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Cosa è e quanto è diffusa l’Economia Solidale e Sociale

Economia Solidale e Sociale

Due ricerche internazionali attestano la crescita del settore, che rappresenta il 10% delle imprese dell’Unione Europea e oltre il 6% di tutti i lavoratori

Come definire l'economia solidale e sociale? L’economia solidale è un modo di soddisfare i bisogni umani attraverso attività economiche e produttive che rafforzano i valori della giustizia sociale, sostenibilità ecologica, cooperazione, mutualità, comunità, non discriminazione e democrazia economica. Si esprime attraverso una costellazione di gruppi di cittadini in rete, organizzazioni civiche, piattaforme di consumatori e produttori, imprese cooperative e istituzioni pubbliche collaborative: così la definisce Jason Nardi, ricercatore del settore che ha lavorato a una ricerca sul tema ed è stato ospite dei convegni di approfondimento organizzati dalla Provincia di Bergamo per affrontare l’argomento in comparazione con altre esperienze regionali e nazionali.

A titolo di esempio pensiamo a realtà e movimenti come Commercio equo e solidale (non solo nord-sud), Piccola Distribuzione Organizzata, Sistemi di Garanzia Partecipativa, Banche etiche, finanza mutualistica, monete locali, cohousing, Transition towns, Decrescita, Zero Waste, Ri-pubblicizzazione dei Beni Comuni (acqua, terre, servizi pubblici essenziali), cooperative di energia rinnovabile, mercati contadini, affermazione del biologico, coproduzioni a filiera corta e km0, e ancora mezzi di trasporto ecologici, condivisi, in rete. Una vera e propria costellazione di attività che attraversa tutti i settori dell’economia e si esprime attraverso varie forme di organizzazione: pubbliche, private, cooperativistiche.

“L’Economia solidale si propone di ri-orientare le politiche pubbliche, il commercio, la produzione, la distribuzione, il consumo, gli investimenti, il denaro, la finanza e le diverse forme di proprietà al servizio del benessere delle persone e dell’ambiente. Quel che distingue il movimento dell’economia solidale da tanti altri movimenti di cambiamento sociale o rivoluzionari del passato, è che ha un approccio pluralista ed evita modelli rigidi e ideologici, che ritengono giusta un’unica direzione. L’Economia solidale dà valore e si costruisce a partire dalle pratiche concrete”: è questo un passaggio fondamentale, secondo l’esperto, che mette questo movimento su un piano diverso dai movimenti precedenti, che parte da progettualità concrete ed esistenti, volto a includere piuttosto che a sostituire o impostare un nuovo sistema secondo modelli o ideologie e schemi prefissati.

Chiave anche per Nardi il passaggio a una forma di riconoscimento pubblico dell’economia solidale e sociale, che in nazioni diverse può assumere modalità differenti: direttamente nella Costituzione, in leggi quadro o nazionali, piuttosto che in leggi regionali o anche solo attraverso il sostegno riconosciuto di autorità pubbliche locali. “Il ruolo e le azioni che possono intraprendere i governi locali sono numerosi e vari, a differenti livelli di intensità, ma la legittimazione pubblica è cruciale per un riconoscimento sociale, oltrechè giuridico dell’intero movimento dell’Economia Solidale e Sociale”.

Ma quanto pesa l’Economia Solidale e Sociale?

Le molteplici crisi ormai “permanenti” (finanziaria, economica, ambientale e sociale) che stanno causando danni crescenti per le popolazioni e gravi squilibri per il pianeta, stanno generando in tutto il mondo forme di resistenza, sempre più diffuse e multiformi, che provano a proporre a livello locale modelli alternativi di produzione, distribuzione, consumo e risparmio.

