Scattato l’obbligo di indicare l’origine del latte in etichetta. Trasparenza per il consumatore e più valore ai produttori italiani
Dal 19 ottobre 2017, trascorsi i 180 giorni di tempo per il periodo concesso per smaltire le scorte già in essere, è effettivamente entrato in vigore l’obbligo di riportare in etichetta il Paese di mungitura sia per il latte sia per i prodotti lattiero-caseari come burro, formaggi, yogurt.
Questo quanto sancito dal decreto firmato dai ministri delle Politiche Agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda in data 19 aprile 2017, al termine di un lungo e difficoltoso percorso che ha visto anche questa rubrica impegnarsi per promuovere questo importante traguardo.
E le conseguenze già si vedono: da un lato i consumatori hanno ora uno strumento in più per fare scelte d’acquisto consapevoli, dovendo i trasformatori espressamente indicare sulle confezioni il Paese di mungitura del latte, mentre in precedenza latte proveniente da altre nazioni poteva essere denominato italiano anche solo se il confezionamento avveniva in Italia. Un vero raggiro del consumatore che da sempre è disposto a pagare di più il latte italiano, convinto che la dicitura made in italy corrisponda anche a ingredienti e materia prima italiana. Ora non è più possibile non riportare l’origine del latte e si potrà scrivere “Italia” solo nel caso in cui sia munto in Italia, diversamente è obbligo scrivere da “Paesi Ue”, oppure “Paesi Non Ue”.
Ma un’altra conseguenza direttamente collegata è l’aumento del valore del latte alla stalla per gli allevatori, che invece non si sta ripercuotendo sul prezzo finale ai consumatori: segno che il prodotto finale già era venduto a un prezzo elevato ma senza che l’ingrediente italiano avesse il giusto compenso: «Siamo passati a un 20% di aumento del costo del latte alla stalla in pochi mesi, ora siamo a 42 centesimi al litro, una percentuale che aumenta ancora di più se rapportata a un anno di distanza – spiega Bortolo Ghislotti, titolare della Irim impianti di mungitura -. Tutto il mondo agricolo e anche noi in prima persona abbiamo spinto perché le istituzioni e le associazioni competenti riuscissero a concludere questo accordo e contemporaneamente abbiamo promosso una campagna diretta al consumatore segnalando di scegliere solo latte 100% italiano, aumentando così il potere contrattuale dei produttori locali che finora erano stati l’anello debole della filiera. Un’etichettatura trasparente può essere il veicolo per portare il giusto valore agli agricoltori a patto che questi ultimi siano in grado di corrispondere alle aspettative dei consumatori in termini di sicurezza e qualità. Finora - aggiunge Ghislotti – solo i marchi dop e igp potevano garantire realmente un rapporto diretto del prodotto con il territorio, ma ciò penalizzava la ricca varietà delle produzioni italiane».
Il valore di un marchio per il Distretto Agricolo
Collegato a questa logica, scendendo in termini di scala territoriale più ristretta, un lavoro simile è da fare anche per quanto riguarda l’identificazione di un prodotto, sia esso latte, formaggio o produzioni di qualsiasi altro tipo, attraverso un marchio territoriale, come ad esempio quello del Distretto Agricolo Bassa Bergamasca.
Obiettivo dichiarato è la promozione in maniera capillare ed efficace dell’identità di un’area e di una comunità di persone e aziende con i prodotti realizzati sul territorio: un modo per dare un ulteriore strumento al cittadino per scegliere consapevolmente di acquistare e quindi sostenere produzioni di aziende del territorio, che possono essere più facilmente conosciute, controllate e responsabilizzate per quanto riguarda la qualità del loro operato.
«Per raggiungere questo obiettivo però occorre, in analogia a quanto fatto a livello italiano, agire contemporaneamente sia sulle istituzioni, sia sulle aziende che sulla sensibilizzazione al consumatore, attraverso serate informative e di educazione alimentare, anche a partire dalle scuole e dalle nuove generazioni – conclude Bortolo Ghislotti -. Tutti scopi che il Distretto Agricolo Bassa Bergamasca si prefigge di perseguire per valorizzare l’economia locale e migliorare la qualità di vita e di consumo dei cittadini del nostro territorio».
Diego Moratti