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Uniboschi, la nuova alleanza per la cura dei boschi collinari

Dal percorso partecipato promosso dal GAL Colline Bergamasche il progetto di un’associazione per gestire il patrimonio forestale

Prendersi cura del territorio significa anche prendersi cura del suo patrimonio boschivo e delle aree incolte che lo circondano. Proprio con questo spirito è nata l’idea di Uniboschi, in un percorso di confronto e progettazione partecipata promosso dal GAL Colline Bergamasche per favorire una gestione sostenibile dell’area collinare di Bergamo. L’iniziativa è maturata in particolare nel Laboratorio di Comunità sulle tematiche ambientali organizzato dal GAL nel primo semestre di quest’anno, che ha visto riunirsi amministratori comunali, tecnici, esperti di settore e volontari di diverse associazioni in un vero confronto aperto di comunità. Coordinati dal Dr. Vittorio Rinaldi, i partecipanti hanno discusso delle problematiche ambientali salienti del territorio e delle possibili strategie di tutela e valorizzazione di lungo periodo.

Criticità ambientali e gestione coordinata

Dal confronto sono emerse diverse criticità, dall’inquinamento dell’aria alla scarsa manutenzione dei corsi d’acqua minori, dall’insufficiente preparazione naturalistica di tecnici e volontari all’impatto dei nuovi progetti di viabilità automobilistica nell’area periurbana. A richiamare maggiormente l’attenzione è stato però il problema della situazione di generale incuria dei boschi e la preoccupazione per le sue conseguenze in termini di smottamenti di strade, ostruzioni di sentieri e dissesti idrogeologici. Da qui l’idea di un’associazione dedicata appositamente alla gestione delle aree forestali abbandonate che, oltre a prendersi cura del patrimonio boschivo, potrebbe farsi carico di coordinare i gruppi di volontariato attivi nel campo della manutenzione delle aree boscate, promuovendo attività di comunicazione e sensibilizzazione.

Sulla scorta di queste indicazioni, il GAL delle Colline ha quindi dato il via nel mese di settembre a uno studio di fattibilità volto a individuare requisiti e condizioni necessarie per l’avviamento di un’associazione forestale, inserendo l’iniziativa nel quadro di una proposta regionale di valorizzazione del patrimonio boschivo compartecipato dai GAL della Valle Brembana, del Lago di Como e della Valtellina.

Lo studio prevede tre fasi: una fase di ricognizione iniziale tesa a conoscere e indagare le migliori esperienze associative realizzate in altri contesti italiani, onde verificare i fattori che ne hanno determinato di volta in volta successi e insuccessi, criticità e soluzioni; una seconda fase incentrata sulla formulazione di un’ipotesi di partenza destinata ad essere divulgata ad amministrazioni comunali, proprietari privati e associazioni interessate al fine di raccogliere commenti, osservazioni e suggerimenti, sulla base dei quali procedere infine - terza e ultima fase - alla stesura della proposta definitiva e quindi all’eventuale raccolta delle adesioni.

Una rete per valorizzare paesaggio e comunità

Uniboschi rappresenterà così un passo importante verso una conduzione più partecipata e consapevole del nostro patrimonio forestale, permettendo di conferire a un ente senza fini di lucro la gestione di terreni altrimenti abbandonati senza perderne la proprietà. Un progetto che metterà in rete persone, esperienze e visioni, restituendo valore al paesaggio collinare bergamasco e alle comunità che lo abitano.

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I boschi degli altri

Un seminario di approfondimento per conoscere esperienze e modelli di gestione delle aree boschive in Italia

Si è svolto il 16 settembre 2025 presso la sede del Parco dei Colli di Bergamo il seminario pubblico intitolato “Buone pratiche di associazionismo forestale” che ha inaugurato la prima fase del progetto “Uniboschi” promosso dal GAL delle Colline Bergamasche.

Il seminario ha offerto una panoramica delle esperienze di associazionismo forestale attualmente in corso in altre province italiane, illustrando in dettaglio gli elementi che li accomunano e li differenziano. L’incontro ha visto tra i partecipanti rappresentanti di Coldiretti, Confagricoltura, Università degli Studi di Bergamo e delle maggiori organizzazioni di tutela ambientale. Dopo le introduzioni del Presidente del GAL Marco Zanchi e della Direttrice Carmelita Trentini, hanno portato saluti istituzionali Oscar Locatelli del Parco dei Colli di Bergamo, Patrizio Musitelli del GAL Valle Brembana, Gianluca Macchi del GAL Valtellina, Yvan Caccia della Comunità Montana Valle Seriana e Claudio Bolandrini per la Provincia di Bergamo. A tenere le relazioni centrali del seminario due relatori di spicco: Enrico Calvo, membro dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali e della Società Italiana di Ecologia e Scienze Forestali, e Nicola Gallinaro, esperto di pianificazione forestale e autore di numerosi piani di indirizzo forestale in diverse province lombarde.

Cinque modelli gestionali

Dopo aver inquadrato gli aspetti normativi, le difficoltà amministrative e le dimensioni crescenti del problema dell’abbandono dei boschi e della frammentazione delle proprietà, i due relatori si sono soffermati sulle caratteristiche dei diversi modelli organizzativi attualmente in uso. Hanno quindi illustrato i tratti salienti di cinque modelli di gestione associata delle foreste e le ragioni che inducono a optare ora per l’uno ora per l’altro, a seconda delle necessità e del contesto. Il primo modello descritto è quello del consorzio forestale, fondato di solito da Enti Pubblici e aziende forestali per gestire ampie superfici di aree montane e impostato con un’organizzazione imprenditoriale, principalmente basandosi sulla vendita di prodotti legnosi, sulla gestione di concessioni e sull’affidamento di lavori da parte di Enti Pubblici e privati (casi esemplari i Consorzi del Ticino e di Prata Camportaccio).

In secondo luogo, la cooperativa forestale o di comunità, anch’essa costituita con una vocazione commerciale da imprese e proprietari pubblici e privati, ricorrendo a figure tecniche specializzate e alla vendita di prodotti e servizi (caso esemplare la Cooperativa Briganti del Cerreto).

Il terzo modello illustrato è quello dell’associazione fondiaria, orientata primariamente non ad attività commerciali ma alla salvaguardia della biodiversità e alla cura dell’habitat e aperta alla partecipazione di diversi tipi di soci - sia proprietari che non proprietari, sia persone fisiche che giuridiche - avvalendosi di contributi pubblici, affidamenti in gestione e apporti di personale volontario (casi delle Associazioni di Luvinate, della Val Corta, del Monte Maddalena di Brescia o della Foresta Modello delle Montagne Fiorentine).

Distinto dall’associazione il modello dell’accordo di foresta, sottoscritto da imprese agricole e proprietari di terreni che continuano a gestire i propri fondi ma seguendo le indicazioni di un piano di sviluppo stabilito congiuntamente con gli altri aderenti all’accordo in vista una valorizzazione coordinata delle superfici a vocazione agro-silvo-pastorale (Accordi del Monte Penna e della Val Stura).

Per ultimo la green community, frutto dell’aggregazione di comuni e comunità montane specificamente in funzione alla partecipazione a bandi e dell’ottenimento di finanziamenti del PNRR (casi delle Terre del Monviso e della Comunità Montana Valtellina). Sulla scorta di questa panoramica, il seminario si è concluso con un vivace momento di discussione del pubblico sulle possibilità di implementare il modello dell'associazione fondiaria nel territorio bergamasco.

 

 

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