Wwoof, WorkAway, EcoBnB: tra economie di scambio e tutela dell'ambiente. I network di turismo rurale che crescono sul web
Sono giovani, ma non solo. Hanno esperienza nel mondo agricolo, ma non necessariamente. Vogliono viaggiare a costo ridotto, ma vogliono anche farlo in maniera sostenibile ed ecologica. Desiderano tornare alla terra, ma sono iperconnessi e internet è il medium per eccellenza con cui cercano informazioni, destinazioni ed esperienze.
È il vasto e variegato mondo dei cosiddetti “wwoofers”, persone che si offrono per lavoro volontario nelle aziende agricole biologiche di tutto il mondo in cambio di vitto e alloggio attraverso il network Wwoof (World Wide Opportunities on Organic Farms), ma ha una componente fondamentale: il desiderio cioè di tornare ad avvicinarsi alla terra, di valorizzare l'economia di scambio non basata necessariamente sul denaro e di sostenere con un'inedita forma di turismo rurale quelle realtà – spesso molto piccole – che nel mondo promuovono l'agricoltura naturale, la tutela dei territori, la custodia di antiche tradizioni contadine. Ma Wwoof, che pure a livello agricolo è il più famoso, non è certamente il solo: cresce infatti il numero di piattaforme e network che fanno della “sharing economy del biologico” il loro punto di forza, sia essa sotto forma di scambio di lavoro e ospitalità oppure di messa in rete di chi pratica turismo rurale al servizio dei viaggiatori. E una cosa è ben chiara agli addetti ai lavori: per tutelare i territori bisogna tornare al passato, sì, ma con i mezzi del futuro, internet in primis.
Da tutto il mondo ma con motivazioni diverse
Wwoof è un'organizzazione che mette in contatto le fattorie biologiche con chi desideri offrire il proprio aiuto in cambio di vitto e alloggio. Fondata in Inghilterra nel 1971, Wwoof si è sviluppata soprattutto a partire dagli anni Novanta grazie all'avvento della rete, che ha permesso di avvicinare viaggiatori e fattorie con regole certe e soprattutto con una maggiore capillarità.
Oggi Wwoof è diffusa in tutto il mondo e si è strutturata in una serie di reti nazionali che vanno dall'Europa all'America, dall'Asia all'Africa; c'è poi una lista di “Independents”, che comprende invece quelle esperienze Wwoof attive nei paesi privi di una propria rete nazionale.
Possono fare richiesta di accesso come ospitanti tutte le realtà attive nel campo dell'agricoltura biologica (agriturismi, aziende biologiche a conduzione familiare, case in campagna con orti naturali, ecovillaggi, ecc), mentre per accedere alla rete come ospite è necessario tesserarsi alla rete nazionale del paese in cui si desidera andare (in Italia, la tessera costa 35€). E poi? Facile, una volta tesserati si può accedere alla lista di aziende ospitanti, scegliere quella che fa al caso proprio e accordarsi: la durata della permanenza in loco è stabilita tra il viaggiatore e l'ospitante e può variare dai pochi giorni a mesi interi.
Con una clausola importante: non si tratta né di manodopera gratis in cambio di vitto e alloggio, né di una semplice vacanza campagnola, ma piuttosto di uno scambio e arricchimento reciproco. «Dal 2012 a oggi abbiamo ospitato all'incirca 400 wwoofers – spiega Stefano Gusmini, titolare della Fattoria della Felicità di Onore (BG) -, non solo giovani ma anche pensionati o famiglie con bambini. Sono passate di qui persone da Stati Uniti, Canada, Ungheria, Polonia, Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Cina, India.
