Intervista al Professor Pierluigi Malavasi, Direttore dell’Alta Scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica di Brescia e alla Dott.ssa Caterina Braga, Coordinatrice scientifica dell’area comunicazione ambientale e differenze di genere
Prof. Malavasi qual è secondo lei il rapporto nella società di oggi tra ambiente, fattore umano e sostenibilità?
Tutti avvertiamo la crisi. Legata alle tensioni ambientali: l’inquinamento dell’aria, dell’acqua, dei suoli, della gestione dei rifiuti; il cambiamento climatico.
Crisi legata alle tensioni economiche connesse alla crescente destabilizzazione dei sistemi produttivi tradizionali, fenomeno che si traduce in crisi occupazionale e sociale.
Crisi che sembrano aver gettato in un abisso la possibilità e il desiderio di realizzare uno sviluppo sostenibile. Il fattore umano sembra che conti poco o nulla di fronte al profitto e agli interessi finanziari.
Papa Francesco nella Lettera Enciclica Laudato si’ dice: «La crescita degli ultimi due secoli non ha significato in tutti i suoi aspetti un vero progresso e un miglioramento della qualità della vita.
Al contrario, noi ci troviamo oggi a vivere una complessa crisi socio-ambientale, e la sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e di una ecologia integrale.
Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio globale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura. La radice umana della crisi ecologica chiama in causa i percorsi educativi e la ricerca scientifica, l’economia e la politica».
Abbiamo bisogno di scelte che adottino una visione ampia e attuino un nuovo approccio integrale, includendo nel dialogo i popoli e le culture, le persone che vivono i diversi aspetti della crisi. Il concetto di sviluppo sostenibile designa oggi una controversa ma ineludibile prospettiva di ricerca politico-economica e scientifico-culturale.
È importante assumere criticamente la nozione di sostenibilità; ciò implica la necessità di intraprendere una riflessione aperta alla complessità degli attuali paradigmi di ricerca riguardo alle forme di conoscenza e di divulgazione scientifica dei problemi ambientali.
Sviluppo sostenibile e società: prof. Malavasi qual è l’impegno oggi richiesto?
Per uno sviluppo sostenibile è importante un nuovo atteggiamento culturale e amministrativo che valuti la rilevanza delle problematiche di impatto, che favorisca una reale appartenenza dei cittadini come attori e responsabili delle politiche che li riguardano.
Il documento di indirizzo sullo sviluppo sostenibile, approvato ufficialmente nel 1992 a Rio de Janeiro in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo, suppone la responsabile partecipazione delle comunità di cittadini e la verifica materiale dell’efficacia delle azioni intraprese, garantendo all’opinione pubblica il diritto di dibattere sui processi avviati.
Se si vuole risolvere i problemi bisogna partire dalla formazione delle persone. Sono le persone informate e consapevoli che sanno intraprendere processi virtuosi per condividere le risorse ambientali, umanizzare le politiche economiche e sociali.
La vita buona, la diffusione di logiche sistemiche e multidisciplinari e la condivisione multi-stakeholder di obiettivi, valori e territori non devono essere lasciate in balìa di interessi predatori e a breve termine.
È sotto gli occhi di tutti: i disastri causati da una mentalità avida ed egoista sono un’eredità che grida, la terra grida. Bisogna poi rifiutare il ricatto violento dell’alternativa tra lavoro e ambiente, per favorire forme positive di lavoro, che riducano il consumo di natura e lo spreco dei beni ambientali primari (acqua, suolo, aria, biodiversità, energia), promuovendo uno sviluppo sano, durevole, generativo di capitale sociale e benessere, per pratiche imprenditoriali socialmente responsabili.
È importante favorire la partecipazione democratica e l’integrazione di competenze, costruire reti territoriali e formare le giovani generazioni alla protezione dell’ambiente, verificando i processi attivati; questo comporta un processo impegnativo, capace di tradurre lo sviluppo sostenibile da istanza politica a programma operativo.
La globalizzazione dei problemi ambientali sta cambiando il ruolo dei governi nazionali nell’affrontare queste questioni e molti attori, i cittadini in primo piano, svolgono un ruolo sempre più importante nella governance ambientale.
L’accesso a informazioni chiare, puntuali e comprensibili è fondamentale per tutti: la partecipazione del pubblico e l’accesso alle informazioni ambientali diventano così elementi di trasparenza e di una migliore governance. La comunicazione - seria, puntuale, scientificamente accreditata - è la via della partecipazione e all’impegno dei cittadini.
Prof. Malavasi quali possono essere gli strumenti per analizzare e indirizzare la società verso una maggiore sostenibilità?
Negli anni ’90 da vari organismi internazionali è stato promosso l’impiego di indicatori nel reporting e nella valutazione ambientale, come per esempio il modello PSR (Pressione, Stato, Risposte) elaborato dall’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development).
