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La Terra Madre

Alimentazione e agricoltura: riflessioni tratte dall’opera di Olmi

L’albero degli zoccoli non è semplicemente un film, ma anche un grande documento etnografico: la precisione con cui Olmi ricostruisce il mondo rurale di fine Ottocento con i costumi e gli utensili tipici di una volta conferisce infatti all’opera il valore di documentario.

Nonostante le riprese siano montate per restituire allo spettatore un paese immaginario della Bassa Bergamasca – forse un'ideale Treviglio che oramai negli anni Settanta del Novecento aveva in gran parte perduto la sua caratterizzazione di borgo rurale – il contesto in cui le vicende sono calate è rigorosamente documentato. Non a caso vi è una precisa connotazione temporale, che va dall’inverno 1897 alla primavera del 1898.

Nell’opera di Olmi, l’attenzione al mondo contadino, alle sue storie e alle sue usanze, apre la riflessione a una dimensione più ampia, che sarà ripresa negli anni successivi dallo stesso regista con il documentario “Terra Madre”, realizzato in collaborazione con Slow Food, e che sposta l’attenzione dai contadini della bergamasca ai contadini di tutto il mondo, a un’agricoltura e ad un rapporto con la Terra che una sbagliata globalizzazione sta distruggendo, così come una filosofia e stile di vita che vede la natura come una madre e il cibo come un dono, oggi soppiantati dal diritto al tutto e subito, qui e ora.

Cibo, lavoro e fatica

La storia alimentare dei contadini è una storia di povertà e di assenza, più che di presenza. Nel decennio 1881-1890 (dunque non molto tempo prima degli anni in cui è ambientato il film) un italiano consumava in media all’anno moltissimi cereali, molta frutta e verdura, solo 17 kg di carne – più, però, del decennio precedente – e pochissimo pesce, una discreta quantità di uova, latticini e olio.

Ovunque in Italia tutti i benestanti consumavano carne, così come pane di frumento. I contadini consumavano tendenzialmente pane nero, cioè una mistura di grano, orzo, mais, segale e avena, che veniva conservato per mesi. Quando, ne L'albero degli zoccoli, la mamma di Minek partorisce un bambino, le donne del cascinale consigliano al marito di farle mangiare del pane bianco, perché recuperi le energie. Per i contadini si trattava chiaramente di una rarità, al punto che quando la madre amorevolmente rinuncia al proprio tozzo di pane per darlo al piccolo Minek, accarezzandolo gli dice: «Oggi fai festa anche tu».

Quando vediamo i contadini bergamaschi seduti a tavola nel film, questi hanno nel piatto l’immancabile polenta, magari immersa in una scodella di latte. La polenta è il piatto settentrionale per antonomasia, per i contadini era un piatto quasi vitale che suppliva alla mancanza di pane: semplice da preparare, richiede solo un po’ di farina di mais, acqua e sale. Essendo un sostituto del pane, la polenta era molto densa; solo nelle zone ricche ci si permetteva di farla più morbida e liquida, impiegandola come contorno esattamente come facciamo noi oggi.

Contrariamente a quello che si pensa, i contadini non consumavano molta carne. Si mangiava solo in occasione delle feste e un momento di vera festa era anche la macellazione del maiale, come ben si vede nel film di Olmi. Tra i momenti significativi della pellicola ricordiamo la primissima inquadratura nella quale Olmi pone fin da subito l'attenzione sul frutto della terra e del duro lavoro dei contadini protagonisti della storia.

Un tempo si viveva quasi del solo cibo che si coltivava, ma una buona percentuale del raccolto andava consegnata al padrone dei terreni, come difatti si vede nel film, che mostra anche i tentativi dei contadini di aggirare la regola: un personaggio (il Finard) aggiunge di nascosto al carro alcuni sassi, così che il proprio raccolto risulti più pesante.

Altro momento emblematico del film è la scena in cui nonno Anselmo si alza prestissimo per andare a cospargere l’orto di escrementi di gallina. Un’operazione che racchiude in realtà un sapere antico e infallibile: lo sterco forma uno strato protettivo che impedisce alla terra di gelare, permettendo così alle piantine di crescere e germogliare in primavera, sfruttando inoltre la posizione assolata e il calore della vicina stalla.

Questi accorgimenti consentono ogni anno al contadino di andare in paese sempre alcune settimane prima degli altri a vendere i suoi pomodori già maturi: un orgoglio che attribuisce valore alla stagionalità del cibo e dei cicli naturali, oggi irrimediabilmente compromessa.

Abbiamo perduto questa saggezza popolare e il contatto diretto con la terra. Non sappiamo più mettere in relazione il cibo con il luogo dal quale proviene, non abbiamo idea della fatica e del lavoro che stanno dietro un frutto, perché nell’epoca della globalizzazione digitale per avere qualsiasi cosa basta un click. C’è sempre disponibilità di prodotti, anche se sono fuori stagione, perché arrivano da altre parti del mondo o sono coltivati nelle serre artificiali.

Non ci meravigliamo più come i cittadini del borgo che, non appena vedono nonno Anselmo arrivare con un cesto di bei rossi pomodori in anticipo sui tempi, restano a bocca aperta e danno giusto merito a chi li ha coltivati.

Un film documentario

Il tema della terra, molto caro a Ermanno Olmi, verrà ripreso anni dopo in un approfondimento documentaristico: parliamo di Terra Madre, del 2009. Nel 2006 il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini, invitò Olmi alla manifestazione “Terra Madre”, che si svolge tradizionalmente a Torino durante il Salone del Gusto. In quell’occasione parteciparono da tutto il mondo allevatori, agricoltori, pescatori da oltre 1500 comunità del cibo di 150 paesi diversi. Quello di Olmi è un atto di testimonianza e d’amore per celebrare la Madre Terra e al contempo denunciare le logiche di un mercato globale che stanno stravolgendo il rapporto dell’uomo con essa.

La Terra è Madre in quanto matrice del cibo grazie al quale possiamo esistere, è fonte del bene primario della biodiversità. Olmi ha continuato a lavorare al documentario sino al 2008, includendovi anche le immagini dell’inaugurazione della Banca Mondiale dei Semi in Norvegia, che ha lo scopo di preservare la varietà biologica e la sicurezza alimentare. Come ebbe a dire il fondatore di Slow Food e di Terra Madre, Carlo Petrini: “Rispetto dell’ambiente e dignità del cibo, per un futuro di pace e armonia con la natura: solo la sensibilità di Ermanno Olmi poteva interpretare questa cosa straordinaria che è Terra Madre”. 

Lorenzo dell'Onore

Ottobre 2018

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