di noi) che voleva vincere il tempo

Se doveste chiedermi dove nasce questa storia, vi direi di chiudere gli occhi e immaginare il cielo stellato. Poi, senza fare rumore, fermerei l’inesorabile ticchettio dell’orologio, macchina irrefrenabile, monito della precarietà di tutte le cose. Vi cospargerei con un po’ di polvere di fate sopra il capo e aprendo la finestra vi porterei con me. Dove? Beh, è presto detto, all’Isola che non c’è, seconda stella a destra e poi dritti fino al mattino.

È dalla penna e dai pensieri dello scrittore scozzese James Matthew Barrie che si delinea, nel 1902, la sagoma dell’eterno bambino Peter Pan. Fantasia, estro o forse il vano tentativo di rendere immortale la caducità della vita umana? Ciò che di certo sappiamo è che la storia originale del piccolo Peter nasce nel romanzo “L’uccellino bianco”, dove la sua forma non è quella di un ragazzino ma di un neonato di appena sette giorni. Un piccolo bebè scappato dalla sua casa per giocare, volare e raccontare storie nei pressi di un parco di Londra circondato da fate e animali. Fu solo nel romanzo “Peter Pan nei giardini di Kensington”, nato dal seguito di due opere teatrali, che il neonato prese invece le sembianze di un preadolescente.

Le stesse sembianze che Walt Disney traspose cinematograficamente con buona capacità prima nel 1953 e poi nel 2002, avvicinando così i più piccoli a un racconto dai tratti mai ben definiti. La storia è quella di una piccola famiglia che vive nel cuore di Londra. Un padre, una mamma, un cane San Bernardo e tre figli: Wendy, la sorellina più grande, e i due piccoli Gianni e Michele. Sono proprio i tre ragazzini a incontrare Peter per la prima volta, raccontandolo ai genitori troppo adulti per poter accogliere la stramberia di un ragazzo che vola. Peter, apparentemente scomparso, tornerà invece per recuperare la sua ombra, portando questa seconda volta i suoi amici verso l’Isola che non c’è, luogo di mirabolanti avventure fra pirati, sirene e indiani.

Peter rappresenta l’irresponsabilità, la fuga, il tentativo di non affrontare la vita perché troppo difficile o noiosa. Nella sua dimensione positiva, simboleggia l’allegria, la spensieratezza e la fantasia. Il potere dell’immaginazione, i pensieri felici e lo scardinamento delle regole tipiche della società adulta.

Un insegnamento all’adulto, che come esortano anche il Piccolo Principe di Saint-Exupéry o il Fanciullino di Pascoli, mai deve dimenticarsi del suo sé più puro e infantile. Una lezione al bambino, all’adolescente e all’essere umano in generale, che nonostante possa temere il suo crescere, non può rinunciare al continuo sviluppo e all’accettazione della provvisoria presenza su questo pianeta. Ed è proprio da queste considerazioni che un certo tipo di condotta viene definita come sindrome di Peter Pan. Quella caratterizzata dal non voler o saper crescere, dal non darsi regole, dall’incapacità di comprendere i passaggi necessari al proprio sviluppo, necessario al raggiungimento della saggezza.

Hook è invece il capitano, oscuro nella presenza così come nei comportamenti. Capace di uccidere persino i suoi marinai qualora lo infastidissero. Il suo carattere, di ferro, si sgretola però improvvisamente dinanzi al ticchettio dell’orologio che annuncia, inarrestabile, il coccodrillo che da anni lo insegue. Paura dell’animale o presagio del tempo che lo rincorre come l’evento sino ad allora scampato ma ineluttabile e prima o poi capace di prenderselo? E poi c’è l’isola, quella che non c’è. Forse proprio a designare un luogo altro capace di offrirci un rifugio quando crescere è troppo faticoso. Un luogo sacro, raggiungibile solo volando, perché solo con i piedi sollevati da terra e la fantasia in poppa ci è dato, talvolta, di soggiornare in quel luogo felice dove il tempo si ferma e anche noi, come il piccolo Peter, possiamo dimenticarci che un giorno, tutto questo, forse non ci sarà più.

Alessandro Fortis

Fondatore e coordinatore dell’équipe TheClew

Aprile 2018

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