Alimentare la motivazione
Ormai non dobbiamo più sforzarci di convincere il mondo della ineluttabilità dell’emergenza climatica, del valore di un’alimentazione sana che non consumi il pianeta o dell’insostenibilità di una moda che sfrutta le persone e deturpa l’ambiente.
Alla conferenza sul clima dello scorso anno, la Cop28 di Dubai 2023, persino i Paesi produttori di petrolio avevano sottoscritto, per la prima volta nella storia , un accordo che contemplava, seppur gradualmente, la fuoriuscita dai combustibili fossili a favore di fonti rinnovabili, per una transizione energetica ritenuta necessaria.
La recente Cop29 a Baku in Azerbaigian, conclusa il 24 novembre 2024, non solo non ha rilanciato nulla su questa tematica tanto dibattuta l’anno prima, ma sembra sia passata addirittura senza lasciare grandi segni e senza che i media, l’opinione pubblica e i grandi leader mondiali fossero interessati, partecipi o motivati a raggiungere accordi ambiziosi o quantomeno progressi significativi nel percorso di mitigazione e adattamento alla crisi climatica.
Non i risultati né le aspettative
Il problema non sono però i risultati (non) ottenuti, che richiedono inevitabilmente tempi lunghi e compromessi; nemmeno l’informazione manca e addirittura conosciamo già tutte le soluzioni possibili e pure tempi e modalità necessari per conseguirle. Come in qualsiasi ambito, da quelli più istituzionali alle singole azioni del nostro quotidiano, una parte preponderante del mancato cambiamento è spesso dovuta all’inerzia stessa del sistema, alla forza delle abitudini e dello status quo; qualsiasi cambiamento richiede sempre impegno e motivazione. Cambiare le nostre abitudini, uscire dalla zona di comfort è sempre faticoso; figuriamo cambiare un sistema economico internazionale basato su guadagni e benessere acquisito, da parte di tanti attori, privati e statali, che hanno nelle fonti fossili, petrolio e gas in primis, una leva costante di ricchezza per la crescente richiesta di energia.
Altro punto: a Valencia è andata in scena il mese scorso una tragedia incredibile, un evento da considerare eccezionale, fino a qualche anno fa, mentre ora tutti sostengono che questi eventi climatici estremi saranno ricorrenti e che le città e le persone devono per forza adattarsi. Il paradosso è che Valencia è stata nel 2024 la Capitale Verde dell’Unione Europea, riconoscimento vinto grazie alle valide politiche green introdotte. Spiazzante, ma esplicativo del fatto che i cambiamenti climatici non faranno distinzione tra stati e città virtuose o meno: motivo in più per confermare che il problema è sempre di più di portata mondiale e come tale va affrontato perché nessuno può dirsi escluso.
Contro l’insidia dell’apatia
Il pericolo vero d’ora in poi diventa più nascosto, insidioso: delusione, disincanto, assuefazione, che può sfociare nel disimpegno o nel disinteresse, nostro, ma soprattutto “indotto”. Per attivisti e non, istituzioni e associazioni, cittadini consapevoli e, a maggior ragione, nuove generazioni, arriva ora il momento più discriminante: dopo aver seminato negli scorsi anni e decenni informazione e sensibilità a questi temi, dopo aver visto le agende della politica e dei potentati economici parlare di cambiamenti climatici e indirizzarsi verso la transizione ecologica ed energetica, occorre mantenere alta l’attenzione e la pressione in tutti gli ambiti, a tutti i livelli, in ogni occasione.
Le condizioni per una transizione virtuosa ci sono tutte. Ma c’è anche chi fa il gioco contrario e frena percorsi e risultati, generando nell’opinione pubblica disillusione, distacco ma anche una generale assuefazione alle emergenze.
I motivi di resistenza ad apportare cambiamenti, a uscire da uno status quo economico e sociale, molto comodo per qualcuno, ci sono e sono forti. Per la stessa ragione devono crescere e diventare ancora più forti la volontà e la motivazione di chi da sempre aspira al gusto e al piacere di vivere in un mondo migliore, che come tutte le ambizioni va coltivata, affinata, condivisa e continuamente alimentata.
Diego Moratti