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Un “Manifesto per la Felicità”

Un “Manifesto per la Felicità”

Come passare dalla società del ben-avere a quella del ben-essere; cause e possibili soluzioni dell’insoddisfazione dell’era contemporanea

Perché la crescita dei consumi non ha portato con sé un aumento della felicità delle persone ma piuttosto un senso di perpetua insoddisfazione, un malessere diffuso? La maggior parte delle persone in Italia e nei Paesi occidentali possono permettersi di accedere a ogni genere di bene di consumo, al sistema sanitario e all’istruzione; si sono anche innalzate le prospettive di vita, eppure tutto ciò non è automaticamente sinonimo di felicità, anzi. Siamo un esercito di malati cronici: stress, depressione, insoddisfazione sono all’ordine del giorno. Stefano Bartolini, professore di Economia politica e di Economia sociale presso l’Università di Siena - ospite qualche tempo fa all’Università di Bergamo per una conferenza - nel suo libro “Manifesto per la Felicità” presenta un’analisi del problema individuandone le cause e proponendo una serie di soluzioni.

Partendo da alcune considerazioni di carattere socio-economico, Bartolini osserva che, se gli Stati Uniti, seguiti dalla Gran Bretagna, sono l’esempio lampante e più estremo del fallimento del sistema capitalistico, in Europa lo scenario non è così catastrofico. L’aumento del reddito nella società statunitense è andato di pari passo con il declino dei beni relazionali: è diminuito il senso di solidarietà e di partecipazione sociale, rendendo la solitudine uno dei problemi sociali più diffusi. Al contrario in Europa le relazioni non hanno subito un tale tracollo.

Questo perché la cultura del consumo ha avuto più presa e una massiccia diffusione soprattutto negli USA. La crescita ha tuttavia tradito le sue promesse di benessere, togliendo tempo e sottraendo valore ai beni comuni (tra cui le relazioni) in nome di quelli privati. Ma è proprio la qualità delle relazioni che rende le persone felici, secondo quanto comprovato da diverse ricerche in ambito sociologico e psicologico. Le terapie proposte da Bartolini per superare questa situazione hanno tutte un denominatore comune: il cambiamento volto alla costruzione e alla cura delle relazioni.

Le sue “politiche per la felicità” prevedono: un cambiamento delle città, che dovrebbero tornare a essere luoghi di aggregazione e non meri poli di produzione e consumo; la prevenzione delle malattie al di fuori del sistema sanitario attraverso la qualità delle relazioni che renderebbe più sani e felici; un ripensamento della scuola che dovrebbe smetta di insegnare subordinazione e competizione tra pari ma al contrario trasformarsi in un laboratorio di relazioni.

Angela Garbelli

Giugno 2015

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