Ipotizzato entro fine secolo l’innalzamento di almeno un metro. A rischio porti e località costiere
385 chilometri di coste per un totale di oltre 5 mila chilometri quadrati (un’area pari alla Liguria) rischiano di finire sott’acqua entro fine secolo, sommersi dal mare. È l’allarme lanciato da Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile in occasione del convegno “Pericolo Mediterraneo per l'economia del mare” organizzato insieme a Confcommercio lo scorso 13 febbraio, nel corso del quale è stato firmato un Protocollo d'intesa per mitigare gli effetti dell’innalzamento del mare sulle attività economiche e nel settore turistico-balneare in Italia.
Tutte le aree costiere a rischio
Secondo lo studio presentato da Enea il livello del mar Mediterraneo sta crescendo più velocemente del previsto come effetto del riscaldamento globale. In assenza di interventi di mitigazione e adattamento, migliaia di chilometri quadrati di aree costiere italiane rischiano di essere sommerse dal mare: entro la fine del secolo infatti, l'innalzamento del mare lungo le coste italiane è stimato tra 0,94 e 1,035 metri (prendendo in considerazione un modello cautelativo) e tra 1,31 metri e 1,45 metri, seguendo una base meno prudenziale.
Il fenomeno dell'innalzamento riguarda praticamente tutte le regioni italiane bagnate dal mare, per un totale di 40 aree costiere a rischio inondazione. L’area più a rischio è quella nord adriatica da Trieste a Ravenna, inclusa la Laguna di Venezia, mentre per quanto riguarda i porti i più a rischio sono quelli di Napoli, Cagliari e Palermo.
L’impatto dell’innalzamento del Mediterraneo sulla blue economy
Lo studio ENEA è il primo a evidenziare gli effetti di un innalzamento del mare dovuto ai cambiamenti climatici sulle città costiere e sui porti italiani. La blue economy - ovvero l’insieme delle attività umane che utilizzano il mare, le coste e i fondali come risorse per le attività industriali e lo sviluppo di servizi - conta nel nostro Paese quasi 200 mila imprese, tra pesca, cantieristica, trasporti marittimi, turismo e attività di ricerca. Produce circa il 3% del Pil con oltre 880 mila occupati.
Ogni euro generato direttamente dal comparto ne attiva altri due sull’economia nazionale, arrivando a un valore aggiunto prodotto dall’intera filiera pari a 130 miliardi di euro annui, quasi il 10% dell’economia nazionale. È quindi urgente valutare gli effetti del cambiamento climatico nella pianificazione e nella manutenzione delle infrastrutture, integrando le politiche inerenti questi temi con quelle su ambiente ed energia nell’ottica di una programmazione ragionata e sostenibile.
Un protocollo d’intesa per lo sviluppo sostenibile del settore marittimo
«Gli studi sul cambiamento climatico abbinati a un nuovo modello climatico elaborato dall’ENEA - ha spiegato Fabrizio Antonioli, geologo - permetteranno di ottenere per ogni singolo porto mappe del rischio dettagliate e a breve termine, in modo da individuare gli interventi da mettere in campo per preservare l’infrastruttura stessa e le attività commerciali e turistiche connesse».
È proprio questo l’obiettivo del Protocollo d'intesa tra Enea e Confcommercio, che mira a favorire la definizione e la realizzazione di progetti e di azioni comuni in settori strategici per lo sviluppo urbano e territoriale, con particolare attenzione alla sostenibilità ambientale anche in chiave turistica. La collaborazione riguarderà inoltre le attività di diagnosi e riqualificazione energetica e il supporto alla redazione di bandi e al reperimento di finanziamenti.
Obiettivo finale è quello di favorire la transizione verso un modello di economia circolare, che comprenda il ciclo dei rifiuti, la gestione sostenibile della risorsa idrica e il recupero di materie prime dai rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Arianna Corti
Le aree a rischio inondazione
Tutta l’area nord adriatica tra Trieste, Venezia e Ravenna; la foce del Pescara, del Sangro e del Tronto in Abruzzo; l'area di Lesina (Foggia) e di Taranto in Puglia; La Spezia in Liguria, tratti della Versilia, Cecina, Follonica, Piombino, Marina di Campo sull'Isola d'Elba e le aree di Grosseto e di Albinia in Toscana. Andando al Centro-Sud, ad essere minacciate sono la piana Pontina, di Fondi e la foce del Tevere nel Lazio; la piana del Volturno e del Sele in Campania; l'area di Cagliari, Oristano, Fertilia, Orosei, Colostrai (Muravera) e di Nodigheddu, Pilo, Platamona e Valledoria (Sassari), di Porto Pollo e di Lido del Sole (Olbia) in Sardegna; Metaponto in Basilicata; Granelli (Siracusa), Noto (Siracusa), Pantano Logarini (Ragusa) e le aree di Trapani e Marsala in Sicilia; Gioia Tauro (Reggio Calabria) e Santa Eufemia (Catanzaro) in Calabria