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ID.EIGHT, dagli scarti della frutta alle sneakers

ID.EIGHT, dagli scarti della frutta alle sneakers

Prodotti etici, sostenibili, circolari. Così un progetto innovativo lancia la sfida alla fast fashion

La sovrapproduzione legata all’industria tessile, il conseguente spreco di risorse e produzione di rifiuti che non si riescono a smaltire in maniera adeguata sono solo alcuni dei grandi problemi che attanagliano la società moderna. La sfida consiste nel trasformare questo mercato in una filiera sostenibile: è possibile fare del business tutelando al contempo il pianeta? La risposta è sì: ID.EIGHT ne è un esempio.

La sostenibilità del prodotto ID.EIGHT

Il progetto nasce dall’idea di Dong Seon Lee e della sua partner Giuliana Borzillo, lui designer e lei product manager già attivi nel mondo delle calzature: accomunati dall'intento di creare un business sostenibile, i due hanno fondato il brand ID.EIGHT per produrre sneakers realizzate con gli avanzi della frutta, ecologiche e cruelty free. L’intento è quello di offrire un esempio virtuoso di business in un’ottica di economica circolare, senza scordare la salvaguardia del pianeta. La logica alla base del prodotto ID.EIGHT è contrapposta a quella del sistema fast fashion, il cui obiettivo è invece quello di puntare al prezzo più basso e accelerare al massimo i tempi di immissione sul mercato.

Al contrario, la proposta di ID.EIGHT si articola in solo due collezioni stagionali e in un numero limitato ma variegato di modelli, conciliando il gusto per le tendenze con la cura di una produzione tradizionale. Le sneakers sono progettate per durare a lungo, senza la necessità di “rimpiazzarle” con un nuovo acquisto dopo un breve periodo di utilizzo. I materiali provengono da aziende sostenibili e certificate per ridurre l’impatto generato dai trasporti.

Il principio centrale che guida la ricerca e selezione è la circolarità: i materiali sono riciclati o derivano dalla trasformazione degli scarti di altre imprese. Si tratta inoltre di un prodotto made in Italy: la manifattura è infatti nelle Marche, secondo il principio per cui solo la produzione locale può assicurare massima qualità, trasparenza e controllo sulle condizioni di lavoro. Un modo anche per sostenere concretamente i migliori distretti calzaturieri del mondo – quelli italiani – e per promuovere l'eccellenza e la qualità del territorio in un momento di grave crisi economica e sanitaria.

Dagli scarti della frutta alle sneakers

Gli scarti usati per la creazione delle sneakers sono il risultato della raccolta o della lavorazione di uva, mele e ananas e vengono processati da aziende sostenibili nate appositamente per lo sviluppo e la commercializzazione di ogni singolo materiale, dopo un brevetto ottenuto in seguito a ricerche condotte in laboratorio. «Vegea nasce dal recupero delle vinacce avanzate dalla pigiatura dell’uva nelle aziende vinicole toscane, Apple-skin usa bucce, semi e torsoli di mele provenienti da aziende produttrici di succhi e marmellate in Sud-Tirolo, infine Piñatex è l’unico materiale esotico, essendo ricavato dalle foglie delle piante di ananas, coltivazione tipica delle Filippine», spiega Giuliana.

Il processo di trasformazione dei tre sottoprodotti è simile: la prima fase consiste nell’essicazione al sole o in forni speciali, per fare in modo che gli scarti organici si conservino a lungo. Successivamente si passa alla polimerizzazione, che estrae dalla lignina e dalla cellulosa delle catene di polimeri abbastanza lunghe da formare una sostanza resinosa; il composto così ottenuto viene spalmato su un supporto di cotone biologico certificato Gots. Il vantaggio ambientale risiede nella possibilità di riutilizzare risorse già esistenti e soprattutto nell’origine vegetale e rinnovabile delle materie prime, che permettono di sganciarsi in buona parte dai derivati dell’industria petrolifera.

Laura Zunica

Febbraio 2021

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