Il futuro delle progettualità passa attraverso la sostenibilità
Il Festival dell’Ambiente di Bergamo è stata la cornice ideale per un convegno organizzato in collaborazione con l’Ordine degli Architetti di Bergamo presso la Sala Galmozzi di via Tasso, venerdì 18 maggio. Coniugare le esigenze ambientali e le attività umane diviene sempre più necessario e gli architetti del futuro non potranno prescindere da queste considerazioni. Questo il messaggio rivolto ai presenti da Gianpaolo Gritti, presidente dell’Ordine di Bergamo, mentre per conto dell’amministrazione comunale era presente l’assessore all’ambiente Leyla Ciagà, che ha sottolineato l’esigenza di un salto di qualità nella progettazione, avendo un occhio di riguardo per l’impatto delle infrastrutture sull’ambiente circostante.
Studi aperti e… scoperti
Nel corso dell’incontro si sono illustrate le potenzialità del progetto “Open! Studi Aperti”, svolto in tutta Italia in concomitanza con il weekend del Festival dell’Ambiente. Alessandra Ferrari, coordinatrice nazionale dell’iniziativa, nata quattro anni fa proprio a Bergamo, ha snocciolato qualche dato in merito: dopo essere partito da zero, il progetto nel 2018 è arrivato a coinvolgere ben 739 studi in tutta Italia, aperti al pubblico per far conoscere le professionalità che quotidianamente si adoperano per tradurre in realtà i desideri della committenza, dando così forma ai luoghi della nostra quotidianità. Gli architetti dimostrano pertanto di aver compreso l’importanza di aprire fisicamente i propri studi alla gente e in definitiva, di fare comunità.
Clima e uomo: una simbiosi millenaria
Le influenze dell’ambiente sull’architettura sono state illustrate da Marco Bovati, professore del dipartimento di Architettura e Studi Urbani presso il Politecnico di Milano. Per l’occasione, il docente ha presentato il suo libro dal titolo: “Il clima come fondamento del progetto”, edito da Marinotti.
Perché il clima? In che modo è correlato agli spazi della nostra vita? «La prima forma di abitazione è stata il focolare: esso costituisce un’isola di luce dove l’uomo trova riparo», ha esordito Bovati. «Da quel momento abbiamo iniziato a modificare l’ambiente, è inevitabile. Il punto è: come lo modifichiamo?».
Gli architetti devono porsi questa domanda quando iniziano a progettare: natura, arte e architettura sono un tutt’uno. E il clima è un fondamento tra queste istanze. In certi casi è la natura a influenzare l’uomo, come ad esempio nelle città dell’Algeria, le cui strade sono molto strette e tortuose per poter preservare la poca umidità esistente. In Tunisia o – senza andare troppo lontano da casa, a Matera – le abitazioni sono ipogee, ovvero scavate nella roccia: si tratta di costruzioni che mantengono per tutto l’anno una temperatura attorno ai 9°/10° C, ideale sia per ripararsi dalle rigide temperature invernali sia per sfuggire alla forte calura estiva tipica di quei luoghi.
In Papuasia, invece, le dimore vengono erette su lunghe palizzate che le proteggono dalle frequenti inondazioni e i tetti sono spioventi per via delle forti piogge. Questi sono solo alcuni esempi che danno l’idea del rapporto esistente tra uomo e natura, tra edifici e ambiente. Il libro contiene anche un’intervista rilasciata all’autore dall’architetto austriaco Georg W. Reinberg, un professionista attento all’architettura come fattore estetico.
Una classe di esploratori
Il convegno si è concluso con gli studenti della classe 3°I dell’Istituto Federici di Trescore che hanno effettuato la presentazione di un ambizioso progetto di Alternanza Scuola-Lavoro, nel quale hanno studiato e approfondito il complesso monumentale della Valle di Astino, nelle immediate vicinanze di Bergamo.
Dalla fine di maggio, dopo una prima fase teorica, gli studenti svolgeranno sopralluoghi per conoscere nel concreto la vita del monastero, la sua ricchezza paesaggistica, la flora e la fauna della valle della Biodiversità e l’Orto botanico, con la finalità di effettuare proposte per far conoscere meglio ai cittadini questo tesoro immerso tra storia e natura.