L'arte casearia della Bergamasca finisce sul podio mondiale, grazie alla ricchezza di produzioni locali e ai presidi di tutela per le identità culturali e produttive del territorio: lo scorso 30 ottobre, a Parigi, Bergamo è stata nominata “Città Creativa Unesco” per la gastronomia, insieme ad altre 66 città mondiali riconosciute come laboratori di idee e buone pratiche per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. La città orobica ha meritato il riconoscimento in virtù della lunga tradizione casearia che ne caratterizza il territorio e le valli, con 30 produzioni storiche, 9 Dop e 3 presidi Slow Food.
Tradizione portata avanti e tutelata nel corso degli anni dai “bergamì”, i mandriani e allevatori transumanti che storicamente hanno sempre unito le valli montane orobiche alla Pianura Padana, sviluppando una delle più prestigiose industrie casearie italiane (e mondiali). «Questa candidatura - commenta il sindaco Giorgio Gori - è nata intorno all’idea di un’alleanza, quella tra il capoluogo e le sue valli, negli ultimi decenni in sofferenza a causa dello spopolamento; la città si candida ad essere la grande vetrina di un’eccellenza bergamasca con l’obiettivo di valorizzare la produzione casearia delle valli e di contribuire così alla sostenibilità economica del settore, fondamentale anche per la conservazione del paesaggio. Oggi Bergamo e le sue valli vincono insieme».
Il riconoscimento di Bergamo come “Città Creativa” per la Gastronomia va a sommarsi a quello ottenuto nel 2017 sempre dall'Unesco, che ha inserito le Mura di Città Alta nella lista dei Patrimoni Mondiali dell'Umanità.