L’ultimo progetto di Zaha Hadid, un’archistar donna che ha disegnato il futuro
Zaha Hadid (1950-2016) non ha bisogno di presentazioni: è l’architetto che ha disegnato il futuro.
Nata a Baghdad, Hadid si laurea a Londra in Architettura e comincia ben presto a cambiare il volto dell’arte edificatoria, lanciando oltre il rigore matematico e la fantasia progettuale uno sguardo carico di emozioni e di raffinata progettualità.
Capacità, determinazione e senso pratico - racchiusi in un linguaggio architettonico tagliente e anticonformista, monocromatico e di controtendenza - sono le caratteristiche grazie alle quali, nel 2004, le è stato riconosciuto il prestigioso Premio Pritzker, il premio “Nobel dell’Architettura”. Una donna, una professionista dal carisma indelebile, un simbolo per l’Arte, l’Architettura e per la cultura contemporanea: Zaha Hadid.
Uno stadio che dialoghi con l’ambiente
Lo studio londinese Zaha Hadid Architects (ZHA) è l’ideatore del progetto del Forest Green Rovers Stadium a Stroud, in Gran Bretagna, lo stadio per la prima squadra di calcio vegana (quasi) interamente costruito in legno e a zero emissioni.
Un impianto sportivo dal cuore verde, quello firmato dall’architetto iracheno, immerso in una riserva naturale e in un parco punteggiato da campi sportivi, strutture multidisciplinari pubbliche e servizi commerciali.
Quello per il nuovo stadio è un progetto che ha colto e risolto con successo la sfida lanciata dal presidente della squadra inglese, Dale Vince - nonché fondatore della Ecotricity, la maggiore azienda fornitrice di energia elettrica pulita in Gran Bretagna - il quale ha impiegato molte delle sue risorse affinché la nuova struttura rispettasse tutti gli indici ambientali.
Zaha Hadid ebbe infatti un’intuizione: usare il legno, un materiale naturale e tradizionalmente impiegato nell’edilizia, per abbattere le emissione di carbonio che, nelle grandi strutture, derivano per il 75% dalle materie prime con cui esse sono realizzate.
A idea progettuale conclusa, è subentrato il lavoro del team di strutturisti, il cui compito è stato quello di capire come posare in opera gli elementi portanti che, in quanto lignei, rispondono in modo molto diverso alle sollecitazioni rispetto a quelli in cemento armato o acciaio.
Un passo molto stretto degli elementi strutturali, le travi a sbalzo e le facciate ventilate sono gli elementi topici del Forest Green Rovers Stadium, una scelta formale sicuramente influenzata dal desiderio di impiegare legno ecologico anche per le strutture portanti, oltre che per i rivestimenti e le tribune. Infine, per rimarcare l’aspetto ecologico e il basso impatto sull’ambiente dell’impianto, il team di Zaha Hadid ha scelto di avvolgere l’intera struttura con una membrana trasparente che proteggesse l’edificio dalle intemperie, permettesse l’infiltrazione della luce naturale e che rendesse la struttura quanto più “invisibile” nel contesto paesaggistico nel quale è stata inserita.
Un’impresa firmata Zaha Hadid
Lo stadio più verde del mondo è quindi il risultato di un lungo lavoro di ricerca sui materiali e sulle tecniche costruttive. Un’indagine svolta dallo studio Zaha Hadid Architects nell’ottica di un nuovo approccio alla progettazione che, pur mantenendo i tratti distintivi del linguaggio progettuale dell’architetto iracheno, ha aperto le porte a una diversa tendenza costruttiva, più ecologica, inclusiva e rispettosa dell’ambiente.
A un anno dalla morte di Zaha Hadid, il progetto per lo stadio per i Green Rovers, vincitore a novembre 2016 del concorso bandito dalla federazione, risveglia lo studio londinese e il panorama architettonico internazionale dal torpore dovuto alla perdita di un’Archistar.
Lei, Zaha Hadid, la progettista della Vitra Fire Station, dell’Acqua Center di Londra e del MAXXI di Roma, l’architetto inserita dalla rivista Time tra le cento personalità più influenti del mondo nel 2010, è la donna che ha superato i pregiudizi, i canoni, i manierismi dell’architettura contemporanea per lasciare una traccia indelebile, un’anima pulsante di cemento armato e acciaio, un’eredità fatta di segni forti, spezzati, sovrapposti, intrecciati, che contraddistinguerà il linguaggio architettonico di tutto il XXI secolo.
Ilaria D’Ambrosi