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Verso una legge regionale per l’economia sociale e solidale

Verso una legge regionale per l’economia sociale e solidale

Esperienze di regioni italiane a confronto

Sabato 19 maggio 2018 nell’ambito del Festival dell’Ambiente presso lo Spazio Viterbi della Provincia di Bergamo si è tenuto il convegno dal titolo “Scommettere sull'economia sociale e solidale – esperienze regionali a confronto per una proposta di legge in Lombardia” organizzato dalla Provincia di Bergamo, dal Biodistretto dell’agricoltura sociale di Bergamo e dalla RES (Rete di Economia Solidale) Lombardia.

Il convegno segue l’incontro dello scorso dicembre dedicato all’approfondimento delle diffuse esperienze di economia sociale e solidale o, per meglio dire, le cosiddette “economie diverse” cioè quelle che mettono al centro la solidarietà, la sostenibilità, la giustizia, l’ecologia, i beni comuni. I lavori sono stati avviati dal moderatore Claudio Bonfanti del Biodistretto, che ha subito inquadrato l’obiettivo: confrontarsi con i territori che hanno già legiferato in materia, al fine di porre le condizioni necessarie per far partire l’iter della proposta di legge presso la Regione Lombardia entro la fine del 2018.

Avviato un dialogo tra società civile e istituzioni

Matteo Rossi, Presidente della Provincia di Bergamo, ha aperto i lavori ricordando che il percorso è iniziato all’epoca di Expo con le riflessioni sul tema “Nutrire il pianeta”, continuando poi con le iniziative legate al “G7 Agricoltura” di Bergamo, molto partecipate dalla società civile. Queste due occasioni hanno svolto la funzione di acceleratori del processo di dialogo tra i soggetti di azione dal basso e le istituzioni.

L’alleanza tra questi due mondi è la novità interessante che caratterizza questo momento storico particolare. Non si tratta solo di promuovere l’economia sociale e solidale, ma di portarla in ambito legislativo, com’è già successo per il Commercio EquoSolidale.

La parola è passata poi a Leyla Ciagà, assessore all’Ambiente del Comune di Bergamo che ha illustrato le azioni dell’Amministrazione volte alla conservazione e allo sviluppo delle aree agricole in particolare all’interno del “Tavolo agricoltura” del Comune, citando strumenti che sono già a disposizione delle economie diverse, come ad esempio il sito Bergamogreen, potenziale connettore tra il mondo della produzione e quello del consumo dove i soggetti coinvolti potrebbero rendersi attivi e collaborare tra loro.

L’importante ruolo dell’università in questi ambiti è emerso dal contributo di Elisabetta Bani del “CESC” (Centro sulle dinamiche economiche, sociali e della cooperazione) che ha evidenziato quanto sia importante riuscire a trascinare i temi studiati verso l’esterno, sul territorio, in linea con l’iniziativa pionieristica dell’osservatorio CORES nato alcuni anni fa all’interno dell’Università di Bergamo. Roberto Bossi ha presentato la RES Lombardia, associazione di secondo livello formata da più di 20 realtà lombarde, principalmente Reti e Distretti di Economia Solidale, che già dal 2011 lavorano per portare avanti una proposta di legge regionale. Purtroppo, a causa delle vicissitudini politiche, il dialogo con le istituzioni ha subito parecchie battute d’arresto per cui in Lombardia non si è ancora riusciti a elaborare una legge, nonostante le esperienze sul territorio siano in una fase molto avanzata. Sono poi seguiti i contributi dei rappresentanti, sia istituzionali sia dei movimenti, di vari territori che hanno già legiferato in materia: Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Provincia autonoma di Trento. I relatori sono entrati nei dettagli delle singole esperienze, evidenziando i punti di forza e debolezza dei processi.

Regioni a confronto

L’esperienza trentina è una delle più avanzate: la legge approvata nel 2010 è la prima esperienza nazionale in fase operativa, dotata di un tavolo, una segreteria e risorse dedicate. Basilare il fatto che la segreteria, che funge da braccio operativo, sia finanziata con risorse fisse previste dalla legge stessa.