“Oggi, l'Economia Sociale e Solidale è un'alternativa reale di produzione, distribuzione e consumo. Un fenomeno che si sta diffondendo e che rappresenta oltre il 10% di tutte le imprese dell'Unione Europea, coinvolgendo più di 13,6 milioni di persone - circa il 6,3% dei lavoratori dell’UE, 82 milioni di volontari” spiega Riccardo Troisi, coordinatore di un rapporto di ricerca che ha coinvolto 32 paesi, di cui 23 paesi membri dell’Unione Europea in 46 territori e 9 paesi da America latina, Africa, Asia.

La ricerca ha individuato e analizzato all’interno dei territori coinvolti, le pratiche più significative di Economia Solidale e Sociale capaci di una progettualità innovativa ed orientata alla costruzione di un modello di sviluppo locale alternativo a quello dominante. Dall’analisi comparativa delle esperienze internazionali, sebbene vengano coniate diverse espressioni per definire il concetto di Economia Solidale e Sociale, si confermano alcune caratteristiche che rendono il fenomeno uniforme.

Una di queste è appunto la trasversalità dei settori coinvolti e la difficoltà di definire chiari confini al settore. In tutte le esperienze però è notevole l’impatto che il settore agricoltura e alimentazione ha sul totale dell’Economia Solidale e Sociale. Il ritorno alla terra e alla qualità del cibo la fa da padrona e numerose sono le pratiche relative all’ambito agricolo, come gli orti urbani, mercati contadini, le banche dei semi, le iniziative volte alla condivisione degli alimenti (Food sharing), i Consigli metropolitani sul cibo (Food Policy Council) e le Comunità di supporto all’agricoltura, i Gas, la trasparenza della filiera. Gli altri settori maggiormente coinvolti vanno dalle energie rinnovabili e tutto ciò che va in direzione di una decarbonizzazione dell’energia, dal riciclo-riuso-riutilizzo all’economia circolare, dalla finanza etica al recupero delle aziende e autoimprenditorialità, fino al turismo responsabile e al commercio equo e solidale.

Mancanza di rete, collegamento e comunicazione

La ricerca mostra che, delle 55 pratiche identificate ben 41 sono iniziative isolate e solo alcune fanno parte di reti o di altre forme associative (consorzi, federazioni, associazioni di produttori e consumatori che scambiano merci e servizi in nome di principi condivisi). Un maggior livello di collaborazione tra le iniziative esistenti potrebbe essere vantaggioso per la diffusione e lo scambio di esperienze nei territori, assicurando anche un aumento della sostenibilità delle attività svolte.

L’impatto positivo da un punto di vista economico, sociale e ambientale di queste esperienze non è conosciuto però dal grande pubblico. Come sottolinea Troisi, dati alla mano: “la tematica è trascurata dai media tradizionali e non pienamente percepita nel potenziale di innovazione e di risposta ai bisogni attuali dalle politiche locali e nazionali. Le amministrazioni pubbliche non sempre forniscono un supporto adeguato a queste iniziative che, al contrario, andrebbero sostenute e supportate in maniera congiunta da tutti gli attori coinvolti: autorità locali, università, enti pubblici, PMI e le stesse realtà dell’Economia solidale. Il dato più rilevante - continua Troisi - è la prevalente carenza di elementi normativi atti a regolare o promuovere in diverso modo le esperienze individuate.

Un vuoto istituzionale che è forse uno dei motivi per cui la maggior parte dei movimenti e delle esperienze di base ha un basso impatto sulla politica e sulle istituzioni pubbliche”. Confortati (o meno) dalle analogie con le esperienze internazionali, diventa ancora più urgente la necessità di lavorare per il rafforzamento delle politiche pubbliche di promozione dell’Economia solidale e sociale, al fine di fornire strumenti legislativi in grado non solo di sostenere ma anche di stimolare la creazione di nuove organizzazioni e dall'altro incoraggiare il coordinamento di quelle esistenti, senza tralasciare la divulgazione e comunicazione a enti e istituzioni come al grande pubblico.

Diego Moratti

Ottobre 2018

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