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Sono rimasta nella mia valle. E vivo di cultura

Sono rimasta nella mia valle. E vivo di cultura

Intervista a Valeria Offredi, la responsabile della BibliOsteria di Corna Imagna (Bg), un luogo dove libri e cibo, provincia e mondo, affetti e lavoro si incontrano

Coniugare cultura, ricerca e ospitalità. Conciliare lavoro e affetti personali. Rimanere legate alle proprie radici, ma allo stesso tempo essere capaci di accogliere il mondo. Impossibile? Per i più sì, ma non per lei.

Trentuno anni, originaria di e residente a Berbenno, due lauree (una in Scienze politiche e una in Musicologia), Valeria Offredi è da maggio 2018 la responsabile della BiblioOsteria Cà Berizzi a Corna Imagna, «progetto geniale» (come lo definisce lei stessa) del Centro Studi Valle Imagna, una realtà illuminata che «si occupa di tradizione locale non cercando di farla sopravvivere in modo artificiale, ma studiandola in modo scientifico, attraverso la ricerca e la conservazione della memoria della popolazione più anziana».

Dalle prenotazioni ai menù, dal servizio a tavola all’accoglienza vera e propria, dai social network all’organizzazione degli eventi... Ogni attività passa dalle mani di Valeria, che rivela: «È stata una scelta fatta d’istinto, forse anche in modo un po’ incosciente». Ma, quando ci sono «le persone giuste vicine», ci sono l’impegno e la consapevolezza delle proprie risorse, si può tenere i piedi puntati nel passato e guardare al futuro, «sentirsi a casa e allo stesso tempo non chiusi dentro». Anche in un piccolo paesino di provincia.

Valeria, descrivi la BibliOsteria a chi non la conosce...

«Cà Berizzi è, innanzitutto, una casa, abitata per cinque secoli circa dalla famiglia della quale porta il nome. È un simbolo per la Valle Imagna, per l’imponenza, una rarità nel contesto rurale in cui si trova, per la storia e per le caratteristiche architettoniche tipiche che conserva. Fra le sue mura hanno trovato casa, nel corso degli ultimi quattro anni, i fondi librari collezionati dal Centro Studi Valle Imagna e le sue pubblicazioni, che hanno come tema principale cultura, storia e tradizioni della nostra Valle, in particolare, e della montagna, in generale. Inoltre, con lo scopo di rendere la biblioteca autosufficiente, gli stessi locali della biblioteca ospitano anche un ristorante che offre prodotti artigianali, del territorio, ricette tradizionali. Raccontano, attraverso il gusto, le stesse storie che raccontano i libri del Centro Studi».

Libri e cibo, un bel binomio: quanto è compreso e quando ancora c’è da fare?

«Poco compreso, purtroppo. La parte gastronomica rimane la più interessante per la maggior parte dei nostri visitatori, anche perché, banalmente, è più immediata, più facile da fruire. È anche, tuttavia, una questione di tempo: la mia idea è, pian piano, di riuscire a costruire sempre più progetti e iniziative ad hoc, volte a promuovere in modo specifico la conoscenza dei nostri documenti. Ma è un lavoro per nulla semplice, che richiede molto studio, a cui credo mi potrò dedicare maggiormente quando la parte della ristorazione “andrà da sé”».

Nella gestione ti fai aiutare dalla tua famiglia. Quanto influisce ed è bello questo aspetto?

«È fondamentale perché vuol dire sapere di potersi fidare, avere sempre qualcuno con cui confrontarsi apertamente, qualcuno che ti sia vicino quando le giornate sono difficili, qualcuno a cui sai di poter chiedere sempre aiuto. Non riesco a immagine la mia gestione di Cà Berizzi che non sia familiare, senza mia mamma, il mio compagno, mia sorella vicini. E ora che sto per diventare mamma, tutto ciò è ancora più vero. Anche se credo che il prossimo sarà un anno impegnativo ed è difficile immaginare come sarà realmente, penso che sia un privilegio poter avere la possibilità di crescere il proprio bambino nel luogo in cui si ha un’attività. Molte altre donne non possono vivere il proprio ruolo di madri e di professioniste insieme, ma devono separare spazi e tempi per l’una e l’altra cosa».

Sembra sempre una sfida impossibile, eppure tu ci sei riuscita. Dunque si può vivere di cultura e valorizzazione territoriale?

«È una sfida entusiasmante, non impossibile, ma sicuramente molto, molto difficile. Richiede dedizione, concentrazione, tempo, energie, fantasia. Se le soddisfazioni sono tante le delusioni non sono meno, non c’è una stabilità né un modello simile già affermato da seguire, per cui bisogna sapere coltivare la fiducia e la speranza che le cose andranno per il verso giusto e che quello che sogniamo si realizzerà. E per fare ciò, occorrono costanza, perseveranza e non è sempre facile. Ciò vale per tutte le professioni, ovviamente. Diciamo che, nel contesto della Valle Imagna, c’è ancora moltissimo lavoro da fare per la promozione del territorio e, soprattutto, della cultura».

Cosa consigli a una ragazza che vorrebbe realizzarsi senza lasciare la valle? Cosa studiare e quali percorsi seguire?

«Onestamente non so rispondere! Non credo ci siano strade migliori di altre da seguire. In modo contorto, magari prendendo (e insieme perdendo) tempo, ho sempre fatto quello che mi piaceva. Il mio percorso professionale e di studio non sembra avere alcuna coerenza. Però tutto ciò che ho sperimentato e appreso, in qualche modo, mi è servito ad acquisire diverse competenze e a essere determinata a portare a termine i miei progetti. Quel che conta è sapersi mettere in gioco ma con serietà, sperimentando e studiando».

Quanto siamo diverse dalle nostre mamme, nonne e bisnonne?

«Le nostre nonne sono donne che non si sono risparmiate, che hanno sempre lavorato. Non per se stesse, credo, ma più per la famiglia, per gli altri. Mi piace pensare che siano felici le donne della nostra generazione, che conservino la loro forza e quel carattere, ma che, a differenza loro, possano scegliere in cosa investirli, essere libere e appagate».

In un mondo che corre, che parla lingue diverse, naviga e non conosce confini, quali sfide deve affrontare la Valle Imagna?

«Smettere di pensare “in piccolo”, valorizzare le proprie risorse e potenzialità».

Michela Offredi

Novembre 2019

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