Ciò permette di retribuire il lavoro di due persone part-time e disporre di un fondo dedicato alla promozione (comunicazione, sito, diffusione iniziative, etc.), garantendo così continuità e stabilità dell’iniziativa. C’è però ancora tanto lavoro da fare: le idee sono molte ma è necessario ad esempio coinvolgere più attivamente gli operatori, stimolarli a collaborare con soggetti anche non appartenenti al proprio settore, sviluppare la responsabilità sociale, implementare attività di verifica, avviare fattive collaborazioni esterne.

La realtà dell’Emilia Romagna è in una fase meno avanzata anche perché è stato privilegiato il lavoro di dialogo e condivisione tra i soggetti dal basso e con le istituzioni. I tavoli sono costituiti, però l’intento non è arrivare “semplicemente” alla formalizzazione di una legge o avere supporti per le singole azioni, bensì sollecitare la Regione a dare una risposta politica a 360° nei confronti delle “economie diverse”. Il coordinamento regionale per l’economia solidale (CRESER) ha ben presente l’importanza di questo punto e sta lavorando al fine di portare l’istituzione ad adottare questo diverso approccio.

Il CRESER sta inoltre supportando l’analogo processo in atto in Abruzzo, dove sono già avvenuti parecchi incontri, ma non si è ancora approdati alla definizione di una legge.

Altra esperienza interessante è quella del Friuli Venezia Giulia, dove è stato posto particolare accento sulla partecipazione dei cittadini, arrivando a preferire la definizione di “comunità” di economia solidale invece che “distretto”, con particolare riferimento alla cura del bene comune. La struttura della legge è molto semplice e nei suoi principi è esplicitato il riconoscimento dell’economia solidale come modello alternativo di economia e società.

Tra le varie azioni, si sta cercando di intercettare e coinvolgere chi fa buone pratiche e si stanno costruendo interessanti pezzi di filiera locale. Tra i punti di debolezza sono stati citati il pericolo dell’autoreferenzialità e della settorialità, la frammentazione di teorie e pratiche, il rapporto fra democrazia rappresentativa e partecipativa, la mancanza d’istituzioni di sostegno, i problemi di distribuzione e logistica che rendono difficile rispondere ai processi innovativi violentissimi in corso (vedi le azioni delle grandissime multinazionali che operano nel web), la fragilità economica.

Riflessioni conclusive

Interessanti le riflessioni conclusive di Paolo Cacciari (giornalista e attivista) e Francesca Forno (Università di Trento). Il primo ha puntato l’accento sulla necessità di focalizzare un preciso obiettivo comune da prefiggersi. Se l’intento è quello ambizioso di avviare un processo di trasformazione del modello socio-economico complessivo, è bene essere consapevoli del fatto che ciò risponde all’esigenza di tanti cittadini, non di una piccola nicchia. Da non dimenticare inoltre che processi analoghi sono già in atto in varie parti del mondo ed è particolarmente utile attingere da quelle esperienze.

La professoressa Forno ha riflettuto sui risultati della ricerca del Cores da cui emerge che in questi ultimi 15 anni è sicuramente aumentata la conoscenza delle pratiche delle economie diverse, ma resta ancora alta la percentuale di chi non ne ha mai sentito parlare (attorno al 50-60%!).

a sfida è rendere le pratiche in corso stabili e le leggi possono favorire l’infrastruttura perché stabiliscono principi, finalità, regole e riconoscono i soggetti dell’economia sociale e solidale. È necessario ad ogni modo stare “dentro” i processi e prevedere misure di sostegno: non si può reggere o pensare di dare continuità basandosi unicamente sul volontariato. C’è quindi ancora tanta strada da fare, riprendendo le parti buone del sistema e facendo rete per lavorare insieme nella stessa direzione.

Simonetta Rinaldi

Giugno 2018

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