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Com’è profondo il mare

Com’è profondo il mare

Il mare. L’oceano. L’acqua.

Il mare. L’oceano. L’acqua. Il mondo e tutti gli esseri viventi che popolano il pianeta Terra dipendono da essi.

Dall’equilibrio biochimico e dalle risorse generate dalle acque che coprono il nostro pianeta nasce il più ancestrale meccanismo biologico: la vita.

Il mare è il nostro più prezioso e straordinario patrimonio: ambientale, storico e culturale. Un patrimonio continuamente minacciato dagli effetti delle azioni umane.

«L’uomo è l’unico animale che consuma senza produrre» scrive George Orwell nella sua celebre “Animal Farm”, La fattoria degli animali, e come è possibile sottrarsi a questa definizione sapendo che l’essere umano mette a rischio una delle più importanti fonti di vita sulla Terra cementificando selvaggiamente il territorio, trivellando i fondali marini, permettendo la pesca illegale, scaricando rifiuti, spesso idrocarburi o materiali tossici, in acque che non vengono depurate?

Le pratiche umane di cittadini e imprese e le politiche distratte e poco lungimiranti dei governi sono la causa principale del deterioramento degli ambienti naturali, soprattutto di quelli marini.

Sono impressionanti i dati che fotografano lo stato dei mari e degli oceani in Italia e nel mondo: nelle pagine seguenti vengono illustrate alcune analisi e statistiche che non lasciano scampo alla responsabilità dell’uomo e alle conseguenze distruttive che si ripercuotono su tutto il pianeta, e in definitiva su noi stessi.

Nei mari italiani, ad esempio, secondo le analisi di Legambiente galleggiano rifiuti che per il 90% sono di origine plastica, quindi non biodegradabili. Oltre allo scoraggiante dato in sé, il triste paradosso è rappresentato da un’ulteriore analisi che ha stabilito che, di questi rifiuti, circa il 90% potrebbe essere riciclato e reimpiegato come materia di base per nuovi cicli produttivi, se non finisse direttamente o indirettamente nei nostri mari.

La giornata mondiale dell’acqua, celebrata in tutto il mondo il 22 marzo, ha fornito purtroppo un quadro poco rassicurante, affermando che ben 900 milioni di persone al mondo non hanno accesso a fonti sicure di acqua potabile e quasi il 40% della popolazione mondiale convive con il problema della scarsità delle risorse idriche.

A livello mondiale, circa il 90% delle acque reflue finisce nell’ambiente senza alcun tipo di trattamento.

Le cause dei rifiuti dispersi nei fiumi, laghi, mari e oceani vanno tuttavia ricercate e affrontate a monte, nelle città, nelle fabbriche e nelle case dei cittadini, sviluppando la consapevolezza sociale e civile di persone che troppo spesso dimenticano di essere parte di una comunità.

Per questo, ben vengano tutte le soluzioni mirate a risolvere un problema che determina un lento e irreversibile danno a scapito della biodiversità marina; ma non dimentichiamo che l’azione più d’impatto e risolutiva è l’informazione: la comunicazione ai cittadini delle conseguenze dell’inquinamento sulla loro vita quotidiana e sulla salute.

Il flacone finito di crema solare lasciato sulla spiaggia dopo una gita al mare, le buste di plastica abbandonate perché non si è prossimi a un cestino, ma anche lo smaltimento degli assorbenti igienici nei wc e quello dell’olio per friggere colato nel lavandino sono azioni che vediamo compiere tutti i giorni, che hanno un impatto disastroso sull’ambiente marino.

La realtà vede le buste di plastica uccidere gli animali che le scambiano per il proprio nutrimento, mentre i residui oleosi e i rifiuti emessi dall’uomo alterano il pH delle acque intaccandone le proprietà essenziali per i microrganismi alla base della catena alimentare, una catena di cui fa parte - inesorabilmente - anche l’uomo.

I vertici mondiali possono indire Giornate mondiali, riunirsi e promulgare leggi, possono attuare interventi a tutela dell’ambiente, ma se il primo passo verrà sempre dalle decisioni di pochi e non dalla consapevolezza di molti, la nostra società non avrà mai la forza e l’unità per affrontare problematiche gravi e tanto profonde quanto l’inquinamento degli oceani.

Ilaria D’Ambrosi

Aprile 2017

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