Decreto FER1: promozione del fotovoltaico ma forte penalizzazione dell'idroelettrico. Piccinini: “Obiettivo finale dev’essere la riduzione dell’energia da fonti fossili”
«C'è molta attesa per il decreto FER 1 – spiega Gianluigi Piccinini di Ressolar, PMI innovativa bergamasca da decenni attiva nel campo delle energie rinnovabili - perché dovrebbe ridare finalmente rilancio al fotovoltaico in termini di incentivi e semplificazione normativa, concedendo il mandato alle regioni per legiferare in materia di sviluppo delle rinnovabili». Il provvedimento FER 1, volto a incentivare la produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, prevede tra le altre novità il bonus per il fotovoltaico in sostituzione delle coperture di amianto o eternit, maggiori aiuti per l'autoconsumo e l'esclusione dalle agevolazioni degli impianti che hanno già usufruito di incentivi per le rinnovabili diverse dal fotovoltaico. Con un grande “però”: a essere penalizzato dal decreto FER 1 è invece il settore idroelettrico, che – sottolinea Piccinini – rappresenta «la più antica delle energie rinnovabili, quella che già alla fine dell'Ottocento aveva permesso di creare il valore industriale della nostra terra, e soprattutto è oggi un settore che dà lavoro a migliaia di addetti e rischia invece di produrre nuovi disoccupati se cessa di essere sostenuto». Il FER 1, infatti, toglie gli incentivi e aumenta i canoni per la produzione di energia idroelettrica, oltre a rimettere in gara gli impianti alla scadenza delle concessioni, con penalizzazione per chi ha fatto investimenti e assunzioni negli anni scorsi, che ora si trova condizioni instabili, che vengono mutate in itinere.
Idroelettrico da sostenere
«Secondo un'opinione diffusa, l'idroelettrico sfrutta una risorsa del territorio e come tale deve essere penalizzato con canoni più alti e regole più restrittive – spiega Piccinini -. Ovviamente sappiamo tutti che ci sono motivazioni ambientali importanti, da non sottovalutare. Ma l’idroelettrico rimane pur sempre una fonte pulita per la produzione di energia e seppur dando regole e mettendo paletti, occorre mantenerla e anzi promuoverla il più possibile, “unitamente” e non in concorrenza con altre fonti di energia rinnovabile. Il vero obiettivo deve essere quello di ridurre l’energia prodotta a partire da fonti fossili: è in questa direzione che devono essere rivolti sforzi e disincentivi”».
Entrando nel merito, anche nel settore idroelettrico si sono fatti passi in avanti per una sua migliore regolamentazione e per minimizzare l’impatto ambientale.
«Teniamo anche in considerazione il fatto che oggi il deflusso minimo vitale [il quantitativo di acqua da rilasciare su un corso d'acqua per garantirne la naturale integrità ecologica, N.d.a.] è molto più abbondante rispetto al passato ed è regolato tramite paratie elettroniche direttamente connesse all'Arpa di Milano – sostiene Piccinini - al giorno d’oggi è tutto molto controllato».
In generale il parco idroelettrico fornisce oggi il 16,5% dell'elettricità nazionale e il 42% di tutte le fonti rinnovabili in Italia: composto da circa 3.700 impianti, ha una produzione normalizzata di circa 64TWh/anno ed è strategico per il mix energetico.
Tuttavia, circa un terzo del parco impianti italiano necessita di importanti rinnovamenti per poter aumentare le proprie prestazioni, rinnovamenti possibili soltanto grazie a cospicui investimenti (privati) che i meccanismi normativi introdotti dal FER 1 potrebbero far saltare, mettendo a rischio l'intero comparto in termini di ammodernamento. Una scelta che gli operatori del settore definiscono miope e penalizzante per l’insieme del comparto delle energie rinnovabili.
Mobilità: guardare al futuro
Secondo Gianluigi Piccinini, che con la società Ressolar opera da decenni nell'innovazione tecnologica in chiave sostenibile e nella sensibilizzazione sulle tematiche ambientali, è necessario in ogni caso non restare aggrappati a modelli energetici obsoleti. Occorre spingere su tutti i fronti per un maggiore utilizzo di tutte le fonti rinnovabili a dispetto delle fonti fossili, e, in questa direzione, una parte importante di un vero investimento nel futuro riguarda le questioni della mobilità sostenibile, in particolar al mondo delle auto elettriche, tasto ancora un po' dolente sul territorio italiano: «Gli investimenti per posizionare le colonnine di ricarica sono molto alti perché ancora non è un servizio diffuso e utilizzato - spiega -. Sono le leggi del mercato: finché non c'è elevata richiesta di auto elettriche, il loro prezzo continuerà a restare alto e gli investimenti in questo senso non saranno ripagati.
Ma ora che molti comuni si stanno attrezzando e la rete di colonnine sarà sempre più diffusa, si potranno pian piano cambiare le cose. Gli investimenti noi imprenditori li facciamo, occorrono però politiche conseguenti e stabili, perché ciascuno deve fare la propria parte. Una cosa è certa: non possiamo restare ancorati a vecchi schemi e abitudini: innovare – conclude – è l'unica strada per crescere, ma occorre tenere la barra verso una crescita nella direzione giusta».
Diego Moratti e Erica Balduzzi