È uno dei motivi per cui ci siamo iscritti a Wwoof: non solo per avere un aiuto in azienda, che è sempre utile, ma soprattutto per avere un po' il mondo in casa. Quando si gestisce un'azienda agricola è difficile spostarsi e viaggiare, ma così si possono conoscere culture e lingue diverse». Ciò che ha notato in otto anni di associazione è che italiani e stranieri si avvicinano a Wwoof con finalità diverse: «dall'estero vengono per passare del tempo in una cultura diversa dalla propria; gli italiani invece provano Wwoof principalmente per capire come funziona un'azienda agricola e se la vita contadina fa per loro oppure no».
E il bilancio dell'esperienza? Per Stefano è sostanzialmente positivo, a patto però che si entri nel mood giusto: «Non è manodopera da sfruttare: spesso arriva gente senza nessuna esperienza in campo agricolo ed è più quello che si insegna loro rispetto a ciò che si ottiene in termini lavorativi.
Ed è proprio questo il bello: è un'esperienza con persone diverse, un'opportunità di crescita per entrambi. Con molti dei nostri wwoofers siamo ancora in contatto dopo anni, perché si creano dei bei rapporti d'amicizia». Che Wwoof sia un'esperienza segnante lo dimostrano i dati: secondo un calcolo effettuato qualche anno fa dal Guardian, in 100 paesi del mondo ci sarebbero più di 6mila fattorie ospitanti, e il numero continua a crescere.
Nel gruppo Facebook “Wwoof Italy – Wwoofers Forum”, che raccoglie in una vivace community online chi ha già svolto esperienze come wwoofer e chi invece è interessato a provare, ci sono circa 7 mila iscritti, in “Wwoof – Italiani all'Estero” sono quasi 2 mila: ci si scambiano pareri e informazioni, il clima è disteso e ben lontano dai toni violenti che spesso caratterizzano i dibattiti sui social. «Per me fare wwoofing significa vivere e lavorare con la gente del luogo – spiega Claudio Senato, 38 anni, quando gli chiediamo di raccontarci la sua esperienza -. Lo preferisco ai viaggi tradizionali, le mie ferie sono tutte così ormai. Sono stato per la prima volta in Toscana, poi in valle d'Aosta: erano entrambi agriturismi bio, per lo più aiutavo durante il raccolto. Poi sono stato in Svezia, ospite di una coppia di coniugi agricoltori». Come lui, moltissimi altri.
Sharing economy e turismo rurale, un binomio vincente
Simili a Wwoof sono anche WorkAway ed HelpX, piattaforme che mettono in relazione chi cerca vitto e alloggio nel mondo e chi invece ha necessità di qualcuno che svolga piccoli lavoretti.
Anche in questi casi, alla base c'è la volontà di incrociare esigenze diverse e avvicinare mondi distanti, e di farlo partendo da un presupposto di gratuità reciproca. Sebbene non siano incentrati esclusivamente sul mondo rurale, anche nel caso di WorkAway e di HelpX grande importanza è data all'aspetto territoriale e alla gratuità reciproca: vitto e alloggio sono offerti in cambio di tempo e capacità, ci si accorda sul lavoro da svolgere e sul tempo a disposizione (importante è il meccanismo delle recensioni e la celerità delle piattaforme nell'intervenire in caso di ospiti o ospitanti inaffidabili) e si entra così in contatto con altre culture e altri paesi “dal di dentro”.
Un altro esempio di network al servizio della territorialità e di un approccio sostenibile e rurale è poi la community tutta italiana di Ecobnb: sulla scia dell'apprezzatissima formula di Airbnb, infatti, Ecobnb dal 2014 mette in rete le strutture ricettive sostenibili in Europa, dalle case sugli alberi agli agriturismi, dai bed and breakfast agli ecovillaggi. Sviluppato grazie al finanziamento Seed Money 2014 di Torino e al co-finanziamento europeo EcoDots dedicati ai progetti di turismo sostenibile, Ecobnb raccoglie oggi sul suo portale più di 2500 strutture green, ha più di 80 mila utenti al mese che navigano sulle sue pagine e promuove proposte di viaggio e turismo slow.
Erica Balduzzi