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Imprese, uno scatto di responsabilità

Imprese

Dalla Conferenza di Rio uno stimolo agli impegni volontari

La conferenza delle Nazioni Unite tenutasi a Rio de Janeiro nel giugno del 2012, ha portato in questo biennio, a un rilancio della responsabilità sociale di impresa (o CSR, Corporate Social Responsibility), uno strumento volontario che, stando alla norma ISO 26000, riguarda sette aree fondamentali: “governance” dell’impresa, diritti umani, condizioni dei lavoratori, ambiente, pratiche commerciali corrette e leali, rapporto con i consumatori, coinvolgimento della comunità locale e contributo al suo sviluppo.

Benché a parole tutti siano d’accordo che praticare la responsabilità sociale porti benefici all’impresa, si registra un certo stallo dovuto alla priorità data alla massimizzazione del profitto a ogni costo, a discapito della salute, della dignità umana, dei diritti, dell’ambiente e del futuro. È quindi necessario che la comunità internazionale se ne occupi davvero, anche perché la CSR è essenziale per lo sviluppo della green economy.

Un appello al settore privato

Il documento finale della conferenza delle Nazioni Unite, nota come “Rio+20” non lascia dubbi. I rappresentanti dei paesi membri dell’Onu (tra cui un centinaio di capi di Stato e di governo) hanno espresso il loro sostegno a “quadri normativi e politici che consentano alle imprese e alle industrie di promuovere iniziative di sviluppo sostenibile, tenendo conto dell’importanza della responsabilità sociale delle imprese”, chiedendo al settore privato di “impegnarsi in pratiche gestionali responsabili, come quelle promosse dal Global Compact delle Nazioni Unite”.

Il documento prosegue riconoscendo l’importanza dei “rapporti di sostenibilità” e invita le imprese a integrare queste informazioni nel ciclo del loro reporting. Accanto e oltre a regole, strumenti finanziari, piani e politiche nazionali, sono infatti le imprese e il mondo industriale a potere e a dovere “contribuire allo sviluppo sostenibile e a sviluppare strategie di sostenibilità che integrino, tra l’altro, le politiche della green economy”.

La forza della volontà

In un’epoca di crisi non solo finanziaria ed economica ma anche morale e culturale, conta molto l’impegno diffuso, che può nascere dai mille fenomeni in corso nella società e su cui gli stessi governanti riuniti a Rio, viste le casse pubbliche vuote, hanno cercato di puntare. L’aggettivo “volontario” e l’avverbio “volontariamente” ricorrono una quindicina di volte nel documento finale di Rio+20. Le imprese che aderiscono al Global Compact (uno standard per gli impegni volontari promosso dall’Onu, basato su dieci principi) sono già oltre 8.700 da 135 paesi del mondo.

In Italia sono organizzate nel Global Compact Network Italia, presieduto dall’economista (di origine bergamasca) Marco Frey, e vi aderiscono anche Università ed enti non profit.


Di fronte all’aggravarsi di tutti i parametri (sociali e ambientali) cresce la responsabilità delle imprese: costruire il futuro, “piantare” semi di sostenibilità (come un tempo il contadino saggio piantava querce che sarebbero servite ai suoi figli), e contemporaneamente la necessità di mettere mano anche al presente.

Sì, perché non bisogna stancarsi di ricordarlo: innovare procedimenti, prodotti, organizzazione aziendale, rapporto con il territorio e con la sfera pubblica, “inoculando valori” nelle strategie aziendali e guardando alla responsabilità e alla sostenibilità, è l’unico modo per uscire dalla crisi attuale con un salto di civiltà, nella speranza di essere sulla strada di un futuro migliore per tutti.

Mario Salomone

Dicembre 2014

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