Il rapporto “Ecomafia 2018” di Legambiente mostra un aumento dei crimini ambientali, tra traffico di rifiuti e abusivismo edilizio. Con una buona notizia: cresce anche il contrasto all'illegalità ambientale

L'Italia degli illeciti ambientali
La fotografia dell'Italia scattata dal rapporto di Legambiente assume tinte impietose se si guardano i numeri. Nel 2017 è stato registrato un netto incremento degli illeciti ambientali e delle denunce nel settore: 30.692 i primi (+18,6% rispetto al 2016) e 39.211 i secondi, in crescita del 36%. In netto aumento anche i sequestri effettuati, che nel 2017 sono stati 11.027 (+51,5%). Il 44% delle effrazioni in ambito ambientale è stato verbalizzato nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso, con Campania in testa (4.382 effrazioni, pari al 14,6% del totale nazionale) immediatamente seguita da Sicilia, Puglia e Calabria: in queste ultime zone, sono state registrate rispettivamente 3.178, 3.119 e 2.809 effrazioni.
Traffico illecito di rifiuti, il core business delle ecomafie
Quello del traffico di rifiuti continua a essere il core business delle strategie ecocriminali e vi si concentra la percentuale più alta di illeciti: il 24% dei reati ambientali riguarda infatti questo settore, contro il 22,8% contestato per i delitti contro gli animali e la fauna selvatica, il 21,3% per gli incendi boschivi e il 12,7% relativo al ciclo del cemento.
Fanghi industriali, materiali di abbattimento dei fumi, RAEE (rifiuti elettronici) e materiali plastici e metallici costituiscono le tipologie di rifiuti predilette dai trafficanti, che orientano i loro affari non tanto sullo smaltimento vero e proprio quanto piuttosto sulle finte operazioni di trattamento e riciclo. Per avere reale contezza delle dimensioni del fenomeno bisogna però considerare la quantità di rifiuti sequestrata dalle forze dell'ordine tra il 1° gennaio 2017 e il 31 maggio 2018: 4,5 milioni di tonnellate, pari ad una fila ininterrotta di tir lunga 2500 chilometri.
Ruolo cruciale nel variegato mondo del crimine ambientale lo ricoprono le mafie. Secondo i dati Legambiente, sono almeno 331 i clan attivi in Italia nel settore degli ecoreati, e sono sempre i clan i maggiori responsabili delle minacce agli amministratori locali che cercano di salvaguardare l'ambiente: Avviso Pubblico – l'associazione nata nel '96 per riunire gli amministratori pubblici impegnati a tutelare la cultura della legalità democratica – ha censito nel 2017 ben 537 casi di intimidazione mafiosa.
Tra abusivismo edilizio e incendi boschivi
Tra gli altri temi “caldi” evidenziati dal rapporto Legambiente 2018, troviamo l'abusivismo edilizio (i dati del Cresme – Centro ricerche economiche e sociali del mercato dell’edilizia – mostrano che nel 2017 sono state costruite più di 17mila nuove case abusive, con la Lombardia al quinto posto per numero di costruzioni non autorizzate), gli attacchi alla filiera agroalimentare e principalmente nel settore ittico e della ristorazione e le aggressioni al patrimonio di biodiveristà del nostro paese.
Nel 2017 sono state 7mila le effrazioni nell'ambito del racket animale (cioè lo sfruttamento di animali per motivazioni economiche o di controllo sociale, come ad esempio i combattimenti tra animali, le corse clandestine o il contrabbando di specie protette o illegali), cioè 19 al giorno e in aumento del 18% rispetto al 2016. Nel 2017 le forze dell'ordine sono intervenute in 6.550 incendi boschivi – circa 18 al giorno in tutta la penisola – che hanno portato alla distruzione di oltre 140mila ettari di vegetazione. Infine, persistono ampie sacche di illegalità per quanto riguarda lo shopper di plastica ormai fuori legge: secondo l'Osservatorio Assobioplastiche, circa 60 buste su 100 sono ancora fuori norma.
I numeri del contrasto
«I numeri di questa nuova edizione del rapporto Ecomafia – ha dichiarato il presidente di Legambiente Stefano Ciafano – dimostrano i passi da gigante fatti grazie alla nuova normativa che ha introdotto gli ecoreati nel Codice penale, ma servono anche altri interventi, urgenti, per dare risposte concrete ai problemi del paese».
Il riferimento è alla legge n.68 del 2015 che ha introdotto nel codice penale italiano un nuovo titolo di “delitti contro l'ambiente”, innalzando le pene e le sanzioni in caso di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico di materiali radioattivi e impedimento di controllo ambientale. L'ampia applicazione della normativa ha fatto sì che nel 2017 si potessero registrare concreti risultati di contrasto.
Secondo i dati del rapporto 2018 di Legambiente, infatti, lo scorso anno la legge 68 è stata applicata dalle forze dell'ordine 484 volte, portando alla denuncia di 31 persone giuridiche e 913 persone fisiche, all'arresto di 25 persone e a 106 sequestri (per un valore complessivo di oltre 11 milioni di euro).
Tra le regioni con più alto numero di contestazioni, ci sono la Sardegna (77), la Sicilia (48), il Lazio (47) e l'Umbria (47), seguite da Calabria e Puglia. Non solo: nel 2017 sono state emesse per reati ambientali 538 ordinanze di custodia cautelare, per un incremento pari al 139,5% rispetto all'anno precedente. Secondo i dati del Ministero della Giustizia, nel 2017 sono stati inoltre avviati dalle procure 614 procedimenti - nel 2016 erano stati 265 - per la fattispecie di inquinamento ambientale (361 casi), omessa bonifica (81 casi), delitti colposi contro l'ambiente (64 casi) e disastro ambientale (55 casi), a cui fanno seguito numerosi procedimenti per impedimento al controllo e traffico di materiale ad alta radioattività (rispettivamente 29 e 7 casi).
Erica Balduzzi
