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Intervista a Alberto Brivio

Alberto Brivio

Presidente di Coldiretti Bergamo

Quali sono in sintesi i 3 aspetti più negativi e contraddittori presenti oggi in agricoltura e nell’intero sistema agroalimentare? (Mondiale o italiano, a scelta. Meglio se con alcuni dati numerici a supporto)

A mio avviso, in sintesi, gli aspetti più negativi e contradditori del settore agricolo sono i seguenti:

1) Gli agricoltori svolgono la primaria funzione di produrre cibo (e non solo), ma in ogni parte del mondo per il loro lavoro non hanno il riconoscimento che meritano. I nostri imprenditori agricoli subiscono dal campo alla tavola un ingiustificato furto di valore. Infatti per ogni euro di spesa per prodotti alimentari appena 17 centesimi rimangono a loro, il resto si perde nei meandri della filiera. Non dare la possibilità alle imprese di avere un reddito adeguato, significa creare i presupposti per un abbandono del territorio, con conseguenze anche a livello ambientale e sociale, soprattutto nelle aree già fragili come ad esempio quelle montane.

2) Si parla molto dell’importanza della qualità delle produzioni e il mondo agricolo sta investendo molto su questo aspetto anche se però non sempre da parte del consumatore c’è una cultura adeguata a riconoscere questo sforzo. Il nostro Paese ha messo in campo un grosso impegno per rendere tracciabili le produzioni con etichette sempre più complete: chi fa la spesa però non sempre coglie questa opportunità.

3) I cambiamenti climatici rappresentano una grave incognita per il settore agricolo. Quest’anno nel nostro Paese si sono registrate calamità in almeno 11 regioni, con una estate 2017 segnata dalla caduta del 41% in meno di precipitazioni che si classifica come la quarta più siccitosa di sempre, ma che conquista il posto d‘onore per il caldo con una temperatura media superiore di 2,48 gradi alla media, inferiore solo a quella registrata nel 2003 (dati Isac Cnr). Si sono inoltre verificati eventi atmosferici estremi, con piogge intense e improvvise, classificate come vere e proprie “bombe d’acqua”. La scomparsa di oltre un quarto della terra coltivata (-28%) per colpa della cementificazione e dell’abbandono ha reso l’Italia più fragile rispetto al rischio alluvioni, esponendo tutto il territorio, a partire dalle città, alle conseguenze devastanti del maltempo.

 

Su quali di questi aspetti secondo Lei è realisticamente possibile intervenire con efficacia?

Ritengo sia una priorità lavorare sulla formazione e la corretta informazione dei consumatori, partendo soprattutto dalle giovani generazioni, promuovendo campagne dedicate nelle scuole e realizzando supporti didattici specifici. I cittadini chiedono a gran voce di metterli nella condizione di conoscere ciò che portano in tavola, ma poi non sempre sono in grado di sfruttare pienamente lo strumento dell’etichetta.

 

Qual è invece l’ambito in cui non si intravedono possibili scenari di soluzione nel breve periodo?

Di fronte allo stravolgimento del clima è necessario passare dalla gestione dell’emergenza con enorme spreco di risorse, per abbracciare una nuova cultura delle prevenzione in un Paese che resta piovoso con circa 300 miliardi di metri cubi d’acqua che cadono annualmente, ma che, per le carenze infrastrutturali, ne trattiene solo l’11%. Occorrono interventi di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con le opere infrastrutturali, potenziando la rete di invasi sui territori, creando bacini aziendali e utilizzando anche le ex cave per raccogliere l’acqua piovana.

 

Venendo agli aspetti positivi: quali invece i 3 punti di forza che l’Italia può vantare in ambito agroalimentare?

La qualità e la tipicità delle nostre produzioni sono senza dubbio aspetti strategici su cui puntare. Il Made in Italy ha un grande appeal sui consumatori di tutto il mondo proprio per il suo legame con il territorio e la sua identità ben precisa che non è solo sinonimo di salubrità ma anche di cultura e tradizione.

Abbiamo poi il grande vantaggio che i nostri prodotti si possono sposare con un paesaggio eccezionale, un connubio da cui può nascere una filiera turistica di grande richiamo.

L’agricoltura italiana è inoltre la più green d’Europa con il maggior numero di certificazioni alimentari a livello comunitario per prodotti a denominazione di origine Dop (11 solo in provincia di Bergamo), la leadership nel numero di imprese che coltivano biologico, ma anche la minor incidenza di prodotti agroalimentari con residui chimici fuori norma e la decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati.

 

Qual è l’aspetto che ha la maggiore potenzialità, il maggior valore ancora inespresso?

È proprio l’eccellenza delle nostre produzioni, che tutto il mondo apprezza ma che in troppi copiano causandoci danni enormi, sia dal punto di vista produttivo sia occupazionale.

Infatti il nostro andamento sui mercati internazionali potrebbe ulteriormente migliorare da una più efficace tutela nei confronti della agropirateria che fattura oltre 60 miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che richiamano l’Italia per prodotti taroccati, che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale.

All’estero sono falsi quasi due prodotti alimentari di tipo italiano su tre. Il fenomeno è piuttosto complesso e a preoccupare ulteriormente sono gli effetti del Trattato di libero scambio con il Canada (CETA) che potrebbe essere ratificato in Italia, in cui per la prima volta nella storia l’Unione Europea legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle nostre tipicità nazionali.

 

Se fosse il ministro dell’agricoltura Italiano, quale sarebbe la prima azione che metterebbe in atto?

Il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina si sta muovendo molto bene e ha fatto cose importanti per il settore. Se fossi al suo posto, proseguirei sicuramente sulla strada per rendere obbligatoria l’indicazione dell’origine di tutti i prodotti e farei il possibile per favorire il ricambio generazionale del settore, partendo proprio dal grande interesse che i giovani stanno riservando alla terra. Un’altra sfida da non sottovalutare è quella dell’innovazione, l’agricoltura è cambiata e l’utilizzo della moderna tecnologia può fare la differenza.

 

Qual è l’impegno più ambizioso cui sta lavorando la sua organizzazione? Con che risultati attesi?

La priorità per noi resta sempre la tutela e la valorizzazione degli imprenditori agricoli, un obiettivo che passa anche dal nostro impegno nel dare una risposta concreta alla domanda green degli italiani sempre più attenti a stili di vita sani e in equilibrio con la natura, per i quali la nostra agricoltura può offrire i primati conquistati nella qualità, nella sostenibilità ambientale e nella sicurezza alimentare a livello europeo e internazionale.

Nei primi giorni di ottobre sono stati oltre 700 mila i cittadini che hanno visitato la fattoria che abbiamo realizzato al Castello Sforzesco di Milano e degustato le nostre eccellenze 100% made in Italy, testimoniando che l’attività agricola è sempre più centrale per il futuro del nostro Paese e quindi va sostenuta e rilanciata.

Ottobre 2017

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