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I di invidia

I di invidia

Chiudere gli occhi per riaprirli con uno sguardo diverso

Questo articolo è frutto di un confronto con una mia paziente. Durante una terapia emerge il tema dell’invidia, decidiamo di esplorarlo e quindi di condividerlo con un pubblico più ampio, come i lettori di infoSOStenibile, approfittando dell’occasione offerta da questa rubrica, giunta quasi al termine del lavoro sulle lettere che compongono la parola p-s-i-c-o-l-o-g-i-a.

Dunque, la mia paziente e io ci troviamo a parlare di questa emozione tanto disprezzata e ci facciamo sorprendere dalle sue inaspettate sfaccettature.

Come approfondito nel box qui accanto, l’etimologia del termine è duplice, ma in ogni caso l’invidia ha tradizionalmente assunto carattere negativo: un sentimento, un’emozione che provoca tristezza e dolore nel vedere il bene altrui o l’altrui felicità.

Molti studiosi hanno riflettuto su questo tema: nella tradizione cristiana l’invidia è un vizio capitale, in quanto negazione della carità verso il prossimo; Dante nel XIII canto del Purgatorio condanna gli invidiosi a stare appoggiati immobili lungo la parete di una montagna, sorreggendosi a vicenda con gli occhi cuciti, come si faceva con gli sparvieri non ancora addestrati, così da ricordare loro come questo vizio serri gli occhi all’intelletto.

Dunque cosa accadde nel corso della terapia che vogliamo condividere?

Arrivammo alla conclusione che al di sotto di alcuni atteggiamenti che offuscano la serenità del quotidiano è presente un sentimento d’invidia: quella che distorce, manda fuori strada, che non fa più percepire la direzione da prendere, come un faro che accende e spegne le luci ma mai nello stesso punto, tanto da disorientare anche il navigatore più esperto.

Eccola lì, nel nominarla comincia a perdere potere, sbiadisce la sua luce rifratta e traspare da lontano di nuovo la direzione che “io voglio e posso scegliere di intraprendere”.

Forse la prima delle motivazioni per cui abbiamo deciso di riproporre parte delle nostre riflessioni è stata questa: dirci che proviamo o abbiamo provato invidia o sentir dire da altri che hanno provato invidia, ci fa sapere di non essere gli unici, di non essere i più cattivi ma di essere a volte un po’ tutti sulla stessa barca.

L’invidia è infatti un sentimento che normalmente capita di provare. Inoltre è interessante notare che accorgersi di provare invidia possa essere anche un’arma utilizzabile a proprio vantaggio.

È un segnale del fatto che lo stato in cui versiamo non ci soddisfa, che c’è qualcosa forse in cui vorremo migliorare e ammetterlo ad alta voce dà spazio a nuove possibilità. Insomma, provare invidia può dare il via a un percorso, magari in salita ma che potrebbe portare alla cima di un monte che da tempo volevamo raggiungere.

L’invidia dunque è un accecamento che se riconosciuto e preso in considerazione costringe a farci delle domande che potrebbero portare a un nuovo punto di vista.

Diana Prada, Psicologa e psicoterapeuta dell’équipe TheClew

 

Invidia

Dal latino in-videre. La traduzione è duplice: da una parte con in- nel significato di sopra, e videre guardare, vedere/guardare sopra, perché l’invidioso guarda con occhio bieco e iroso la felicità altrui permettendosi altresì di sottolineare e marcarne i difetti. Dall’altra con in- tradotto come non, dunque non vedere, guardar male, gettare il malocchio. A significare dunque che chi è preda dell’invidia non può vedere la prosperità altrui senza provare rancore, perché volge lo sguardo altrove.  

Maggio 2017

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