Al fine di perseguire obiettivi di “misurazione” così rilevanti sono necessarie la raccolta di dati e l’elaborazione statistica, sia pure condotte in modo rigoroso. La scelta degli indicatori, l’ammissibilità di una loro eventuale riformulazione, la validazione delle procedure euristiche devono prevedere inedite modalità di partecipazione della comunità scientifica e forme di coinvolgimento della cittadinanza.
Predisporre piani di azione e sviluppare modelli formativi capaci di interessare competenze molto diverse rappresentano prospettive politico-educative di lungo periodo.
L’obiettivo deve essere formare nuove competenze verdi per promuovere sviluppo e cura della casa comune, presente e futuro della civiltà umana; l’Alta Scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore con il master “Gestione e comunicazione della sostenibilità.
Formazione, green jobs, circular economy” si propone tale obiettivo, facendo proprie le più recenti acquisizioni scientifiche per approfondire la gestione e la comunicazione della sostenibilità in forma multidisciplinare, individuando nella circular economy, nella formazione e nei green jobs gli strumenti per coniugare ecologia integrale e vitalità economica.
Dott.ssa Braga, quale può essere oggi il ruolo della comunicazione e dell’informazione ambientale?
La letteratura ci dimostra come sia possibile gestire determinate situazioni di carattere ambientale e sanitario non solo con adeguati provvedimenti tecnici e politico-amministrativi ma anche attraverso un’idonea comunicazione con tutte le componenti sociali.
Comunicare con dati comprensibili e relazionarsi con i cittadini appaiono strumenti indispensabili nel dibattito democratico, perché è proprio dalla corretta comprensione dei problemi sul piano tecnico, ambientale, umano e delle emozioni che discendono le giuste impostazioni e le corrette soluzioni.
Nel contesto della politica ambientale, un numero crescente di comunicatori pubblici nell’Unione Europea e nei suoi Stati membri stanno già esplorando come la comunicazione possa migliorare ulteriormente le misure politiche e la loro attuazione.
Un recente studio dell’European Environment Agency sostiene che la compenetrazione tra scienze comportamentali e i recenti progressi nella tecnologia delle comunicazioni possano offrire ampie opportunità per migliorare la comunicazione politica pubblica e, di conseguenza, l’attuazione della politica ambientale.
Una comunicazione politica pubblica semplificata può svolgere un ruolo ancora più efficace nel sostenere la transizione della società, e può contribuire alla trasparenza, al buon governo, e alla legittimità istituzionale e in definitiva contribuire a facilitare la transizione verso nuovi stili di vita e comportamentali. L’informazione ambientale può rivelarsi un vero e proprio catalizzatore del cambiamento.
Le attività di comunicazione sono spesso il primo punto di interazione dei cittadini con le autorità pubbliche in un’ottica di dialogo e partecipazione.
Come sostiene Papa Francesco è necessario delineare dei grandi percorsi di dialogo che ci aiutino a uscire dalla spirale di autodistruzione in cui stiamo affondando. Abbiamo bisogno di una politica che pensi con una visione ampia, e che porti avanti un nuovo approccio integrale, includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi.
Dott.ssa Braga, quali possono essere oggi nuove vie interpretative della sostenibilità, quali nuove lenti di ingrandimento adottare?
Le crisi che incombono sul nostro tempo e le nuove complessità a livello sociale, economico e ambientale aumentano l’incertezza ed esigono segnali di attenzione alla centralità delle persone.
Saper stare nei cambiamenti, valorizzando le molteplici differenti risorse umane, è una componente decisiva per una gestione efficiente in tempo di crisi; la valorizzazione delle diverse competenze e dei talenti deve diventare un tratto distintivo delle strategie.
Se la cultura delle differenze sta diventando sempre più rilevante, le differenze di genere non possono rimanere invisibili, è necessario individuare le potenzialità e l’arricchimento che deriva dal valore delle differenze. Per esempio con la ricerca “Smart women in smart cities.
Ambiente e salute: percezione e comunicazione in ottica di genere nella città di Brescia”, che si è appena conclusa all’interno dell’Alta Scuola per l’Ambiente, si è proprio cercato di cogliere l’arricchimento e le potenzialità del pensiero e dell’azione femminile in tema di ambiente, salute e sostenibilità.
Alle donne viene riconosciuto un forte senso civico e una profonda sensibilità nei confronti di temi sociali quali il benessere della famiglia, l’educazione e l’istruzione, nonché il possedere, per tradizione, una funzione di cura e di accudimento.
Non va dimenticato poi che l’importante funzione educativa nella crescita delle future generazioni; la qual cosa, in un’ottica di rinnovamento sociale, significa poter disporre di un buon veicolo per trasferire le informazioni ai più giovani.
Le ricerche internazionali analizzate durante il lavoro di studio ci hanno portato ad affermare che l’empowerment delle donne, la capacità di resilienza al cambiamento delle comunità di cui queste ultime fanno parte e il miglioramento della parità di genere contribuiscono alla formazione di decisioni che portano a una governance ambientale più efficace. Il lavoro svolto ci ha portato alla conclusione che la valorizzazione delle diverse competenze e dei talenti potrebbero diventare un tratto distintivo delle strategie di intervento in ambito ambientale.