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Ambiente: si celebrano le Giornate mondiali

Giornata mondiale delle foreste: 21 marzo

Serve davvero piantare alberi?

In vista della giornata mondiale delle foreste che si celebra ogni 21 marzo, è doveroso domandarsi come possiamo comportarci per arginare i danni che non stessi abbiamo provocato (e stiamo provocando) al pianeta, soprattutto in relazione ad uno dei nostri più grandi alleati nell’assorbimento di CO2, gli alberi.

La questione principale, alla base del riscaldamento globale, dell’acidificazione degli oceani e dei cambiamenti climatici che ne conseguono - con annessi disastri ambientali e altre gravi conseguenze geopolitiche - è legata alle emissioni di anidride carbonica e altri gas serra (metano). Questi gas sono presenti in natura e naturalmente sequestrati dagli ecosistemi terrestri e marini, ma a causa delle attività antropiche hanno raggiunto livelli che questi ecosistemi non sono più in grado di smaltire: in un solo anno, a livello globale, produciamo 29 miliardi di tonnellate di CO2. L’aspetto più grave è che, nonostante gli avvertimenti della comunità scientifica che da diversi decenni ci mette in guardia sugli effetti dei nostri comportamenti sconsiderati, le emissioni di gas serra sono in costante aumento: dal 1988 ad oggi è stato registrato un incremento del 40% e non accennano a diminuire. Sono numerosi gli ecosistemi marini che sequestrano CO2: dalle praterie di Posidonia oceanica alle zone umide, fino al fitoplancton e al ruolo chiave giocato dai cetacei nella sua fertilizzazione attraverso feci ricche di ferro e azoto. Fino agli alberi e alle foreste, i polmoni del Pianeta. E’ sufficiente un veloce ripasso della lezione di scienze delle scuole elementari in cui veniva spiegata la fotosintesi clorofilliana: le piante assorbono la CO2 presente in atmosfera e rilasciano ossigeno. Purtroppo oggi la CO2 presente in atmosfera è troppa affinché le foreste possano smaltirla. A ciò si aggiunge la deforestazione che, in molte parti del mondo, continua inesorabile per far spazio ad allevamenti intensivi, oltre che a piantagioni di soia e altri nutrimenti per il bestiame. Gli alberi, oltre a fornire ossigeno, svolgono altri compiti essenziali per la vita sul pianeta: frenano l’erosione del suolo, producono cibo e riparo per gli animali e nei centri urbani hanno una funzione di termoregolazione. Insomma: alberi e foreste sono degli alleati fondamentali per l’uomo.

Cosa possiamo fare

In che termini possiamo agire per proteggere le foreste, sia in maniera diretta, sia in maniera indiretta? Senza dubbio, piantare alberi sostenendo progetti di riforestazione che siano ideati in maniera specifica su un determinato territorio e che coinvolgano le comunità locali affinché si prendano cura degli alberi, traendone al contempo giovamento e sostentamento. Quando acquistiamo prodotti di legno, carta o cartone, prestiamo sempre attenzione alla presenza delle certificazioni FSC e PEFC, attestante la provenienza delle materie prime da foreste gestite in maniera responsabile e sostenibile. Evitare, ove possibile, il consumo di prodotti derivanti da allevamenti intensivi (una delle maggiori cause della deforestazione) preferendo prodotti di aziende agricole etiche, e locali. E, naturalmente, impegnarci attraverso le nostre scelte in qualità di consumatori e di cittadini, a ridurre al massimo le nostre emissioni di CO2 e altri gas serra: acquistando locale, scegliendo prodotti certificati (anche e soprattutto per quanto riguarda l’abbigliamento), preferire brand che operano in maniera trasparente e sostenibile. Tendiamo a ragionare per settori, dimenticandoci spesso che è tutto connesso e che ogni nostra singola scelta ha un impatto, più o meno positivo, sull’intero sistema Terra.

