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Le 50 (maledette) primavere!

donna

Un film racconta con leggerezza la delicata fase della menopausa. E invita a non arrendersi alle difficoltà e al tempo che passa

Arriva un giorno in cui una donna si sente improvvisamente “vecchia”. Un giorno in cui l’amore sfiorisce, i figli sono grandi, il corpo è una pentola a pressione pronta a scoppiare in ogni istante. Un giorno in cui diventa invisibile al mondo e persino le porte automatiche al supermercato non si aprono quando arriva lei. È quello che capita a Aurore (che ha il volto e la voce di Agnès Jaoui), protagonista del film “50 primavere” di Blandine Lenoir, attrice e cineasta che di anni ne ha 45 ma è bravissima a raccontare, con ironia e delicatezza, il tema della menopausa (e molto di più).

Invecchiare o rinascere?

Aurore è arrivata ai suoi cinquanta piuttosto provata: nel fisico - in preda a vampate di calore e sbalzi di umore continui - e nell’esperienza del matrimonio, che è affondato nel divorzio e le ha lasciato due figlie ormai grandi (una sta per diventare a sua volta mamma, l’altra è pronta a sacrificare tutto per seguire il fidanzato all’estero). Ma non è tutto, perché la protagonista si ritrova improvvisamente disoccupata, alle prese con colloqui estenuati, capi assurdi, lavoretti trovati e subito persi. «Voi bianchi scoprite la discriminazione solo invecchiando», le dice con disarmante lucidità una collega straniera, che aggiunge poi la sua ricetta per un mondo migliore: «Bisogna identificare le oppressioni di vario genere e fare fronte comune per l’uguaglianza».

Un invito che Aurore fa suo. Senza enfatizzare i problemi in chiave femminista o demonizzare “il maschio”, si appoggia a se stessa, alla migliore amica, alle figlie. E finisce per trovare lavoro e conforto in una comune solidale di donne, che hanno messo insieme soldi e affetti per non vivere da sole. Proprio qui una saggia e ancora arzilla signora le consiglia di lasciarsi alla spalle «l’idea di non essere più produttiva sessualmente» e di continuare a vivere con coraggio. Inizia così una rinascita che la porterà a una nuova consapevolezza e addirittura all’amore.

Un'età senza raffigurazione

«Il film affronta un cambiamento importante che riguarda prima o poi tutte le donne, un cambiamento di cui ancora si parla pochissimo - ha spiegato l’attrice Agnès Jaoui -. L’enormità di questa fase si percepisce in ogni cosa», in primis nello sguardo degli uomini ma in generale in quello di tutta la società. 

«Spesso - prosegue - mi arrivano sceneggiature in cui l'età del mio personaggio è 49 anni, quasi si avesse paura anche solo a scrivere un numero in più». Concorde anche la regista, che ha rivelato come l’idea del film sia nata proprio dalla sua esperienza personale: «Mi avvicinavo ai quarant'anni con grande ansia, senza capire la ragione per cui avevo così tanta paura di invecchiare dal momento che i miei amici maschi non condividevano la mia inquietudine. Nel giro di breve tempo, mi sono resa conto che le donne sulla cinquantina non sono affatto rappresentate nel cinema.

Come si fa a desiderare di raggiungere un'età che non trova una raffigurazione? Ho avuto voglia di rendere loro omaggio, di far nascere in loro – e in me stessa – il desiderio di invecchiare». Al desiderio di invecchiare, nel film, si aggiunge l’invito a non arrendersi, anche quando le sfide e i contesti cambiano. Perché, come racconta questo ritratto a 360° gradi della vita femminile, ogni nuova fase, che sia la maternità o la menopausa, la perdita del lavoro o di un amore, mette in crisi. Solo facendo fronte comune, affidandosi a chi ci è già passato e credendo in se stessi si può affrontare quella “maledetta primavera”. E sperare così “di innamorarsi ancora”.

Michela Offredi

Febbraio 2019

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