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Il colesterolo… un’insidia silenziosa

Il colesterolo… un’insidia silenziosa

Alcuni suggerimenti per riconoscerlo e tenerlo sotto controllo

L’importanza di misurare e monitorare i livelli di colesterolo è sempre più nota, non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche nella popolazione: in questa sede si intende metterne in luce alcuni aspetti talvolta meno noti e immediati. Il colesterolo è un prodotto presente fisiologicamente nell’organismo, in diverse forme di aggregati (le cosiddette Lipoproteine a diversa densità) nel circolo sanguigno (VLDL, essenzialmente i Trigliceridi), depositato sulle pareti delle arterie e dei vasi (LDL, colesterolo “cattivo”), stoccato nel fegato come scorta (HDL, colesterolo “buono”) di cui poter usufruire in un secondo momento.

A seconda della forma e della collocazione di questi aggregati, cambia significativamente l’interpretazione dei livelli riscontrati.

Quando si misura il colesterolo, il dato più immediato che si ottiene è quello del cosiddetto Colesterolo Totale (CHOLtot), costituito dalla composizione dei tre elementi sopra citati (del valore dei Trigliceridi si prende solo una parte).

L’analisi approfondita del profilo lipidico poi (ovvero la determinazione quantitativa dei tre elementi costituenti) ci fornisce un quadro completo, essenziale per decidere se porre in atto dei correttivi. È infatti intuibile che a parità di CHOLtot cambia drasticamente l’approccio a seconda della composizione relativa degli elementi che lo costituiscono, vale a dire LDL, HDL, VLDL.

L’analisi del profilo lipidico completo consente di fornire due parametri di grande interesse, fondamentali per interpretare al meglio i risultati numerici delle analisi del sangue e per delineare più correttamente il quadro:

• LDL, il “Colesterolo cattivo”, ovvero quella frazione che si deposita sulle pareti dei vasi sanguigni, ispessendoli e rendendoli meno elastici, con conseguenze sulla circolazione; questo elemento dovrebbe stare al di sotto dei 130mg/dL

• CHOLtot/CHOL-HDL, ovvero la stima dell’impatto della parte positiva sul totale; questo parametro dovrebbe stare al di sotto del 4. Per esemplificare: se il totale di Colesterolo fosse 240mg/dL, il peso specifico di questo valore cambierebbe significativamente se il CHolHDL (“buono”) fosse 40mg/dL oppure 60mg/dL; nel primo caso avremmo un rapporto TOT/HDL pari a 6, nel secondo pari a 4. Più basso è il rapporto, meglio è.

È noto che l’alimentazione e uno stile di vita più o meno attivo possono influire in modo significativo: un’alimentazione particolarmente ricca di grassi, soprattutto saturi, o di alimenti ad alto contenuto di colesterolo, aumentano le probabilità di avere un quadro più marcato di dislipidemia; non è però necessariamente detto, poiché grande importanza rivestono:

• lo stile di vita, che determina la possibilità di consumare e metabolizzare quanto assunto con la dieta;

• il codice genetico, ovvero la maggiore o minore predisposizione a produrre e metabolizzare determinati elementi; questa predisposizione è responsabile delle dislipidemie riscontrate in pazienti frustrati dall’insuccesso delle diete e dell’aver eliminato determinati alimenti.

È però intuibile che mantenere sotto controllo l’apporto dall’esterno di colesterolo o di acidi grassi che contribuiscono alla sua produzione è una norma di importanza assoluta.

Come intervenire

Quando i valori che emergono dalle analisi forniscono un profilo al di sopra dei livelli definiti ottimali, è opportuno in primo luogo contestualizzare l’individuo all’interno della tabella dei fattori di rischio cardiovascolari: questo compito spetta specificamente al medico di base.

Il primo -e più semplice- approccio prevede una revisione delle abitudini alimentari e dello stile di vita, con misurazione del risultato ottenuto sui livelli di colesterolo e sulla composizione relativa dei suoi elementi costitutivi: tale approccio, se positivo nei risultati, può essere risolutivo delle dislipidemie (solitamente lievi o moderate), soprattutto se i correttivi apportati sono riproducibili e sostenibili a lungo termine.

Se questo approccio non si rivelasse idoneo o non fosse sufficiente, è necessario ricorrere a correttivi di altro genere: steroli vegetali contenuti in alimenti, acidi grassi polinsaturi, integratori alimentari contenenti principi vegetali come la monacolina K (riso rosso fermentato) o altro, fino ad arrivare ai farmaci di sintesi (Statine, Colestiramina, Ezetimibe sono alcuni esempi); la scelta dovrebbe essere di competenza del medico di base, o quantomeno con esso andrebbe condivisa.

Qualunque sia la scelta, è necessario però ricordare che il correttivo apportato verosimilmente dovrà essere mantenuto: come quando si costruisce una diga per ridurre l’impatto a valle di un corso d’acqua poco controllabile, una volta riscontrati risultati positivi non la si può più togliere senza correre il rischio di tornare alla situazione iniziales!

Dott. Michele Visini

Rubrica promossa in collaborazione con Farmacia Visini

via Italia 2 - Almè (Bg)

farmaciavisini@virgilio.it - 035 541269

 

Maggio 2016

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