Laura Zunica

Giornata Mondiale dell'Acqua: 22 marzo

L'oro blu negli obiettivi di sviluppo sostenibile

L'oro blu. L'origine e il fondamento della vita sulla terra. La risorsa che, almeno alle nostre latitudini, continuiamo spesso a dare per scontata, ma di cui cresce drasticamente la penuria a livello globale, anno dopo anno. Il nostro è un pianeta d'acqua, eppure l'acqua è oggi una delle risorse più contese, sprecate, abusate e ignorate. Con enormi conseguenze sul piano umanitario, sociale, economico e ambientale. «Se i conflitti di fine del secolo scorso e d’inizio millennio sono stati combattuti per il petrolio, nel ventunesimo secolo si è aperta anche un’altra feroce battaglia: quella per l’acqua», scriveva nel 2002 l'attivista, economista e fisica Vandana Shiva nel suo libro “Le guerre dell'acqua”: oggi, vent'anni dopo, cos'è cambiato? E che valore può avere una ricorrenza come il World Water Day, nell'ambito di un mondo che si fa sempre più predatorio, man mano che le risorse scarseggiano?

L'acqua come diritto

Il World Water Day (Giornata Mondiale dell'Acqua) fu istituito nel 1992 dalle Nazioni Unite, che fissò al 22 marzo di ogni anno l'occasione per sensibilizzare circa la necessità di tutelare e salvaguardare le risorse idriche terrestri, così come di garantirvi l'accesso a tutte le persone.

L'istituzione di una giornata dedicata all'oro blu era prevista all'interno delle direttive dell'Agenda 21, l'articolato programma di azione scaturito dalla Conferenza di Rio de Janeiro del '92, quando si delinearono le azioni da intraprendere su tutti i livelli – locale, nazionale e globale – per assicurare al pianeta e ai suoi abitanti uno sviluppo sostenibile, soprattutto in relazione alle emergenze ambientali, climatiche e socio-economiche previste nel 21° secolo. I follow-up degli anni e dei decenni successivi portarono gradualmente a un adeguamento degli obiettivi dell'Agenda 21, calibrandoli su scala globale anziché limitandoli ai Paesi in via di Sviluppo e si arrivò così alla definizione di quella che oggi è conosciuta come Agenda 2030, cioè una serie di 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG, Sustainable Development Goals) interconnessi, incentrati sulla stretta relazione tra il benessere umano e quello della terra e comprendenti tematiche quali il diritto all'istruzione, la lotta alla povertà e alla fame, l'uguaglianza sociale e il diritto all'accesso all'acqua.

Il SDG numero 6 ha come fine quello di ottenere l'accesso equo e universale all'acqua potabile e ai servizi igienici in tutto il mondo e affronta contestualmente anche la questione relativa alla qualità delle risorse idriche nelle diverse zone del pianeta. Secondo i dati del Sustainable Development Goals Report 2020, attualmente oltre un terzo della popolazione globale vive in aree in cui l'acqua scarseggia, oltre 2 miliardi di persone non usufruiscono di acqua potabile gestita in modo sicuro e 4 miliardi di persone non hanno accesso ai servizi igienici di base. A ciò si aggiungano le proiezioni climatiche ed umanitarie (ci si aspetta che la carenza d'acqua possa far spostare entro il 2030 oltre 700 milioni di persone) e quelle sanitarie, acuitesi soprattutto durante il periodo pandemico.

A determinare la progressiva scarsità d'acqua su scala mondiale concorrono diversi fattori: l'aumento costante della popolazione da un lato, i cambiamenti climatici e l'inquinamento delle falde acquifere dall'altro. Si aggiungano poi gli enormi sprechi idrici nei Paesi avanzati, la progressiva riduzione dei ghiacciai e la crescente desertificazione in atto nelle aree tropicali, dovuta a questioni climatiche così come alle politiche agricole di sfruttamento intensivo dei terreni. È facile comprendere quanto il quadro sia scuro e quanto la questione idrica debba essere primaria.

Erica Balduzzi

Marzo 2022

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