Brescia: l’operazione ha portato all’arresto di 13 persone e alla confisca di capi di abbigliamento contraffatti e dei macchinari utilizzati
Da un'indagine nell'ambito della lotta alla contraffazione a un progetto virtuoso di condivisione e riuso: è quanto è successo a Brescia lo scorso mese di dicembre, quando è stata ufficializzata la donazione in beneficenza delle macchine da cucire sequestrate nel corso dell'indagine alla cooperativa sociale Cauto.
I macchinari, inizialmente utilizzati per la realizzazione di capi di abbigliamento contraffatti, sono diventati così occasione concreta di legalità e prossimità.
Dalla contraffazione alla beneficenza e riuso
Ma andiamo con ordine. Nei mesi scorsi la Guardia di Finanza e la Polizia locale di Brescia, coordinate dalla procura, hanno portato avanti una lunga e complessa indagine nell’ambito della lotta alla contraffazione dei marchi d’autore e hanno disposto il sequestro di oltre duecento capi di abbigliamento e dei macchinari per la loro realizzazione. Sono finite a processo, con condanna, tredici persone.
L’epilogo ha avuto però un risvolto virtuoso: la donazione cioè delle macchine da cucire alla cooperativa sociale Cauto, formalizzata lo scorso mese di dicembre con una cerimonia presso la sede della Rete Cauto alla presenza del Presidente del Tribunale di Brescia Vittorio Masia e del Colonnello della Guardia di Finanza Russo. Proprio a seguito della sentenza definitiva, infatti, il comando provinciale delle Fiamme Gialle aveva richiesto al Tribunale di Brescia la possibilità di disporre per i macchinari la donazione a scopo benefico. Cauto ha ricevuto i beni con il duplice obiettivo di averne cura attraverso la manutenzione e di ripristinarli per destinarli a scopo benefico, consentendo a enti e associazioni di poter contare su macchinari domestici o industriali per la lavorazione sartoriale.
Il Presidente Alessandro Zani e il Direttore Generale della cooperativa sociale Cauto, Michele Pasinetti, hanno manifestato espressamente «l’onore di ricevere i beni sequestrati al circuito dell’illegalità per proseguire in un’azione di solidarietà e lotta agli sprechi, dando nuovo senso alle cose e alle persone.
Con particolare entusiasmo di cittadini e di cooperatori impegnati da sempre in azioni di economia del bene comune e di prossimità, crediamo sia inestimabile il valore della trasparenza su operazioni che non solo hanno il pregio di contrastare le derive criminali, ma che restituiscono quanto sottratto dalla criminalità, alla comunità, in particolare alle persone che quelle cose fruiranno sotto forma di lavoro, e a cui difficilmente potrebbero, altrimenti, avere accesso».
Il Presidente del Tribunale Vittorio Masia ha sottolineato «il valore simbolico di questa operazione» e il Colonnello Russo ha ribadito che «la restituzione di questi beni alla collettività è una delle priorità istituzionali della Guardia di Finanza».
Nuova vita per i beni confiscati
Il rilievo della società civile nell’ambito più ampio del modello di confisca adottato in Italia emerge con chiarezza anche dal rapporto conclusivo del progetto "SOS Legalità" di Unioncamere, che sottolinea come movimenti territoriali, associazioni, giornalisti e comuni cittadini siano sempre più impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, ribaltandone gli effetti proprio attraverso la confisca di beni per fini sociali.
Lo stesso studio non manca di portare a evidenza i punti deboli del sistema italiano, tra cui i tempi dei procedimenti giudiziari troppo lunghi che comportano inutilizzo e deterioramento nel caso di beni, inattività nel caso di imprese confiscate. I fattori positivi legati alla confisca - rappresentato dal riutilizzo dei beni a fini sociali e l’incidenza notevole che tali beni hanno sull’economia italiana e sul sistema produttivo del Paese - sono stati considerati dalle politiche di coesione che nel corso degli anni si sono orientate proprio al rafforzamento delle buone pratiche di antimafia sociale, realizzate da quando è entrata in vigore la legge n. 109/96 sul riutilizzo per finalità istituzionali e sociali dei beni confiscati.
Lo studio evidenzia come numerosi beni, mobili, immobili e aziendali sottratti alla criminalità organizzata possono considerarsi risorse da valorizzare negli strumenti di programmazione e attuazione delle politiche di welfare e di inclusione sociale, di promozione cooperativa e di imprenditorialità giovanile, di tutela del lavoro e di sviluppo turistico, agroalimentare, artigianale, commerciale e industriale.
Occorre dunque ricollocare la sinergia virtuosa che ha interessato la Cooperativa Sociale Cauto e le Fiamme Gialle di Brescia nell’ambito del tema più ampio del riutilizzo sociale dei beni confiscati, in un’ottica di sviluppo comunitario in termini di occupazione, d’inclusione sociale, di miglioramento della qualità della vita e di partecipazione democratica. La diffusione e l’attuazione dei progetti per la valorizzazione dei beni confiscati possono infatti contribuire al rafforzamento delle politiche di coesione sociale, di lavoro per i giovani e di sviluppo di reti relazionali, attraverso il metodo del partenariato pubblico privato.