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Speciale Agricoltura - INTERVISTE: Renato Giavazzi

In questo numero: SPECIALE AGRICOLTURA con INTERVISTE A SEI ESPERTI DEL SETTORE

Renato Giavazzi - Presidente di Confagricoltura Bergamo

Secondo lei, in estrema sintesi, quali ragioni hanno gli agricoltori alla luce delle recenti proteste svolte in Italia e in Europa e cosa invece non condivide delle loro rivendicazioni?

I problemi che i manifestanti stanno portando all’attenzione dell’opinione pubblica in queste settimane sono i problemi di tutti gli agricoltori e non posso che condividerli. In Italia e in Europa sono diversi i movimenti spontanei che stanno esprimendo il loro disagio, un disagio che appunto va ascoltato e che è acuito dal costo del lavoro, che rende l’Italia meno competitiva rispetto agli altri Paesi, e dal costo del denaro, che sta creando ulteriori difficoltà alle imprese agricole. Tutto questo si inserisce in un contesto in cui il valore dei prodotti non viene distribuito equamente all’interno delle filiere, per cui l’agricoltore risulta alla fine quello più penalizzato.

C’è modo e modo di rappresentare lo stato di disagio vissuto; si può manifestare con i trattori, si possono anche fare momenti di proteste e di proposta, andando a incontrare le istituzioni. Credo che tutto ciò che serve per riportare al centro del dibattito il futuro dell’agricoltura sia importante, senza esagerare con momenti di protesta che vanno oltre il sistema delle leggi.

C’è un livello macro, globale, che concerne coltivazioni, allevamenti e trasformazioni industriali per un sistema alimentare organizzato su scala mondiale (comprese distribuzione e logistica) e un livello micro di agricoltura, spesso più tradizionale, legata alle specificità del territorio e a pratiche di comunità. Come possono convivere?

A mio avviso possono convivere e la nostra provincia ne è la testimonianza. Un’agricoltura non esclude l’altra e non mi sento di demonizzarne una. In generale, classificare l’agricoltura in diversi tipi e promuovere culturalmente ed economicamente uno solo di essi, avalla posizioni divisorie dando patenti di buono o cattivo che non condivido. L’agricoltura è una, variamente declinabile solo in funzione dei contesti ecologico-ambientali e socio-economici, e deve perseguire sempre e in ogni caso le tre dimensioni della sostenibilità (ambientale, economica e sociale). Le diverse pratiche dovrebbero essere considerate complementari, con l’obiettivo generale di incrementare e integrare produttività, qualità e sostenibilità ambientale dell’agricoltura.

Quali sono i tre obiettivi e iniziative prioritarie, sia legislative ma non solo, che le istituzioni pubbliche (europee e nazionali) devono perseguire per incidere su questo complesso sistema agroalimentare, a favore di tutti i cittadini?

Un sistema diffuso di buone imprese - orientate al cambiamento, aperte all’innovazione, responsabili sul piano sociale e della tutela delle risorse naturali - non è sufficiente ad assicurare una crescita economica stabile e duratura se manca un sistema di buon governo in grado di accompagnare e favorire l’impegno degli imprenditori. Bisognerebbe mettere a punto un modello economico capace di considerare e remunerare in modo equo tutti gli attori della filiera, dal produttore al consumatore, con un approccio che garantisca la distribuzione del valore, la condivisione dei rischi e delle opportunità economiche, maggiore reciprocità così come un giusto prezzo di vendita per il consumatore.

Il tema della reciprocità rispetto agli standard è poi fondamentale. Mentre noi discutiamo di standard sul benessere animale, ad esempio, importiamo nel nostro continente prodotti che da quel punto di vista sono distanti anni luce. Ancora, il settore ortofrutticolo italiano è sempre in competizione coi prodotti di altre nazioni, dove il costo del lavoro e le tutele sociali sono ben al di sotto di quelli italiani. Per poter competere in un mercato globale bisognerebbe attivare strumenti di protezione.

C’è poi una questione importante da affrontare, che è quella di avere una food policy che ora non esiste da tutte le parti. La città di Bergamo sotto questo punto di vista è un esempio virtuoso. Dobbiamo creare, attraverso politiche mirate, un modello che possa garantire cibo sano per tutti, la lotta contro gli sprechi, l’educazione al cibo e la promozione della ricerca scientifica in campo agroalimentare. Le istituzioni devono avere il coraggio di proiettarsi verso queste richieste.

Uno sguardo al futuro. Come vede l’agricoltura tra 10 anni? Quali i rischi o le minacce più grandi? Quali le opportunità da cogliere per un’evoluzione positiva del settore?

Un Paese è forte se l’agricoltura è forte e mi piacerebbe se venisse data agli agricoltori la possibilità di partecipare alla costruzione di un progetto comune sul futuro dell’agricoltura italiana. Questo dialogo finora non c’è mai stato. Dobbiamo sederci attorno a un tavolo per promuovere un piano pluriennale per l’agricoltura italiana. Un piano del genere non si fa da quasi cinquant’anni. Forse è arrivato il momento di approntare un piano ambizioso di crescita, affinché si possa monitorare nel tempo dove stiamo andando. Non possiamo ridurre tutto a una discussione che dipenda solo dall’Europa: anche noi dobbiamo essere protagonisti del nostro presente e costruire insieme il nostro futuro.

 

Marzo 2024

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