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Dal clima un monito. È tempo di cambiare rotta

Dal clima un monito. È tempo di cambiare rotta

Incendi in Australia, alluvioni in Africa, aria irrespirabile in Italia: in questo inverno di drammi ambientali, la necessità di costruire nuove strade

Case e foreste distrutte, centinaia di persone in fuga dalle fiamme, cieli arancioni di fuoco e grigi di fumo, intere aree evacuate, animali uccisi e feriti, una perdita di biodiversità ad oggi ancora difficile da quantificare perché troppo ingente. Le immagini dell'Australia nelle scorse settimane hanno fatto il giro del mondo, arrivando a scuotere anche gli spettatori più cinici e a far vacillare persino i più strenui negazionisti delle problematicità del cambiamento climatico.

Tanto più che la situazione è precipitata proprio a cavallo del (deludente) summit della Cop25 dello scorso dicembre a Madrid, durante il quale l'Australia - ma non solo - ha continuato a difendere a spada tratta la sua politica energetica basata prevalentemente sui combustibili fossili, sottraendosi agli accordi per una riduzione delle emissioni da qui ai prossimi anni.
Ma l'Australia non è un caso isolato.

Nelle stesse settimane, il continente africano è stato flagellato da una serie di alluvioni che hanno causato finora centinaia di morti: a essere colpiti sono stati soprattutto i paesi del Corno d'Africa e dell'Africa orientale (Somalia, Gibuti, Etiopia, Sudan, Sud Sudan e Kenya), che hanno vissuto dapprima un'intensa siccità estiva e poi settimane di piogge torrenziali e alluvioni, a cui sono seguite evacuazioni di massa, perdite di bestiame e potenziali carestie.

I continui e rapidi cambiamenti climatici nella regione hanno causato anche un'invasione di locuste, circostanza che ha messo in allerta la Fao in quanto gli sciami di insetti rappresentano una serissima minaccia per la sicurezza alimentare in aree del mondo già fragili, tanto sotto il profilo climatico quanto umanitario.

Se ci si sposta in Asia, si scopre poi che anche l'Indonesia sta vivendo gli effetti di forti piogge assolutamente inusuali per il periodo: la città di Jakarta lo scorso 3 gennaio è stata colpita da un'alluvione pesantissima che ha causato decine di morti e migliaia di sfollati. Ma forse non serve nemmeno andare così lontano per rendersi conto che il tic-tac dell'orologio climatico e ambientale si fa sempre più pressante.

Forse basta guardare i livelli di polveri sottili della Pianura Padana in questo inizio 2020: a metà gennaio, la concentrazione di Pm10 nell'aria di Milano era due volte oltre il limite massimo e il capoluogo lombardo – nonostante le misure antismog sempre più pressanti – si classificava al 5° posto mondiale quanto ad aria inquinata, dopo Ulaanbator (Mongolia), Dacca (Bangladesh), Calcutta (India) e Belgrado (Serbia) e peggio persino di megalopoli quali Delhi (India) o Beijing (Cina). L'elenco, purtroppo, potrebbe essere infinito. Ma davvero continuare a enumerare tragedie, drammi, problemi servirebbe a qualcosa?

Quello che serve, semmai, è una reale presa di coscienza, la consapevolezza drammatica che il clima, in qualche modo, ci sta facendo un favore: ci sta avvisando. Ci sta dicendo time out. Ci sta mettendo in guardia. Dopo la consapevolezza, allora, deve arrivare il tempo dell'azione concreta.

Come dimostrano gli esempi raccolti nelle pagine seguenti del nostro giornale, i modelli non mancano e non è tutto sordo il mondo della politica e dello sviluppo: negli ultimi anni è aumentato il numero delle città che hanno fatto della sostenibilità e dell'innovazione verde e pulita la loro filosofia di crescita.

Si sono diffusi i modelli urbani e imprenditoriali attenti all'ambiente e al loro impatto sul clima: energia green, economia circolare, carbon neutrality, sviluppo sostenibile, (de)crescita dal basso non sono più solo parole per pochi addetti ai lavori e sono diventate, al contrario, la discriminante reale tra chi vuole guardare al futuro e chi resta legato a un passato immutabile (e pericoloso).

Adesso è davvero giunto il tempo di cambiare lo sguardo e spostarlo sui nuovi modelli possibili, moltiplicarli e replicarli, per far sì che il sogno di un mondo inclusivo, pulito ed equo non sia più tale, ma che diventi un vero e proprio progetto globale, che l’utopia diventi un obiettivo reale a cui tendere.

Erica Balduzzi

Gennaio 2020

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