Cause che generano effetti: i cambiamenti climatici costringono milioni di persone a lasciare il proprio Paese
"Clima e povertà... ma cosa c'entra?". Tanti amici mi hanno rivolto questa domanda quando ho condiviso con loro la mia partecipazione a un dialogo serale durante la scorsa edizione del Festival dell'Ambiente di Bergamo. Capisco che per molti l'accostamento non è immediato, come anche sento che sia emblematico il fatto che ci risulti difficile accostare questi due cruciali aspetti.Non si tratta di sfumature o di dettagli trascurabili. Tante donne e uomini sono in fuga oggi e nel 2050 potrebbero essere plausibilmente 250 milioni.
Uomini, donne e bambini che non scappano solo da guerre o persecuzioni o perché in cerca di una condizione di vita migliore. I profughi climatici non possono più vivere nei luoghi in cui sono nati e cresciuti, perché inondati o diventati un deserto a causa degli stravolgimenti del clima. Lasciare abitazione e famiglia, forse per sempre, con la speranza di raggiungere un luogo lontano per molti significa scappare per sopravvivere. Si stima che ogni anno questi profughi siano in crescita di 6 milioni, un numero più alto degli esuli di guerra.
Ad aggravare ulteriormente la situazione c'è il fatto che per loro resta molto lacunoso e confuso uno status giuridico, invece riconosciuto a coloro che scappano da conflitti e persecuzioni. Certo, i tempi affaticati e incerti che stiamo vivendo non ci aiutano nella condivisione e individuazione di ciò che è per noi "bene comune": in primis la vita delle persone e in questo il rispetto della nostra casa comune, come condizione per vivere. Prima di andare a vedere quello che fanno o non fanno gli altri, come cattolico, mi interrogo su quanto le nostre comunità, con annessi e connessi, possono dare il loro contributo formativo, culturale e fattivo. Se partiamo dalle questioni di fondo, ci ridiciamo con forza che questa grande e inutile sofferenza umana è contraria alla Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica.
Risolvere il problema del cambiamento climatico è un modo per mettere in pratica i principi più fondamentali della nostra fede, la Chiesa da tempo ci incoraggia a prenderci cura del Creato e delle persone più a rischio. Papa Giovanni Paolo II, Papa emerito Benedetto XVI e Papa Francesco, hanno parlato tutti dei gas serra e del cambiamento climatico. Soprattutto l'enciclica "Laudato si" sviluppa questa questione ben connessa con tutto il tema ambientale, sempre letto assieme a quello sociale, «restando in ascolto del grido della terra e del grido dei poveri - dice Papa Francesco – i quali più soffrono per gli squilibri ecologici».
La guida per parrocchie eco-friendly
Tra le varie iniziative e proposte che si tenta di vivere e condividere dentro alle nostre comunità, credo sia prezioso segnalare la proposta della Guida per comunità e parrocchie ecologiche. Questa guida è il risultato del lavoro di traduzione e adattamento da parte di FOCSIV (Federazione degli Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario), in collaborazione con Retinopera e l’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI, della “Eco – Parish Guide” prodotta dal Global Catholic Climate Movement (GCCM).
Il testo fornisce suggerimenti pratici per applicare la Laudato Si’, concentrandosi soprattutto su quelle azioni concrete, corrispondenti alle nostre capacità e ai nostri mezzi, che contribuiscono a stabilizzare il clima del nostro pianeta e a prenderci cura di coloro che sono stati danneggiati dal cambiamento climatico. Ce lo ridiciamo con convinzione che molto si gioca a livello locale, a partire dai nostri comportamenti, dagli stili di vita che adottiamo, singolarmente, nelle famiglie e nelle comunità, nelle parrocchie, nei nostri quartieri e nelle nostre città. È importante ritrovarsi uniti e impegnati insieme, oltre i confini, dal livello locale a quello globale, costruendo così quella fratellanza universale per la giustizia climatica, come ci propone in modo accorato Papa Francesco.
Don Cristiano Re