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Parigi 2015. Ultima chiamata per il clima

Parigi 2015. Ultima chiamata per il clima

Un vertice sul clima per combattere il riscaldamento globale. In gioco il futuro dell’umanità

Da quando la comunità internazionale ha dato per certa la correlazione tra le emissioni inquinanti generate dalle attività umane e l’innalzamento della temperatura sul pianeta è stato un susseguirsi di vertici, summit, forum per trovare un’intesa globale sulla riduzione dei gas serra, che spesso si sono risolti in un nulla di fatto.

Il prossimo appuntamento sarà la XXI Conferenza delle Parti, COP 21, della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, l’Unfccc, che si terrà a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre.

L’ambizioso obiettivo della Conferenza di Parigi è quello di formalizzare, dopo oltre 20 anni di mediazioni, un accordo vincolante, universale e condiviso sul clima, sottoscritto da tutte le nazioni.

Che cos’è la Cop 21

Nel 1988 l’Organizzazione meteorologica mondiale e il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente istituirono un Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico, l’IPCC, incaricato di analizzare cause e conseguenze del cambiamento climatico.

Il primo Rapporto di valutazione dell’IPCC, pubblicato nel 1990, divenne la base scientifica per la prima conferenza mondiale sull’ambiente, il Summit di Rio del 1992, durante il quale venne approvata la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che prevedeva aggiornamenti periodici tra gli Stati.

Da allora i governi si sono incontrati annualmente in una Conferenza delle Parti, detta appunto COP, per combattere il riscaldamento globale. La Cop 21 è da tanti considerata l’ultima occasione per dare una svolta concreta alla lotta ai cambiamenti climatici, prima che sia troppo tardi.

Tra i temi principali e più controversi alla base della bozza di lavoro della Cop 21ci sono gli impegni che i governi dovranno prendere per limitare le emissioni e i fondi che i paesi ricchi dovrebbero stanziare in aiuti ai paesi poveri, i più colpiti dal cambiamento climatico.

Interessi nazionali e necessità globali

Il principio di «responsabilità comune ma differenziata» stabilito dalla Convenzione del 1992 continua a generare attriti fra le potenze e a frenare i negoziati.

Mentre i Paesi ricchi insistono sul fatto che diverse nazioni considerate in via di sviluppo siano ormai grandi potenze economiche e di conseguenza grandi inquinatrici, potenze come Cina e India continuano a nascondersi dietro l’etichetta di Paese in via di sviluppo. Tuttavia anche Europa e Usa sono lontani dal raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni e di limitazione dello sfruttamento dei combustibili fossili e la rivoluzione delle energie alternative sembra ancora lontana.

Come se non bastasse, 49 dei 195 Paesi partecipanti alla Conferenza di Parigi non hanno presentato i propri piani e progetti per la riduzione delle emissioni.

Se da un lato Paesi come Iran e Arabia Saudita, grandi produttori di petrolio, ma anche Canada, Australia, Russia, Giappone e Turchia si dimostrano assolutamente indifferenti alla questione, altri Paesi, come quelli scandinavi, hanno già superato gli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti.

La stessa Unione europea ha raggiunto e superato, con 5 anni di anticipo, i target di riduzione delle emissioni fissati per il 2020, con un calo dei gas serra del 23% rispetto ai livelli del 1990.

L’Ue potrebbe dunque raggiungere una riduzione del 25% entro il 2020, nonostante la crescita delle emissioni nel settore dei trasporti e il ritardo di alcuni Paesi come Belgio, Irlanda, Lussemburgo e Austria che mancheranno sicuramente il target del 20% fissato al 2020.

Cosa aspettarsi dalla Cop 21

«È la ventunesima volta che i Paesi del mondo si incontrano per trovare una soluzione ai cambiamenti climatici, ma questa è l’ultima chiamata, non ci potrà essere una Cop 22, se non per migliorare le soluzioni trovate a Parigi».

Sono le parole pronunciate dal ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti che, intervenendo ad Expo lo scorso 10 ottobre, ha dichiarato: «sono fiducioso su Cop 21. Vado a Parigi determinato a trovare un accordo, sapendo che Parigi può anche fallire. Chiedo quindi a tutti di tenere alta l’attenzione su questo tema».

Le aspettative sono dunque alte, ma le speranze di arrivare ad un accordo determinante e vincolante per tutti i Paesi sono realisticamente basse. Anche se a Parigi saranno presenti Usa e Cina - i grandi assenti del protocollo di Kyoto, che lo scorso novembre hanno siglato un primo accordo sul clima - sulla Conferenza pesano già le parole del Presidente Usa Barack Obama, che ha messo le mani avanti circa la difficoltà di far accettare dal Congresso americano qualsiasi accordo di tipo vincolante sulle emissioni.

Così, mentre con queste basi instabili ci si prepara all’ennesima conferenza sul clima, diversi studi hanno già dimostrato che i contributi per la riduzione delle emissioni presentati in ambito Onu non impediranno un aumento delle temperature pari a 2,7 - 3,5 °C entro fine secolo, mentre l’obiettivo dei 2 °C è ancora lontano.

Arianna Corti

Novembre 2015

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