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Glifosato, il diserbante che divide l’UE

Glifosato, il diserbante che divide l’UE

La Calabria è stata la prima regione italiana a vietarlo ma per l’EFSA non è cancerogeno. Numeri e perplessità sul diserbante più usato al mondo

La nostra storia parte da Sud e più precisamente dalla Calabria, dove lo scorso dicembre la Giunta regionale ha vietato l’uso del glifosato sui suoi territori. La decisione di dire addio dopo 40 anni all’erbicida della multinazionale Monsanto non significa soltanto liquidare il diserbante più usato al mondo, ma anche inserirsi in una disputa a livello europeo.

Basso costo ottima resa

Bisogna sapere che il glifosato è un diserbante a basso costo, sintetizzato negli anni ’50 e commercializzato a partire dal 1974 con brevetto Monsanto, capace di inibire uno specifico enzima delle piante quindi di seccare quelle infestanti in soli dieci giorni.

Proprio grazie alla sua efficienza, in poche decadi il glifosato diventa molto popolare tanto che, dopo la scadenza del brevetto nel 2001, le aziende produttrici di questa sostanza si moltiplicano.

Oggi sono 750 i diserbanti che lo contengono e 14 i marchi europei che lo commercializzano. Con 718 mila tonnellate vendute nel 2012 e un corrispondente valore di mercato di 5,4 miliardi di dollari (che nel 2019 potrebbe raggiungere gli 8,8 miliardi), il glifosato è il diserbante più usato al mondo, abitualmente impiegato per la pulizia di campi e giardini, soprattutto negli Stati Uniti, in Brasile e in Argentina. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), il glifosato sarebbe tra le sostanze più vendute in Italia, ma non esistono dati precisi in merito.

La Lombardia e la Toscana, uniche regioni che ne documentano la presenza nelle acque, evidenziano glifosato rispettivamente nel 35 e nel 90% dei punti di monitoraggio considerati.

Contamina acqua e cibo

L’inquinamento delle acque superficiali sarebbe legato proprio all’uso dell’erbicida, infatti il glifosato è stato recentemente messo in discussione per i suoi effetti dannosi sull’ambiente e sulla salute dell’uomo. Secondo alcuni esperti, il metabolita AMPA, frutto del processo di degradazione del pesticida, può contaminare gli alimenti.

Con questo si spiegherebbero i risultati dei diversi test che hanno dimostrato la presenza di glifosato in sangue, urine e persino nel latte materno di persone mai state a contatto col pesticida. Inoltre, il glifosato potrebbe essere causa di intolleranze, allergie e celiachia e per alcuni avrebbe un’azione tossica sui geni.

Infine, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (lo IARC dell’Organizzazione mondiale della sanità) ha definito il glifosato una «probabile causa di tumori», inserendolo nel gruppo di sostanze con fattore di rischio 2A insieme a carni rosse, bitume, anabolizzanti e fumi da combustione.

Cancerogeno o no? Il dilemma dell’UE

Tuttavia, la condanna del glifosato, lungi dall’essere definitiva, ha anzi generato un conflitto istituzionale. Nel novembre 2015, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha minimizzato le conclusioni presentate solo otto mesi primi dello IARC, riabilitando il glifosato perché «probabilmente non cancerogeno».

Anche a livello istituzionale dunque regna la confusione e, persino l’Unione Europea, che avrebbe dovuto votare il rinnovo dell’autorizzazione all’uso del glifosato nel continente lo scorso giugno, ha prorogato la decisione di 18 mesi, in attesa di fare chiarezza su un tema dibattuto a livello scientifico, tra l’opinione pubblica e gli stessi 28 Paesi coinvolti.

Basta con i diserbanti

La situazione attuale dunque è la seguente: Malta e i Paesi Bassi hanno vietato la vendita del pesticida della Monsanto e la Francia ha messo al bando alcuni diserbanti che lo contengono.

Mentre l’Italia lo scorso ottobre ne ha vietato l’uso in parchi, giardini e in agricoltura nella fase di pre-raccolta; in aggiunta, dal 22 febbraio prossimo, l’amministrazione bandirà l’impiego di una certa miscela a base di glifosato.

La Calabria ha fatto ancora di più, diventando la prima regione ad abolire in toto il pesticida. Nonostante le migliori intenzioni e le doverose precauzioni a tutela della popolazione, la proibizione del solo glifosato non basterà ad archiviare la questione della sicurezza alimentare europea.

Agrofarmaci altrettanto pericolosi saranno sempre pronti a sostituire il glifosato finché non si deciderà di preferire ai diserbanti una rimozione manuale o meccanica delle piante infestanti. Un processo più lungo e costoso che renderebbe però la nostra agricoltura più sostenibile.

Ilaria Beretta

Febbraio 2017

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